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 2023  novembre 12 Domenica calendario

Per la politica economica ci vuole una visione


“Quelli che s’innamoran di pratica senza scienzia son come’l nocchier ch’entra in navilio senza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada”.Questo bell’aforisma di Leonardo da Vinci ricorda purtroppo la navigazione di politica economica del nostro governo che finora ha cercato di tirare avanti con prudenza ma ora non ha certezza di dove si vada.Vinte le elezioni nel settembre del 2022 promettendo mirabolanti tagli alle tasse, investimenti pubblici faraonici, pensioni facili, nazionalismo economico, corporativismo protettivo delle più disparate categorie, la coalizione si è trovata a dover far i conti con la realtà e nella sua prima legge di bilancio ha cercato di non discostarsi troppo da quanto aveva lasciato in eredità Draghi. Ma quest’anno i nodi sono venuti al pettine e il progetto di legge di bilancio presentato dal governo, preceduto dalle previsioni contenute nella Nadef (la Nota aggiuntiva al Documento di economia e finanza), ha cominciato preoccupare investitori, risparmiatori e imprese.Siccome i guai non vengono mai soli, un paio di giorni fa il Fondo monetario internazionale ha ulteriormente abbassato le previsioni di crescita dell’Italia (+0,7% sia nel 2023 che nel 2024, anno in cui il governo prevedeva l’1,2%, ma la Banca d’Italia lo 0,8%) e soprattutto ha elevato delle critiche severe all’approccio seguito dall’esecutivo. In poche parole, da Washington si ammonisce che l’Italia dovrà “lavorare duro” per spendere bene i fondi del Pnrr.Peraltro, la stessa Corte dei Conti, commentando la Nadef, aveva rilevato che il “quadro tendenziale descritto delinea spazi molto stretti... per onorare gli impegni assunti con il Pnrr”. Il Fmi constata che l’Italia dovrebbe aumentare la produttività e consiglia, secondo le parole del direttore del Dipartimento europeo Kammer, di anticipare l’aggiustamento dei conti pubblici e “di essere più ambiziosa nonché di pensare anche a riforme di bilancio strutturali e favorevoli alla crescita che non sono previste nella bozza di bilancio del 2024”.Nel frattempo, si trascina il contrasto all’interno dell’Unione Europea rispetto alla riforma del Patto di stabilità che, dopo la parentesi dovuta alla pandemia, rientra in vigore nel 2024 a meno che i Paesi membri non si trovino d’accordo nel riformarlo. C’è una proposta della Commissione che in cambio di limiti meno stringenti concede più forza all’esecutivo europeo nel far rispettare le promesse fatte dai singoli stati, mentre l’Italia e la Francia spingono per scomputare dal deficit i soldi spesi per la transizione energetica, la difesa e altre voci.C’è da farsi venire il mal di testa, ma cerchiamo di riordinare le idee.Primo punto: un bilancio per la crescita non vuol dire più spesa pubblica, anzi. Le previsioni della Nadef lasciano invariato per i prossimi anni il rapporto debito/pil basandosi su previsioni ottimistiche sia di crescita che di piena riuscita di privatizzazioni per 20 miliardi.Secondo, il negoziato sul Patto di stabilità rischia di essere un inutile balletto. Come ha giustamente detto il ministro Giorgetti, più che della Commissione è preoccupato dai mercati. Si possono pure scorporare ai fini della procedura di infrazione europea le spese per difesa e transizione energetica ma se chi ci presta i soldi non si fida più, si va lo stesso verso il disastro.Terzo, ciò che impensierisce di più è proprio la mancanza di direzione su due punti cruciali, le riforme microeconomiche e della pubblica amministrazione nonché la qualità della spesa pubblica. Su quest’ultimo punto abbiamo ancora esponenti di governo che strologano di quota 41 per giustificare altri tagli a casaccio. Siamo ancora prigionieri della logica dei bonus e dei provvedimenti ad hoc tipo il risibile aumento della cedolare secca per gli affitti brevi per non parlare della fallimentare sovrattassa sugli extraprofitti. Servirebbe un chiaro percorso di gestione del bilancio privilegiando il fisco per la crescita e il rientro della spesa ma non c’è.Per le riforme, abbiamo solo bislacchi proclami sugli algoritmi dei voli aerei, i prezzi medi regionali della benzina, il rinvio dell’avvio del mercato libero dell’energia, la difesa di balneari, taxisti, albergatori, venditori ambulanti. Visioni contraddittorie sull’intervento dello Stato nelle imprese, con privatizzazioni miranti solo a far cassa ed inasprimento della golden power. Il contrario di un ambiente accogliente per le imprese, mentre riforme vere della Pa non se ne vedono e quella della giustizia segna il passo.Insomma, è proprio la mancanza di visione che ci rimprovera il Fondo Monetario ed è su questo che un governo responsabile dovrebbe lavorare, ne guadagnerebbe anche di consenso. Perché, per finire con altra metafora marinara, come notò Montaigne, nessun vento è favorevole per chi non sa in che direzione navigare.