la Repubblica, 12 novembre 2023
La rivolta delle tessitrici del Bangla Desh
LONDRA – La chiamano “la rivolta delle tessitrici”: 150 fabbriche ferme, 11mila operaie denunciate, almeno tre morti. Saccheggi e proteste hanno paralizzato il settore, protagonista di una trasformazione sociale che ha portato enormi benefici al Bangladesh ma anche motivo di ripetute accuse di sfruttamento all’industria occidentale dell’abbigliamento. Per adesso il risultato è uno sciopero a tempo indeterminato che aggiunge incertezza alle elezioni in programma nel gennaio prossimo in questa ex-colonia britannica che è l’ottavo Paese più popoloso del mondo, la terza maggiore nazione islamica e la seconda più forte economia dell’Asia meridionale.Tutto è cominciato il mese scorso con la richiesta di migliori condizioni salariali da parte delle operaie del settore tessile. Fra manifestazioni represse con la forza dalle forze dell’ordine, occupazione di fabbriche e processi di massa, la situazione è rapidamente deteriorata. Questa settimana il comitato che sovraintende alla categoria ha proposto unaumento del 56 per cento del salario mensile di base per quattro milioni di lavoratori del settore, quasi tutte donne, portandolo all’equivalente di 104 euro al mese: un incremento giudicato “ridicolo” dai sindacati e immediatamente respinto. Ne sono risultati violenti scontri fra un corteo di 15 mila operaie e la polizia, dopodiché le donne hanno saccheggiato Tusuka, una delle maggiori aziende tessili della capitale Dacca, e una dozzina d’altre fabbriche.Più di 11 mila persone “non identificate” sono state denunciate dalla polizia, una misura tipica del Bangladesh che lancia spesso accuse contro migliaia di cittadini senza precisarne l’identità come conseguenza di manifestazioni di protesta: tattica che, secondo i critici del governo, è un mezzo per reprimere ogni forma di opposizione popolare. I sindacati hanno risposto con uno sciopero a oltranza che ha provocato la chiusura di 150 fabbriche tessili. I proprietari hanno accusato le operaie di sciopero illegale. E il braccio di ferro ha creato una nuova, grave sfida alla 76enne prima ministra Sheikh Hasina, al potere dal 2009 con una crescente deriva autoritaria.La “rivolta delle tessitrici” ha rinfrancato i partiti di opposizione in vista delle elezioni legislative del gennaio 2024. Le 3500 aziende tessili nazionali rappresentano l’85 per cento dei 55 miliardi di dollari di esportazioni annue del Bangladesh e forniscono manodopera cruciale a numerose grandi marche mondiali, in particolare Levi’s, Zara e H&M. Ma le condizioni di lavoro per milioni di lavoratrici del settore sono definite disastrose dalle associazioni umanitarie e per la difesa dei diritti delle donne: dipende anche dai brand dell’Occidente se le operaie sono pagate così male. In una prima fase l’industria tessile ha salvato dalla fame questo Paese di 170 milioni di abitanti, grande metà dell’Italia. Ora, tuttavia, lo sfruttamento sta provocando un’esplosione sociale.