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 2023  novembre 10 Venerdì calendario

La lezione inglese

Keir Starmer, il leader laburista britannico, ha contestato il primo ministro conservatore, Sunak, per il progetto di trasferire nel Ruanda gli immigrati irregolari che arrivano nel Regno Unito. Ha definito l’operazione “un espediente che non funzionerà”. E in effetti sembra che le difficoltà giuridiche e pratiche siano considerevoli. Tuttavia Starmer è attento a non apparire il portabandiera di una linea morbida verso l’immigrazione. Ha solo detto che il disegno del governo, così com’è, risulta poco realistico. Il capo dei laburisti vuole vincere le elezioni del prossimo anno, confortato dai sondaggi, e non intende rinunciare all’elettorato d’ordine.
Al tempo stesso non vuole perdere credibilità sul piano internazionale. Sulla crisi di Gaza ha tenuto, almeno finora, una posizione intransigente contro la sinistra radicale che lo insidia nel partito. È una sinistra molto critica verso Israele e vicina alle piazze pro-palestinesi (e qualche volta pro-Hamas) attive a Londra come altrove in Europa. Del resto il “labour” era il partito di Corbyn, il cui antisemitismo ben poco mascherato, unito al massimalismo, fu una delle cause della disfatta elettorale e conseguente irrilevanza.
Starmer ha sfidato i suoi oppositori e quindi non si è unito alla richiesta di “cessate il fuoco” in Palestina senza garanzie per Gerusalemme. In questo caso il rischio è di perdere elettori, considerando la presenza significativa di un’opinione pubblica radicalizzata e di una quota di elettorato musulmano.
Tuttavia il laburista ha scelto di tenere il punto perché è più importante offrire garanzie di lealtà all’America, alleato strategico della Gran Bretagna. La scommessa è che la guerra in Medio Oriente finisca abbastanza presto, così da spuntare le armi alla sinistra radicale prima che s’inneschi una crisi del neo-laburismo. Starmer non è Blair né vuole imitarlo, ma ha studiato lo stile dell’ex premier e soprattutto non lo demonizza per via della guerra in Iraq. Anche qui pesa la volontà di non indebolire il rapporto con Washington. In definitiva, nel campo del “labour” si è convinti che la vittoria contro Sunak passi dalla capacità di farsi votare da un ceto medio che vuole sicurezza, ma è tornato a guardare a sinistra. Si tratta, come è chiaro da tempo, di una sinistra pragmatica e non ideologica. Consapevole che per vincere occorre strappare ai conservatori una parte del loro elettorato.
È lo stesso ragionamento del cancelliere Scholz in Germania. Da socialista vuole trattenere l’elettorato “moderato” e impedire che si rivolga alla destra. Di qui l’attenzione anche al tema dei territori extra europei come possibile rifugio temporaneo degli immigrati, certo sotto il mantello giuridico dei diritti umani. Il valore simbolico di tali intuizioni, al di là della loro immediata realizzazione, coincide con un potente messaggio elettorale. Tanto più che la sinistra radicale ha la capacità anche mediatica di rivolgersi con un certo successo all’opinione pubblica. Sia Scholz sia soprattutto Starmer non vogliono farsi travolgere dal rimbalzo delle guerre in corso, dal ritorno dell’antisemitismo, dall’immigrazione fuori controllo.
In Italia sappiamo invece che l’opposizione al governo della destra si caratterizza per un tentativo di accentuare l’impronta di sinistra.
L’idea è che si possono perdere un po’ di elettori moderati se si recuperano gli astenuti, i delusi da una sinistra troppo fiacca. Ciò nonostante, la linea oscillante di Elly Schlein non ha risparmiato alla segretaria le aspre critiche da chi la vorrebbe assai più radicale (vedi l’“Unità”). In altre parole, Starmer guida un centro-sinistra inglese che sta per sconfiggere i conservatori appropriandosi di alcuni dei loro argomenti.
Da noi si batte la strada opposta: contro la destra con un surplus di sinistra. Finora non ha funzionato.