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 2023  novembre 08 Mercoledì calendario

Le telefonate dell’esercito al dentista di Gaza Mahmoud Shaheen per far evacuare i palazzi prima di bombardarli

LONDRA – “La sto chiamando dallo spionaggio israeliano. Stiamo per bombardare il suo edificio. Avete due ore per evacuarlo”. L’avvertimento è arrivato a Mahmoud Shaheen per telefono, alle 6:30 del mattino del 19 ottobre, nel suo appartamento al terzo piano di un condominio di Gaza City. Un quartiere della classe media, fino a quel momento non colpito dai raid aerei lanciati da Israele in risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Mahmoud fa il dentista. Non è politicamente attivo. E non ha idea di come l’intelligence israeliana conosca il numero del suo cellulare. La sua storia, raccontata dalla Bbc, che ne ha verificato indipendentemente l’attendibilità, rivela in che modo Israele cerca di avvertire i palestinesi prima di bombardare, per ridurre le perdite di civili innocenti nella guerra scatenata dai jihadisti.
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I volantini
Si sapeva che il comando israeliano ha lanciato decine di migliaia di volantini su Gaza, e continua a farlo, per indurre la popolazione del Nord della Striscia a spostarsi a sud, in un’area meno esposta ai raid dell’aviazione e ai missili. Si sapeva che Israele avverte la popolazione palestinese anche con altri metodi, per rispettare le cosiddette “leggi di guerra” sulla responsabilità di ogni belligerante di risparmiare il più possibile i civili. Ciononostante, la controffensiva israeliana ha fatto finora più di 10 mila morti, secondo le cifre fornite dal ministero della Sanità di Gaza, che fa parte del governo in mano ad Hamas, suscitando proteste e accuse internazionali a Israele.

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La rivelazione della Bbc aggiunge un tassello significativo a questo aspetto del conflitto, dimostrando fino a che punto, e con quale precisione, Israele si impegna a informare i palestinesi di Gaza che un missile sta per colpire le loro case perché, spesso a loro insaputa, quell’edificio contiene una base o un leader di Hamas, esortandoli ad andarsene prima del bombardamento.

(reuters)
La voce in arabo
Il dentista vive ad -Zahara, una zona nel nord di Gaza. Il 19 ottobre, di primo mattino, lo svegliano urla provenienti dalla strada: “Bisogna scappare, bombarderanno le torri”. Così, “torri”, la gente del posto chiama tre alti palazzi della sua strada, in uno dei quali abita lui. Preoccupato, si alza, esce di casa e, mentre cerca un posto in cui rifugiarsi, sente squillare il telefonino. La chiamata proviene da un numero sconosciuto. “Le parlo dall’intelligence israeliana”, gli dice una voce, in perfetto arabo, chiamandolo per nome. “Stiamo per bombardare le tre torri. Deve convincere immediatamente tutti gli inquilini a evacuarle”.
Mahmoud dice alla Bbc di non avere idea del perché Israele abbia scelto proprio lui per questo compito di coordinamento degli abitanti dei tre edifici. Sulle prime, non crede a quello che sente: potrebbe trattarsi di uno scherzo o di una truffa. Da quando è iniziata la guerra, sul suo gruppo su Facebook girano messaggi che riferiscono di false chiamate di questo tipo, magari per derubare le abitazioni lasciate vuote. Allora il dentista chiede al suo interlocutore di sparare un colpo contro il palazzo per dimostrare che appartiene davvero alle forze israeliane. Un istante dopo, un colpo sparato da non si sa dove, forse da un drone, raggiunge uno dei tre palazzi nel mirino. Ancora non convinto, Mahmoud chiede che sia sparato un secondo colpo, e anche questo esplode su uno dei palazzi un momento dopo.

