DAGOREPORT, 11 novembre 2023
NELLA GUERRA IN MEDIORIENTE STA PER CAMBIARE TUTTO: HAMAS È SPACCATO IN DUE – L’ALA MILITARE, CHE COMBATTE CONTRO ISRAELE NELLA STRISCIA, È IN-GAZATA NERA CON QUELLA POLITICA, GUIDATA DA ISMAIL HANIYEH, CAPACE SOLO DI DARE ORDINI E FARE LA BELLA VITA IN QATAR. COMPLICI DELLA “SVOLTA”, GLI AGENTI DI CIA E MOSSAD, CHE STANNO TRATTANDO (E CONVINCENDO) I MILIZIANI CON GARANZIE E PROMESSE, MENTRE I LORO BOSS SONO VOLATI PROPRIO A DOHA PER INCONTRARE L'EMIRO AL-THANI – MOHAMMED DEIF, CAPO DELLE BRIGATE MILITARI AL-QASSAM, NON RISPONDE PIÙ ALLE DIRETTIVE DI HANIYEH, CHE IL 7 OTTOBRE GLI HA ORDINATO DI PRENDERE IN OSTAGGIO ANCHE I CIVILI. ALL'INIZIO L'OBIETTIVO DOVEVANO ESSERE SOLO I MILITARI ISRAELIANI, POI È ARRIVATA LA DECISIONE DI RAPIRE TUTTI...
Lo scenario della guerra in Medioriente sta cambiando velocemente. La novità delle ultime ore è che si sta spaccando Hamas. L’ala militare dell’organizzazione terroristica, le famigerate brigate al-Qassam guidate da Mohammed Deif, si sono rotte il Gaza del leader politico, Ismail Haniyeh, che fa la bella vita a Doha mentre loro combattono contro l’esercito israeliano. L’intelligence occidentale ha “captato” alcune conversazioni di Deif, in cui si lamenta di come Haniyeh sta conducendo – e ha condotto – le operazioni militari contro lo Stato ebraico. La critica più frequente, e facile, contro Haniyeh è quella di vivere nel lusso del Qatar, tra bottiglie di champagne e belle signorine. Della serie: tu te ne stai a sollazzarti e a dare ordini, mentre noi rischiamo la vita sotto la pioggia delle bombe lanciate da Netanyahu.
Deif, in pratica, ha deciso di non rispondere più all’ala politica del movimento. Lo scazzo è cominciato nel momento stesso in cui Hamas ha sferrato l’attacco del 7 ottobre: l’ordine iniziale, infatti, era quello di prendere come ostaggi soltanto militari israeliani. Poi, Haniyeh ha cambiato idea, e ha chiesto ai “suoi” soldati di rapire anche i civili, rendendo l’operazione un bagno di sangue.
A cosa si deve questa svolta inattesa? Sul campo, nella Striscia di Gaza, sono arrivati gli 007 di Mossad e Cia. Gli agenti occidentali stanno trattando con Hamas, e sanno essere molto convincenti. Sono bastate alcune garanzie per il dopo-guerra, e forse qualche promessa economica, e i terroristi sul campo hanno iniziato ad ammorbidirsi sull’ipotesi del rilascio degli ostaggi. Ieri Hamas, non a caso, ha confermato il negoziato per liberarne 12. Una volta rilasciati i prigionieri, gli Stati Uniti puntano a mandare ai giardinetti (o in carcere, considerati i processi per corruzione) il premier israeliano, Benjamin Netanyahu.
OSTAGGI ISRAELIANI, CIA E MOSSAD TRATTANO CON IL QATAR. E LA CASA BIANCA OTTIENE PAUSE DI 4 ORE PER LE EVACUAZIONI Estratto dell’articolo di Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
[…] Le trattative sembrano andare avanti. William Burns, direttore della Cia, e David Barnea, il capo del Mossad, sono andati a Doha per incontrare il primo ministro del Paese che può premere di più sui capi fondamentalisti avendoli finanziati per anni. Un altro jet ha portato Ismail Haniyeh, il boss di Hamas all’estero, e Khaled Meshal, il suo predecessore, al Cairo dove hanno visto Abbas Kamal, lo 007 che più di tutti ha trattato con i leader del movimento fondamentalista. […]
GUERRA IN MEDIO ORIENTE, IL CAPO DELLA CIA IN QATAR: STRETTA FINALE PER IL RILASCIO DI 12 PRIGIONIERI STRANIERI Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “La Stampa”
È William Burns, il capo della Cia in missione in Medio Oriente, a cercare di mettere in ordine i pezzi di un mosaico diplomatico complesso che interseca pause tattiche, rilascio degli ostaggi e aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Si procede per passi calibrati tenendo chiaro in mente quello che per Washington è ora l’obiettivo principale: liberare le persone che dal 7 ottobre sono nelle mani di Hamas e di altri gruppi estremisti della Striscia. La pressione sui governi Usa e israeliano è forte: ieri decine di persone, fra cui famigliari degli ostaggi, hanno tentato di fare irruzione nella villa del miliardario Simon Falic dove da alcune settimane vive Netanyahu.
A Doha Burns ha avuto un vertice con l’omologo del Mossad, David Barnea, e con il primo ministro del Qatar Mohammad Al-Thani per esaminare una bozza di proposta che nella notte gli emissari di Hamas – esuli a Doha – hanno recapitato tramite i mediatori qatarioti.
I funzionari Usa non hanno confermato i contenuti delle richieste, ma c’è il sostegno americano a una pausa umanitaria indicata da alcune fonti citate dalla Reuters in “due giorni” in cambio del rilascio di un numero fra i 10 e i 15 ostaggi, americani e di altre nazionalità. Fra le richieste anche quella della compilazione e della consegna da parte di Hamas della lista degli ostaggi, ha riferito una fonte alla Cnn.
[…] Intanto in quello che potrebbe essere visto come un gesto di apertura, da ieri sono operative pause nei raid di quattro ore nel nord della Striscia di Gaza. Ad annunciare la decisione di Israele di fermare i bombardamenti in zone specifiche e consentire così alle persone di ricevere più facilmente gli aiuti e di spostarsi lungo i due corridoi aperti verso Sud, è stata la Casa Bianca che ha parlato di «passo avanti nella giusta direzione».
[…] Biden avrebbe voluto un impegno maggiore da parte di Netanyahu. Ieri prima di lasciare la Casa Bianca per andare in Illinois dove ha tenuto un discorso sul lavoro e l’economia, il presidente ha lasciato trapelare un pizzico di frustrazione riconoscendo che il processo per portare il premier israeliano a varare le mini-tregue «è stato più lungo di quanto sperassi». E sulla durata di una pausa umanitaria, ha detto che aveva «chiesto che fosse ben più lunga di tre giorni».
Toccherà agli israeliani la gestione tattica delle pause, gli abitanti nel Nord di Gaza e di Gaza City saranno avvertiti con tre ore di anticipo sullo scoccare della tregua e spetterà allo Stato ebraico decidere per quanti giorni (ad ora non è indicata una scadenza) si ripeteranno le pause nei raid.
Le pause, temporanee o estese per giorni, restano per gli Usa l’unica alternativa al cessate il fuoco che Biden ancora ieri ha respinto in maniera secca: «Non ci sarà mai». Il motivo è che consentirebbe ad Hamas di riorganizzarsi e darebbe al gruppo terroristico una sorta di legittimazione. […]