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 2023  novembre 10 Venerdì calendario

Vent’anni di delitti

Guardare negli occhi il padre di un ragazzo morto da poche ore e ascoltare la sua verità. Sentirlo quasi gridare che no, non è vero che suo figlio faceva uso di stupefacenti, e scontrarsi con la versione ufficiale che invece lo inserisce tra le vittime di una partita di ecstasy. Scrivere un articolo dove le parole di quell’uomo si perdono tra le dichiarazioni di magistrati e investigatori che non arretrano, anzi rilanciano. Ma sentire un peso che rimarrà per anni, fino a quando si scoprirà che a uccidere quel ragazzo era stato il suo «cuore insulso», un «attacco cardiaco in condizioni di apparente benessere», come aveva certificato il medico legale otto mesi dopo la tragedia.Leggere «Tenebre italiane» il libro che Marco Imarisio, inviato del Corriere della Sera, ha appena pubblicato per Solferino, vuol dire esplorare gli ultimi vent’anni della storia del nostro Paese attraverso i casi di cronaca nera che l’hanno segnata e scandita. Ma vuol dire soprattutto scoprire che cosa si cela dietro il racconto del giornalista, quali e quanti dubbi ti assalgono quando devi dare conto dei dettagli forniti da magistrati e investigatori pur sapendo che qualcosa non torna, che una diversa verità può esserci, quando devi scavare nelle vite e arrivare sino all’abisso consapevole che almeno una parte del dolore ti rimarrà attaccato per sempre. Ecco perché è importante quello che Imarisio scrive nel primo capitolo: «Questo libro non nasce come reazione a una continua pulsione revisionista, che pure esiste. Ma non vuole neppure essere un semplice amarcord da vecchio cronista che ormai ha preso altre strade, o una difesa di quel che è stato».
C’è un filo che lega l’omicidio di Hagere, bambina di 5 anni assassinata dal vicino di casa che credeva suo amico, a quello di Yara Gambirasio, ragazzina che di anni ne aveva 13 e fu lasciata moribonda in un campo da chi voleva forse stuprarla o forse conquistarla come fosse una preda da sedurre. E c’è una stessa trama ad unire la ferocia di Erika e Omar che riescono a guardare negli occhi la mamma e il fratellino di lei mentre li ammazzano senza pietà e lo scempio fatto nella villetta di Erba dove un’altra mamma e il suo bambino – Raffaella Castagna e il suo Youssef – vengono uccisi a sprangate. Una strage che non risparmia la madre di lei, Paola, la vicina di casa Valeria Cherubini e suo marito Mario Frigerio che si salverà soltanto perché gli assassini lo hanno creduto morto. È l’orrore che Imarisio sa descrivere in maniera cruda ma reale, riflettendo «su come è cambiata la cronaca nera e come siamo cambiati tutti noi», senza mai tralasciare i sentimenti di chi rimane, lo strazio dei parenti di vittime e carnefici.
Ecco perché si deve leggere tutto d’un fiato il capitolo dedicato al padre di Erika, la disperazione di chi ha perso tutto e nella devastazione trova la forza di proteggere ciò che rimane, anche se questo vuol dire schierarsi dalla parte di una adolescente che si è trasformata in un mostro. È difficile comprendere la scelta di Francesco De Nardo, eppure quelle parole pronunciate al telefono per respingere la richiesta di spiegarla, dicono più di mille trattati di psicologia. Il lavoro di un cronista che sa fare bene il proprio mestiere si distingue da questi dettagli, dalla capacità di andare sempre a cercare i protagonisti della storia, di scavare anche oltre le apparenze. E Imarisio mostra di averlo sempre fatto, anche quando la spettacolarizzazione di un caso ha preso il sopravvento sulla ricerca della verità, quando la spasmodica voglia di scoop o più semplicemente del particolare scabroso ha calpestato persino la dignità delle vittime, scavando nel loro privato.
La telefonata
Il padre dell’assassina
di Novi Ligure: ho ancora mia figlia e farò di tutto per proteggerla
Imarisio è stato uno dei pochi giornalisti, forse l’unico, a parlare con il papà di Erika. Una telefonata che a sentirla raccontare adesso fa venire i brividi. «La mia vita è stata spazzata via da un tornado. Ma non è vero che sono solo e disperato. Voi giornalisti vi ostinate a non capire che io ho ancora lei, ho Erika. E farò di tutto per proteggerla, finché rimarrò al mondo». Anche Paolo Onofri aveva un altro bimbo, ma l’omicidio del suo Tommaso, rapito da due balordi e ucciso dopo un mese, non era riuscito a sopportarlo. L’indagine fece scempio della sua vita additandolo prima come un sospettato e poi come un pedofilo. L’incontro avvenuto una notte che Imarisio racconta è struggente pur nella sua durezza, mostra che cosa davvero si deve sempre fare quando si segue la cronaca, quanto è importante parlare con chi vive sulla propria pelle quello che sta accadendo. Senza mai fermarsi.
Alla fine è questa l’essenza di «Tenebre italiane» ed è proprio il titolo a rivelarlo. Per un lunghissimo periodo la cronaca nera ha catalizzato l’attenzione dei giornali e troppo spesso la morbosità ha dominato. Soltanto chi conosce a fondo i meccanismi di questo mestiere può avere il coraggio di dirlo e anche di assumersene una parte di responsabilità sia pur nella consapevolezza di aver sempre rispettato le regole. «Tutto si riduce alla capacità della singola persona e delle testate giornalistiche di fare da filtro. Di scegliere le notizie da dare al proprio pubblico, invece di darle tutte, fin nei minimi dettagli, giustificando quest’ultima scelta con il dovere di cronaca e con la pretesa di mostrare ciò che accade per intero. Non è così oggi, non era così vent’anni fa. Con la cronaca nera è più facile sbagliare. Ma alla fine è sempre questione di buona fede, di sensibilità, e di rispetto delle persone. Come per ogni altra attività umana». Rispetto e sensibilità, ecco cosa fa la differenza.