“Non vogliamo vittime”
Finalmente convinto, il palestinese scongiura l’israeliano di dargli il tempo di avvertire tutti, di non cominciare il bombardamento prima che tutti siano usciti e di restare con lui al telefono mentre dice ai vicini di casa di evacuare gli edifici. L’uomo lo rassicura: “Le darò il tempo necessario”, gli dice, “non vogliamo che ci siano delle vittime”. Per più di un’ora, mentre Mahmoud gira di casa in casa dando l’allarme ed esortando tutti ad andarsene subito, la voce dell’ufficiale israeliano continua a fargli compagnia al telefono.

Evacuare un appartamento nel giro di pochi minuti, sapendo che sta per essere distrutto da un missile, vuol dire salvarsi la vita ma anche rinunciare a tutti i propri averi. Il palestinese prova a convincere l’israeliano a non bombardare. “Non riesco a capire”, gli dice, “perché volete colpire queste torri”. L’israeliano risponde: “Ci sono cose che noi vediamo ma voi non vedete. L’ordine di bombardare proviene da gente più importante di me e di lei”.
Un aereo in cielo
Quando l’evacuazione è completata, l’ufficiale dell’intelligence informa Mahmoud che il bombardamento sta per cominciare. Un aereo appare in cielo. Mahmoud guarda i tre edifici. Un missile distrugge il primo. “State indietro”, ordina la voce. Altri due razzi colpiscono le altre due torri. Alle 8:20 del mattino, soltanto una montagna di detriti rimane al posto dei tre palazzi. Il dentista è ancora al telefono. A quel punto l’israeliano gli comunica: “Abbiamo finito. Potete tornare”. Alle abitazioni distrutte, forse in cerca di quello che è rimasto. Ma gli inquilini sono vivi. Nessuno è rimasto ucciso nel raid israeliano.
Qualche ora più tardi, il telefonino di Mahmoud suona di nuovo. La voce è diversa. L’israeliano dice di chiamarsi Daoud. “Lei stamattina si è comportato saggiamente”, gli dice l’israeliano. Fa capire di sapere tutto della vita del dentista. E poi cerca di spiegare cosa sta succedendo a Gaza. “Ha visto come Hamas ha massacrato i nostri bambini?”. Lui risponde che la religione islamica proibisce cose simili e prega che Israele non risponda con una punizione collettiva. “Ci saranno altri bombardamenti nel vostro quartiere”, replica l’israeliano, “ma ogni volta la avvertiremo con una telefonata”.

Le telefonate continuano
E questo è ciò che accade nei giorni seguenti. L’israeliano si premura perfino di controllare che il telefonino di Mahmoud abbia ancora batteria e, durante una telefonata, quando il cellulare sta per scaricarsi, gli suggerisce di spegnerlo per riaccenderlo a una certa ora, in prossimità del bombardamento. In questo modo, racconta il dentista alla Bbc, è riuscito a evacuare altri edifici prima dei raid. L’israeliano consiglia anche agli evacuati dove rifugiarsi per evitare ulteriori raid militari. “Mi chiamavano dicendo, ora bombarderemo quel palazzo, ora quest’altro, e dicevano che avrebbero continuato a chiamarmi fino a quando avessero finito di fare quello che dovevano fare nel quartiere”. Una volta, quando Mahmoud chiede più tempo per completare l’evacuazione di un edificio, l’israeliano gli dice: “Fai con calma, non bombarderemo senza il tuo permesso”. Al che il palestinese replica: “No, non sono io a darvi il permesso. Io non voglio bombardare niente. Se volete che aiuti la gente ad evacuare, lo farò. Ma se volete bombardare, non ditemi che vi serve il mio permesso. Non è Mahmoud Shaheen a bombardare questo quartiere di Gaza”. Ma intanto nella zona si sparge la voce che soltanto lui sa dove e quando bombarderanno gli israeliani. “Ehi, dottore”, gli dice la gente quando lo incontra, “gli israeliani l’hanno chiamata? Il bombardamento è finito? Possiamo tornare alle nostre case?”.