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 2023  novembre 12 Domenica calendario

I GIORNI DELL’IRAN – AL VERTICE DI RIAD, LO SHOW DEL PRESIDENTE  IRANIANO, IBRAHIM RAISI, CHE SOSTIENE LA LINEA OLTRANZISTA CONTRO ISRAELE: “BACIO LE MANI A HAMAS. OCCORRE ARMARE I PALESTINESI FINO ALLA VITTORIA. RIFIUTIAMO LA SOLUZIONE DEI DUE STATI” – L’ABBRACCIO CON BIN SALMAN E LA RIABILITAZIONE DEL “MACELLAIO” ASSAD – MA IL FRONTE ARABO SI SPACCA SULLE SANZIONI ALLO STATO EBRAICO: NIENTE EMBARGO SU PETROLIO E VOLI AEREI. UNA SCONFITTA PER TEHERAN – GLI ARABI NON VOGLIONO COMBATTERE UNA GUERRA PER PROCURA PER CONTO DEGLI IRANIANI E LE MONARCHIE DEL GOLFO NON INTENDONO PERDERE I VANTAGGI ECONOMICI LEGATI AGLI ACCORDI DI ABRAMO…

(ANSA) - "L'Iran ritiene che l'unica soluzione democratica sia indire un referendum sulla creazione di uno Stato, con la partecipazione di tutti i musulmani, cristiani ed ebrei in Palestina": lo ha detto il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, al suo ritorno dal vertice congiunto di emergenza dell'Organizzazione della cooperazione islamica (Oci) e della Lega araba sulla crisi di Gaza che si è tenuto ieri a Riad. Nel corso del vertice, ha aggiunto Raisi, "alcuni Paesi hanno suggerito la formazione di due Stati in terre palestinesi per risolvere la crisi", a differenza di ciò che propone Teheran. "Gli Stati Uniti svolgono il ruolo più importante nell'aiutare il regime israeliano a sopravvivere e sono il principale fornitore di armi al regime per uccidere i palestinesi", ha concluso.

2 – RIAD, LO SHOW DI RAISI AL VERTICE ISLAMICO Estratto dell’articolo di Giordano Stabile per “La Stampa”

Per il blocco musulmano antioccidentale è stata una vittoria nella forma ma una sconfitta nella sostanza. Vedere il presidente iraniano Ibrahim Raisi atterrare a Riad, con una kefiah al collo, accolto con il tappeto rosso e una doppia fila di militari e funzionari a fargli da ali, per poi essere ricevuto dal principe Mohammed bin Salman, è stato un colpo propagandistico senza precedenti.

Le due anime dell'islam, sunnita e sciita, il Paese più ostile agli Stati Uniti, e a Israele, e il pilastro delle alleanze americane nella regione uniti nel summit di emergenza di Lega araba e Organizzazione per la cooperazione islamica, in soccorso di Gaza e dei palestinesi. L'immagine simbolica è stata condita da un'altra ancora più impensabile solo un anno fa. Bashar al-Assad, il "macellaio" come lo chiamavano tutti i media del Golfo, che scende dalla scaletta sorridente, quasi eccitato per la riabilitazione, il ritorno sulla scena internazionale. Una vittoria, sulle macerie della Siria, certo, ma che segnale.

[…]  I nemici oltre un decennio di guerre settarie per procura, che tra Siria, Iraq, Yemen hanno fatto un milione di morti, si raccolgono al capezzale di Gaza, attorno ad altre macerie. Si sono odiati a morte, è probabile che si odino ancora, ma l'occasione è ghiotta.

Le crepe nell'egemonia statunitense aprono spazi alle potenze regionali. Ce ne sono quattro in lizza, l'Iran e l'Arabia Saudita, la Turchia e l'Egitto. Ognuna con la sua agenda, è questo il punto, e qui arriva il fallimento. La stessa Hamas aveva fiutato l'assenza di arrosto dietro tanto fumo e si era presa gioco dell'appellazione «di emergenza, ma dopo 35 giorni di guerra».

I vertici sauditi in realtà volevano prendere ancora più tempo, addirittura due settimane, ma i Servizi li hanno avvertiti di una montante rabbia popolare e il vertice è stato anticipato. La frattura fra oltranzisti e pragmatici è però rimasta amplissima. Il blocco arabo antagonista, spalleggiato da Teheran, ha proposto alla Lega araba una risoluzione di fuoco.

Blocco delle basi americane nella regione coinvolte nel rifornimento di armi e munizioni a Israele. Congelamento delle relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico. Embargo sull'export di petrolio a Israele. Stop al sorvolo dello spazio aereo dei Paesi confinanti alle compagnie israeliane. Formazione di un comitato interarabo per esercitare pressioni sulle capitali occidentali sull'Onu.

Algeria, Iraq, Libano, Libia, Kuwait, Qatar, Oman, Palestina, Siria, Tunisia, Yemen hanno votato a favore. Arabia Saudita, Bahrein, Emirati e Marocco contro. Egitto, Giordania e Sudan si sono astenuti. Si è riproposta la spaccatura tra i firmatari degli Accordi di Abramo, contrari a un embargo energetico ed economico contro Israele, e gli altri, con l'Egitto a fare da mediatore.

La mancanza di unanimità è stata però una sconfitta per l'Iran, che sperava di trascinare gli arabi sulle sue posizioni. Le diffidenze sono ancora profonde. Gli arabi non vogliono combattere una guerra per procura per conto degli iraniani. Le monarchie del Golfo non intendono perdere i vantaggi economici legati agli accordi di Abramo. Temono le tensioni interne, il malcontento popolare che potrebbe usare la "questione palestinese", le vittime civili e la distruzione terrificante di Gaza per uscire allo scoperto.

Ma anche l'Iran non ha molta voglia di imbarcarsi in un conflitto. Le prime dichiarazioni di Raisi, che pure «bacia le mani ad Hamas», vanno in quel senso, nel suo appello ad «armare i palestinesi» per «resistere all'occupazione sionista». Armateli e partite. Da Beirut gli ha fatto eco l'alleato Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah che ha denunciato la «vendetta che colpisce la popolazione» di un'Israele «senza limiti morali». Ma il soccorso libanese è ancora lontano, anche se ieri sono stati lanciati droni suicidi diretti fino ad Haifa, sempre più in profondità, come anche i raid israeliani, ormai oltre il fiume Litani. […]