Domenicale, 5 novembre 2023
Sul mensile La Gola
Anno 1982. 23 febbraio. Groenlandia: un referendum popolare sancisce la volontà della popolazione, con una maggioranza del 53%, di abbandonare la Comunità Europea. 8 maggio. Durante le prove per il Gran Premio del Belgio di Formula 1, a Zolder, muore tragicamente Gilles Villeneuve. 14 giugno. Argentina: finisce la guerra delle Falkland. 17 agosto. Viene prodotto il primo Compact disc. 1 ottobre. Italia: esce in edicola il primo numero del “Mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale”: «La Gola».
Qualche mese prima a Pesaro, Gianni Sassi, grafico, editore e produttore di innumerevoli progetti editoriali («alfabeta») e discografici (CRAMPS records), si imbatte in uno scritto dello storico Marcel Dètienne, La coscienza gastrologica (che verrà ripubblicato, in apertura, sul primo numero de «La Gola»), dove viene esaltato il mangiare tra il sacro e il profano e i valori tra cucina e società, che permettono l’invenzione delle manières de table, dall’antichità greca a oggi. Sassi ritaglia l’articolo dell’antropologo belga e lo mostra a cena ai suoi amici Massimo Dolcini e Franco Bucci con i quali discuterà, a casa di quest’ultimo, di produrre una rivista sul cibo. All’epoca la parola food e le trasmissioni televisive sugli chef erano ancora molto, molto lontane e, come ricorda Alberto Capatti (coordinatore della rivista e noto gastronomo), la parola “materiale” alludeva al materialismo storico ironizzando su di esso.
Massimo Dolcini, che affiancava Sassi alla grafica (fino al quattordicesimo numero), aveva in casa una stampa di una vecchia pietra litografica che riproduceva la pagina di un catalogo con i disegni di tutti i tipi di pasta, che diventarono la base iconografica del giornale. Sassi definiva quei disegni (incisioni a bulino seicentesche e ottocentesche) gli “sporchini”. Nelle copertine dei primi numeri e all’interno degli articoli, come nelle mise en page dei rebus, accanto al testo, figuravano forchette, scolapasta, pesci, pinze, cestini e tutta una serie di piccoli disegni di accompagnamento. Nella cassetta degli attrezzi di Sassi esistevano poche e ragionate font come il Times New Roman della testata della rivista usato in bold e con un kerning, ovvero la spaziatura tra un carattere e un altro, molto stretto.
Il formato fino al 1986 è quello del quotidiano per poi passare al tabloid fino alla sua chiusura nel 1988. Sassi cambia anche il progetto di copertina a partire dal numero 15, invertendo lo spazio tra testo e immagine a favore di quest’ultimo e introducendo opere pittoriche e fotografiche a tutta pagina. All’interno del primo numero appare una pubblicità del Personal Computer Olivetti M20 ma nella redazione delle Edizioni Intrapresa, sita in via Caposile a Milano, dove Sassi operava il giornale, l’intera redazione componeva ogni numero con le sole forbici, colla e fotocopiatrice. Non c’erano gerarchie all’interno del giornale, tantomeno collaboratori fissi ma riunioni settimanali e, al posto del direttore, figurava un comitato di direzione dove comparivano Antonio Porta, Nanni Balestrini, Antonio Piccinardi, Gianni-Emilio Simonetti (che lascia dopo il primo numero), Francesco Leonetti, Marco Riva, Antonio Attisani (primo direttore/coordinatore) e Alberto Capatti (secondo e ultimo direttore/coordinatore).
La rivista «La Gola», nella sua forma di dispositivo comunicativo periodico, si presentava come una delle tante traduzioni visive della sensibilità grafica e delle tematiche che Sassi (direttore occulto) coltivava, legate al valore della cultura materiale. Unica rivista europea, all’epoca, dedicata al cibo, conteneva non solo ricette, che quando venivano compilate erano solo storiche, ma imprimeva un invito alla complessa conoscenza del corpo, del desiderio, spirituale, artistico e antropologico; un viaggio non solo alimentare, ma intellettuale. Dall’etimologia di caramella, ai pasti in carcere, dal cannibalismo al contrabbandiere di sale della Calabria di D’Arrigo, dal cibo di Omero ai vini d’Italia giudicati da Papa Paolo III.
Monica Palla, collaboratrice, segretaria e braccio sinistro di Sassi, racconta sulle pagine del libro della fondazione Mudima Gianni Sassi. Uno di noi, a proposito della rivista: «Gianni è partito dalle copertine, ha cominciato a studiare, nella storia dell’arte i quadri importanti che raccontavano il cibo e, proprio da lì, ha costruito una redazione di persone che hanno capito cosa stava cercando di fare e si sono aggregate a lui. E spesso poi in quel campo sono rimasti e si sono affermati». Pensiamo alla creazione di «ArciGola» da parte di Carlo Petrini nel 1986, dalla quale nascerà Slow Food, grazie al peso culturale e mediatico che «La Gola» aveva accresciuto negli anni.
A settembre di questo 2023, nell’ex laboratorio del ceramista Franco Bucci a Pesaro, ha inaugurato Casa Bucci dove, Viviana Bucci e Tommaso Bartolucci, hanno dedicato un’ampia retrospettiva al lavoro di Sassi, a trent’anni dalla sua scomparsa: «La Gola e Gianni Sassi fra Pesaro e le Marche». Qui hanno esposto, tra i tanti materiali, i voluminosi Berealto, Il libro degli spiriti e Champagne e Spumante, le gigantografie delle copertine de «La Gola» e messo a disposizione del pubblico le ricette dei librettini pubblicati dalla Coop ma soprattutto alcuni lavori mai visti di Sassi come la testa della Marilyn in cartapesta utilizzata per il poster della mostra Gli stili del corpo. Il cibo e i suoi simboli nel XX secolo e il manichino di legno realizzato da Robin Bagier e fotografato nel 1973 da Fabio Simion per la cover del primo album degli Area Arbeit Macht Frei; finora rimasto occultato e chiuso in una custodia al pari dell’immensa e tentacolare opera di Gianni Sassi che negli ultimi tempi, anche grazie a questa mostra, si sta riscoprendo e recuperando.