la Repubblica, 10 novembre 2023
Intervista a Vinicio Marchioni
A Vinicio Marchioni Paola Cortellesi ha affidato il ruolo dell’amore gentile di gioventù, la possibilità di un domani diverso. «Non dico che mi aspettassi un tale successo ma quando ho letto la sceneggiatura ho sentito che il film toccava corde profondissime». L’attore, 48 anni, 25 di carriera, festeggia l’inarrestabile corsa diC’è ancora domani, sale piene, già Biglietto d’oro 2023.
«Paola è riuscita a condensare la carriera trentennale, il talento, la capacità rispetto all’utilizzo del corpo nel film. Ha toccato l’immaginario collettivo e la necessità di ridere con intelligenza di temi che sono dentro di noi. E ha acceso una scintilla. Hai voglia a dire che il film è ambientato nel ‘46. Non penso che sia cambiato tantissimo».
Nel film ciascuno ritrova pezzi di storia familiare.
«Ha risvegliato il mondo in cui sono cresciuto. La famiglia contadina da cui viene mio padre: l’uomo proponeva, stabiliva orari, imponeva la rabbia, tutti zitti a tavola. Dinamiche che ho rivisto in Valerio Mastandrea e Giorgio Colangeli, quel maschilismo italico per liberarci del quale serviranno altre tre generazioni».
I suoi figli maschi l’hanno visto?
«Sì, hanno riso a tratti e volevano schiaffeggiare Mastandrea. I figli seguono i genitori non in quello che dicono ma in ciò che fanno. Se in casa c’è un sopruso sulle donne i figli pensano che sia normale. È un discorso di educazione sentimentale».
Il suo rapporto con Cortellesi?
«Ci conosciamo da vent’anni. Mi ha chiamato: “Mi spiace, è un ruolo piccolo”. Ma nell’arco del film sembra che ci sia sempre. Poi nel finale capisci che c’è una motivazione immensamente più grande di un amore personale. In questi tempi ragioniamo seguendo i piccoli o grandi interessi personali, scordandoci che esistono ragioni più grandi. Quella dei diritti è più importante della separazione tra destra e sinistra. Il film parlaall’anima delle persone, va oltre le differenze ideologiche, ed è la cosa più importante per chi fa questo mestiere».
È un omaggio alla Costituzione.
«E ai diritti per cui i nostri nonni e nonne hanno combattuto. Non vanno dati per scontati, bisogna stare lì: signori, questa cosa è sacrosanta e non va toccata, per il bene di tutti».
Cortellesi si è tolta l’etichetta dell’attrice comica.
«È un atteggiamento provinciale che ci portiamo da sempre. Il pubblico si è riconosciuto in un tuo ruolo, vuolecontinuare a vederti in quello o si sente tradito. Vuole la maschera».
La sua è stata il Freddo di “Romanzo criminale”?
«Ma ne sono orgoglioso, mi ha fatto conoscere al grande pubblico e agli addetti ai lavori. Poi però ho cambiato: con 25 anni di teatro da protagonista di grandi testi, conosco la differenza tra un ruolo sfaccettato e uno unidimensionale».
Ha girato “I leoni di Sicilia”.
«La quarta volta con Paolo Genovese. Grande produzione, l’artigianalità che ci rende orgogliosi nel mondo. Le ricostruzioni dellaPalermo dell’800, le riprese a Favignana nella tonnara dei Florio.
Mi piaceva una storia del Sud fatta di imprenditoria e successo economico, non di mafia e omicidi».
L’accordo tra attori e major a Hollywood si ripercuoterà da noi?
«Spero di sì. In Italia non c’è un contratto di lavoro nazionale sull’audiovisivo, siamo indietro. In più il pubblico ci vede in smoking sul tappeto rosso di Venezia, Roma.
Ma dietro pochi fortunati ci sono i quarantamila che non sono conosciuti, campano di poche pose pur avendo la mia stessa professionalità, lo stesso amore per il lavoro. Con Unita stiamo dialogando con le istituzioni».
Lei di gavetta ne ha fatta tanta.
«I primi anni sono stati duri.
Mi ha lanciato in teatro Luca Ronconi, ero il giovane attore promettente. Poi, il giorno dopoRomanzo criminale, il teatro italiano non mi ha chiamato più.
Ero quello delle serie tv. Sono tornato con Antonio Latella, ma da attore tv che si reinventava. Dicevo: signori, io non faccio teatro per ripulire la fedina penale e dimostrare di avere dignità del palco. Io ci sono nato e cresciuto dentro. Sono andato in scena da solo conLa vita di Dino Campana,rifiutando le guardie e i ladri della tv, i soldi, la popolarità. Molte nottate insonni».
Ora?
«Al Teatro della Pergola di Firenze mi occupo di un progetto di formazione europea per gli attori usciti dalla scuola diretta da Favino.
Prepariamo con Milena Mancini uno spettacolo per il 2024. E aspetto che escaUn altro ferragosto di Paolo Virzì».
Il sequel di “Ferie d’agosto”.
«Con il copione si è aperto un pop up di storie e dinamiche, ho pianto e riso. Oltre due mesi di set su un’isola. Con Sabrina Ferilli, Silvio Orlando, Laura Morante, Christian De Sica, ogni ciak era un calcio di rigore alla finale di Coppa del mondo».