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 2023  novembre 11 Sabato calendario

A Berlino crescono i barboni

Così in streaming ho scoperto Time out of Mind, come dire fuori di testa, un film interpretato e coprodotto da Richard Gere, sensibile ai problemi sociali, la cronaca senza retorica del naufragio di George, un barbone a New York.
Il film risale a dieci anni fa, in Italia lo hanno intitolato Gli invisibili, e credo sia passato inosservato. Oggi i senzatetto a New York sono diventati oltre centomila, e non sono affatto invisibili. Negli Stati Uniti è facile finire fuori gioco, risalire è quasi impossibile, oggi i barboni sono 600mila. Ma in Germania?
Gli amici italiani che arrivano a Berlino si sorprendono di scoprire i senzatetto, sempre più visibili e numerosi. E fanno commenti sdegnati. Come è mai possibile nella ricca Germania, che per la verità comincia da tempo ad avere dei problemi.

Io, i barboni, li vedo di rado nel mio quartiere di Charlottenburg, borghese e fuori dalla movida. In altre zone, soprattutto nella parte che si trovava al di là del Muro, essi sono numerosi. Stanno accampati nei sottopassi della S-Bahn, il metro di superficie. Hanno creato piccole isole di intimità, se così si può dire, con materassi, armadietti, fornelli a gas. E non disturbano i passanti. Nelle zone più nascoste dei parchi montano tende, attrezzate per restare a lungo, fino a quando non arriva la polizia e ordina lo sgombero.
La Berliner Zeitung ha dedicato un reportage lungo agli Obdachlose, i senzatetto. Secondo l’ultima conta del 2019, sarebbero circa duemila, poi non sono stati più censiti, perché gli assistenti sociali sono diminuiti, e durante il Covid-19 si avevano altri problemi. Oggi dovrebbero essere almeno ottomila. La società tedesca, divisa tra ricchi e poveri, è sempre più ingiusta?

Ma i senzatetto non sono tutti tedeschi. «Berlino è meglio dell’Europa Orientale», ha dichiarato al giornale, Léon, 40 anni, metà bulgaro metà francese, che da dieci anni si è trasferito nella metropoli. Al suo Paese non aveva alcuna assistenza, e si trova meglio nel mio quartiere, anche se ufficialmente continua a non esistere.
Non è un profugo, non è un disoccupato, il problema è comprare le medicine di cui ha bisogno, costano 30 euro al mese, e se le procura suonando la chitarra all’Alexanderplatz. D’inverno si può dormire nelle stazioni della metropolitana dove si entra senza controllo, quando la temperatura scende sotto zero i controllori chiudono gli occhi.
Qualcuno ricorda il libro e il film I ragazzi dello Zoo di Berlino, (1978), di Christiane F., sugli sbandati che occupavano la stazione dello Zoo, la più importante nel settore occidentale quando la città era divisa dal muro. Oggi, è quasi dimenticata da quando è stata costruita la Hauptbahnhof, la stazione centrale vicino al Reichstag.

Sono cambiati anche i senzatetto, che non dovrebbero esistere, se si risiede in Germania legalmente, e se si è tedeschi. Tutti hanno diritto all’assegno sociale, il nostro reddito di cittadinanza, il minimo vitale, 560 euro al mese, e a un tetto.
Il problema è che in Germania mancano gli alloggi per tutti. E dall’Ucraina sono giunti oltre un milione di profughi, quasi tutti donne con bambini. Per fare posto a loro hanno messo in strada gli Obdachlose. Anche per l’assistenza c’è una priorità politica. A Berlino, secondo alcune ricerche, circa 60mila non hanno un alloggio sicuro, vengono ospitati da amici, o per breve tempo da qualche organizzazione assistenziale. Il 2% di loro, ha scritto la Berliner, rischia di finire per strada.
Anni fa a Trastevere, il mio quartiere a Roma, avevano adottato una trentina di barboni tedeschi. Ogni tanto tornavano in Germania per fare atto di presenza, all’ufficio per il lavoro, e continuare a ricevere l’assegno sociale. Oggi nel quartiere vagano troppi migranti, che abbiamo accolto e dimenticato, e i tedeschi sono scomparsi. Avevano tutti almeno un cane, alcuni due o tre. Nei centri di accoglienza a Berlino, che offrono un letto per una notte, gli animali non sono ammessi. E gli Obdachlose preferiscono dormire per strada. È vero, ma non sempre. Non c’è comunque posto per tutti.