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 2023  novembre 07 Martedì calendario

Harvard e Princeton hanno stilato 24 termini “dannosi come: uomo, donna, madre, padre”


Nell’età del gender l’intera identità umana, e non soltanto quella sessuale, viene decostruita fino a sparire, travolta da superstizioni e dogmi neolinguistici, come sotto gli schermi giganti che in 1984 diffondono l’immagine di Big Brother nelle strade di Londra, capitale dell’Oceania. Nel mondo in cui tutto è fluido, ciascuno può decidere di giorno in giorno chi essere, se una persona che partorisce, un/una (anzi né l’un né l’una) intersessuale o, nei casi metafisicamente più complessi, un non uomo attratto da non uomini, quando non addirittura un uomo incinto. Come nei fumetti Marvel, diventiamo tutti mutaforma.

Non sono soltanto presunzioni ridicole e folklore. In certi paesi, come racconta Giulio Meotti in Gender, libro caldamente consigliato, queste fesserie sono infauste leggi dello Stato. Per esempio in Spagna, dove «il ministro dell’uguaglianza, Irene Montero, di Podemos, si è chiesta: “Esistono uomini e donne?”» e la risposta, naturalmente, è stata no, non esistono; dopo di che è passata, nel 2022, la «Ley Trans», che «consente d’andare all’anagrafe e cambiare il sesso legale con una semplice dichiarazione». Mentre a Londra, dove almeno per il momento «il volto sui manifesti, la voce che viene dai teleschermi» di 1984 è soltanto un babau letterario, «il segretario del Labour Party Keir Starmer ha affermato che “è sbagliato dire che soltanto le donne hanno un utero”»: parole che promettono tempesta. In Quebec, intanto, come in altre nazioni devote al woke e al gender, si vuole abolire la festa della mamma, discriminatoria nei confronti dei metafisicamente (ma non fisicamente) partorienti. A New York, per non penalizzare chi non ha partorito affatto, né potrà mai farlo per quanto si scalmani, la festa delle persone che hanno «variamente partorito» è già una realtà.

Se ogni identità, in questo estremo carnevale dell’ideologia, perde consistenza e viene sostituita da una sadica e inquietante fantasia disneyana, fatta di topini parlanti e di tazze danzanti del tè, acquista una maggiore sostanza lo Stato, chiamato a controllare che le identità precedenti non siano ripristinate e che ogni dissidenza venga opportunamente repressa. Ogni ingerenza scientifica, poiché la scienza è per definizione «bianca e razzista», dev’essere bandita. Che sia lo Stato, attraverso la scuola, e siano i mezzi d’informazione, asserviti all’ideologia dominante, a occuparsi della «scienza degenerata» promuovendo idee balzane e isolando, licenziando e (nei casi più gravi di tradizionalismo biologico) incarcerando gli eretici.
A nessuno è permesso guastare la festa, neppure alla matematica, diventata un’opinione, e un’opinione sbagliata, al punto che in Virginia e a Seattle, negli Stati Uniti, «s’incoraggiano gli studenti a pensare come la matematica sia stata “usurpata” dalla cultura occidentale e utilizzata nei sistemi di “potere e oppressione”» e «l’Oregon introduce corsi di “etno-matematica”». Meotti ricorda «il caso del saggio In difesa del merito della scienza, uscito sul Journal of Controversial Ideas e firmato da diversi scienziati, tra cui due premi Nobel per la chimica, Arieh Warshel e Dan Shechtman, dopo essere stato rifiutato da ben più note testate accademiche». Mentre «le riviste scientifiche più prestigiose– The Lancet, Scientific American, Nature e Science – cancellano la parola (e l’idea di) “donna” a favore della definizione trans-inclusiva di “corpi con la vagina”», l’articolo in difesa della scienza e del merito scientifico «ha potuto essere pubblicato soltanto in una rivista dedicata a diffondere idee “controverse”». Il saggio, scrive Meotti, «ha un sottotitolo eloquente»: «L’ideologia domina la ricerca negli Stati Uniti d’America in modo più pervasivo di quanto non fosse al culmine dell’Unione Sovietica».

È quella, infatti, l’origine di tutto: la denuncia della genetica, della relatività einsteiniana, della fisica quantistica – tutto quel patetico e grottesco Materialismo ed empiriocriticismo leninista. Abiura della conoscenza scientifica e campi di rieducazione per chi sgarra sostenendo, per citare di nuovo Orwell, che due più due fa quattro: questo il contributo del totalitarismo comunista al quadro storico dei progressi dello spirito umano. A ruota del comunismo, consumata la sua parabola nell’Est europeo, sono venute le sue caricature: le ideologie sessantottesche, e in particolare la cosiddetta «French Theory» (Foucault, Delezue, Derrida) con le sue arroganti e arbitrarie predicazioni «decostruttiviste»: marxismo stracotto e redivivo, filosofumi fantasy, l’esatto contrario dell’illuminismo dei philosophe.
«Niente è impossibile, dicono i Beria della reinvenzione del mondo, i Lysenko del trasformismo integrale, i commissari politici incaricati di favorire il gender fin nel cuore della Commissione europea e degli organismi culturali internazionali, contro i quali pochi hanno il coraggio di protestare», scrive Meotti. «Sottolineare, come ha fatto J.K. Rowling, l’autrice del serial di Harry Potter, che una donna che non ha le mestruazioni non è una vera donna significa condannarsi alle fiamme. Marguerite Duras, che senza ostilità disse che la sessualità omosessuale equivaleva unicamente alla masturbazione perché priva della possibilità di procreare, oggi sarebbe condannata alla gogna o alla cancellazione». E ancora: «Secondo l’American Psychological Association, l’espressione “sesso alla nascita” è ora considerata denigratoria. Il National Institutes of Health e la Harvard Medical School hanno abolito il sesso biologico e abbracciato l’identità di genere. Studiosi di Harvard, Princeton e dell’University of California hanno stilato un elenco di ventiquattro termini dannosi che includono uomo, donna, madre, padre».
È quel che Augusto Del Noce, come ricorda ancora Meotti, chiamava «nichilismo gaio», caramellato, dolciastro, in contrapposizione al «nichilismo tragico» delle camere a gas e delle esecuzioni, oggi anche degli stupri, dei bambini decapitati, dei cadaveri oltraggiati. Tra i due nichilismi (a dimostrazione che persino la «French Theory», beffandosi delle differenze, qualche volta ha ragione) ogni differenza più che sottile è solo presunta: entrambi puntano a esiti catastrofici.
Meotti racconta che «nella primavera del 2021, quando i talebani avevano già iniziato la loro lunga marcia verso Kabul, poi caduta in poche ore, l’amministrazione Biden era impegnata a promuovere un memorandum presidenziale: “Tutti i dipartimenti e le agenzie del governo degli Stati Uniti impegnati all’estero garantiranno che la diplomazia e l’assistenza estera promuovano e proteggano i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali (Lgbtqi+) in tutto il mondo”». In Afghanistan, negli anni precedenti, erano stati spesi 787 milioni di dollari per trasformare il paese più islamista del pianeta nell’«Olanda dell’Indu Kush» finanziando «programmi “di genere”, sebbene in Pastho e in Dari non esista neanche la parola “genere”».