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 2023  novembre 10 Venerdì calendario

La guerra tra favino e Cortellesi

“Mi hanno anche scritto che ho le labbra rifatte”. Tra gli effetti collaterali del successo del film di Paola Cortellesi, da registrare pure la legnatina di natura estetica inflitta in una di quelle interminabili discussioni su facebook a Nicoletta Agostino, blogger femminista ma dissenziente, ricusata con severo monito dal vasto coro di chi ha visto, esultato, adorato C’è ancora domani, pellicola già stracult, stracitata, stravista e strabenedetta.
Così nel mondo del sottosopra l’attrice dal robusto registro comico, immersa fino a ieri l’altro nel flusso popolare del disincanto e della levità (Come un gatto in tangenziale, per esempio), è ora in cima al monte della memoria. Su di lei la cifra del riscatto delle donne, del corpo delle donne, della forza delle donne.
È Roma del 1946, la fine della dittatura e anche l’inizio del più lungo e fecondo cammino della parità di genere, del riscatto, della forza. La storia di Delia, mamma e moglie vittima come tante altre sue compagne di un orco, Ivano, marito violento, orrido maschio. Delia resisterà ai lividi e avrà la forza di segnare col suo nome la lotta di liberazione per la conquista del diritto all’identità e alla parità di genere. E lui, cioè Pierfrancesco Favino, interprete stimato, un successo dietro l’altro, e premi (tre David e una Coppa Volpi tra il numeroso allestimento di riconoscimenti) e sorrisi. Favino, senza nemmeno volerlo, era fino a ieri divenuto il vettore applaudito del pensiero progressista. Però e per sfortuna adesso insegue inaspettatamente l’amica e collega Paola e per di più sul fronte opposto del Comandante, l’eroe del mare nel tempo della fascistitudine. L’ardimento come sentimento. Favino, senza chiederlo né volerlo, e per via di una risposta mal riuscita, o di un pensiero non abbastanza riflettuto (oppure vattelapesca) retrocede all’altezza di Fabrizio Mollicone, il responsabile cultura di Fratelli d’Italia, quando discorre di italianità e del diritto naturale, che dovrebbe spettare ad attori italiani, di interpretare grandi nomi italiani. Ce l’ha con chi ha scelto un americano per il grande Enzo Ferrari. Ma questa uscita, così abbondantemente sorprendente, suscita l’interesse appunto di Mollicone, cultore del tema della sovranità, che vi vede una presa di posizione straordinaria contro “l’appropriazione culturale” da parte dello straniero della nostra identità e della nostra storia.
Scherzo del destino e anche effetto ottico di una rivalità – quella di Cortellesi vs Favino – invero sconosciuta. Ma la coincidenza dell’uscita di due film che raccontano storie intorno al tempo in cui gli italiani si odiavano e si uccidevano è tale che ogni altro passo di queste due pellicole, viste al ralenty, producono tifoserie e capovolgono gli schieramenti.
Marco Giusti ha già scritto del Comandante come del “film dei maschi”. Questa volta perdente, almeno al botteghino, e suppostamente fascio. Non è vero. Ma è l’apparenza che conta, il passaparola che tributa o scoraggia.
Cortellesi, alla sua prima prova da regista, raccoglie il massimo dei passaparola e dunque del montepremi e si intesta il moto ondoso della sorellanza. Dice: “Se nasci donna fai già parte di un movimento. Il mio film per non dimenticare i nostri diritti”. Il suo film, costato poco più di 8 milioni di euro, è già abbondantemente oltre il milione di spettatori convinti a riempire le sale ormai depresse e rovinate da Netflix, e già intorno agli 8 milioni incassati. Supererà nelle prossime settimane i dieci e andrà di diritto sul podio del film italiano più visto e più ricco nella storia recente. Da qui l’esultanza della tribuna femminista che ha adorato e pressato, invitato, allertato. Ecco Chiara Gamberale, la scrittrice: “È un film infinito. Precipitatevi al cinema!”. E il passaparola è così tonante e performante che fende il corpo delle donne, in specie quelle orgogliosamente di sinistra, in questo tempo per loro così antipatico e renitente alla felicità.
Le cronache documentano episodi di quasi devozione. Patrizia, impegnata in una vicenda giudiziaria in quanto vittima di violenza, scrive al suo magistrato, il procuratore della Repubblica di Oristano, facendosi forza dopo aver visto il film: “Signor magistrato, sono appena uscita dal cinema…”. E un’altra signora ringrazia il destino e l’opera prima della Cortellesi che le ha permesso di vederlo nel giorno dell’anniversario della morte di Tina Anselmi, donna, partigiana e ministra della Repubblica.
Il cinema che espande e fa rumore si trova momentaneamente sottosopra. Succede, e non è neanche arrivato Natale!