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 2023  novembre 08 Mercoledì calendario

Intervista ad Alessandro Gassmann

Dal 16 novembre su Rai 1 la seconda stagione della serie ‘Un professore’. “La mia generazione è cresciuta con l’idea di una scuola che faceva paura: interrogazioni e voti. Non ho avuto la fortuna di incontrare un insegnante come quello che interpreto”
Avremmo voluto incontrarlo tutti nella vita un professore così empatico, motivato, amorevole. Anche Alessandro Gassmann, che lo interpreta. «Il mio percorso scolastico, com’è noto, è stato una tragedia» dice l’attore ridendo, «sarebbe stato diverso se avessi trovato sulla mia strada un insegnante come Dante Balestra». Dal 16 novembre su Rai 1 (il 14 anteprima dei primi due episodi su RaiPlay) arriva su Rai 1 la seconda stagione di Un professore, la serie diretta da Alessandro Casale che racconta la vita di un insegnante di Filosofia di un liceo romano. Uno che va a recuperare gli alunni a casa, e ha svariati problemi privati. Sensibile e anticonformista, spiega come la complessità arricchisca, non deve fare paura. Mosca bianca in questi tempi veloci, in cui tutto è sbrigativo e meno si ragiona e meglio è. Nel cast Claudia Pandolfi, Nicolas Maupas, Damiano Gavino, Christiane Filangieri.
“Un professore” è una serie amatissima, anche perché dà speranza.
«Ha avuto successo perché utilizza la filosofia e la commedia per raccontare storie di genitori e figli in maniera, non voglio dire educativa, ma interessante, portando nel racconto valori e conoscenza. È la cosa che mi piace di più. Il mio personaggio, Dante Balestra, mi permette di trattare temi seri e fare la commedia. Gli voglio bene, è il professore che non ho avuto».
 
Neanche un mentore nella sua vita di studente?
«Purtroppo no. Per questo la mia frequentazione scolastica non è stata brillante. Ho 58 anni, la mia generazione è cresciuta con l’idea di una scuola che faceva paura: interrogazioni e voti. Non ho avuto la fortuna di incontrare un professore come quello della serie. Sicuramente anche all’epoca esistevano maestri illuminati che ti facevano amare lo studio. Io non li ho trovati».
Com’era negli anni del liceo?
«Timido, schivo, molto chiuso, un po’ complessato. Ero alto quasi 2 metri a quattordici anni, e poi, chiaramente, ero sempre molto osservato essendo il figlio di Vittorio Gassman. Non davo grandi soddisfazioni, a scuola e ci andavo poco».
Visto quello che succede, sembra che i ragazzi abbiano bisogno anche di un’educazione sentimentale/ sessuale. Che idea si è fatto?
«Viviamo in una società in cui, sempre più spesso, si smette di fare il mestiere di madre e di padre, demandando tutto alla scuola. Ma sappiamo bene che non ci sono i mezzi e anche gli insegnanti più bendisposti non riescono a fare un lavoro appropriato. È una società in cui, se un prof dà un voto basso a un alunno, i genitori protestano, minacciano o alzano le mani. Il mondo capovolto. Ci vorrebbero tanti Dante Balestra e genitori che sappiano ascoltare i propri figli».

È diventato più difficile?
«Bisogna seguirli per farli diventare adulti nel modo migliore. Ok, stanno attaccati al telefonino, ai messaggi, ai social ma quel mondo non può essere sostitutivo della vita. Che vuol dire vedersi, abbracciarsi, magari mandarsi a quel paese. Ma dal vivo, con onestà, guardandosi negli occhi. Lo so, sono boomer».
Suo figlio Leo, bravo musicista, è protagonista della fiction su Califano: alla fine recita anche lui. Che gli ha detto?
«Da due anni frequentava seminari con un coach di recitazione. Gli ho chiesto: perché lo fai? Mi ha risposto: sono curioso. Veniva sempre con me in teatro, ha il mito del nonno. Non ho seguito i suoi movimenti, poi ho scoperto che era stato preso per interpretare Califano da giovane. Mi ha fatto molto piacere, qualche qualità ce l’avrà, sarà una sorpresa anche per me».
Non si confronta?
«Tende a fare tutto per conto suo, ma ha assorbito la passione di quello che faccio nella vita. Non credo nei geni, non necessariamente si eredita il talento ma la sensibilità sì, e lui ha grande sensibilità».
Non gli dato consigli?
«Non ho letto la sceneggiatura, inizia con un personaggio molto famoso e amato, un triplo salto mortale. Leo è un grande fan di Califano, canta le sue canzoni. All’inizio ho pensato che c’entrasse poco fisicamente, ma ho visto le foto e gli somiglia abbastanza. Gli ho detto solo: “Dai il massimo”».
È un papà amico o un padre padre?
«Ora sono un papà amico ma sono stato un padre molto fermo e severo, che faceva rispettare le regole. Poi a 18 anni ho mollato, gli ho spiegato: “Ora sei un uomo libero, cerca di farti valere nella vita, con onestà”. È la cosa più importante».
 
E suo papà com’era?
«Mio padre è stato severo con me ma molto affettuoso, giocoso, avevamo un rapporto fisico fatto di baci e di abbracci. Incuteva timore per la struttura fisica e la voce, ma era buono. Tornando alla scuola, lui prendeva dieci. Si arrabbiava perché non mi applicavo. Non aveva tempo e non andava a parlare con i professori; mamma non era portatissima. Mi è andata bene».
Lunedì andrà in onda l’ultimo episodio de “I bastardi di Pizzofalcone”, un successo. La storia proseguirà?
«Me l’auguro. Ha fatto ottimi ascolti, dal 2017 siamo una squadra e ci rendiamo conto di quanto il pubblico sia affezionato, tra l’altro è una delle serie Rai più vendute nel mondo, ho scoperto che ci sono fan in Sudamerica e in tanti Paesi».
Che sta facendo adesso?
«Ho finito Mani nude di Mauro Mancini con cui avevo girato Non odiare, grande lavoro, una storia di violenza e redenzione. Sarò al festival di Torino con Il Vangelo secondo Maria di Paolo Zucca, dal romanzo di Barbara Alberti. I protagonisti siamo Benedetta Porcaroli e io: la storia di una giovane Maria e di Giuseppe in una chiave molto femminile».