Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  novembre 06 Lunedì calendario

Mamma Africa domina la corsa del mondo tra dolori e speranze

 Fuga solitaria a New York. Si va veloci anche qui, nessuno guarda più il panorama. E soprattutto on the road si guadagna di più che on the track. Per un pugno di 100 mila dollari, più altri 50 mila per il record della gara. Ecco perché sempre più gli specialisti della pista cercano (e trovano) un futuro sulla strada. Il track dà la gloria, the road i soldi. In più le superscarpe hanno portato anche nei contratti l’attenzione al cronometro. Vince un papà di 32 anni che scappa via e arriva con due minuti di vantaggio sugli altri, margine record a New York. E una mamma che ne avrà 34 anni il 13 dicembre, ma qui in America interessa che sia nata lo stesso giorno della cantante Taylor Swift.
L’etiope Tamirat Tola sul traguardo a Central Park arriva solo e molto provato con il nuovo record della gara, in 2h04’58”, che migliora di otto secondi dopo dodici anni il 2h05’06” del keniano Geoffrey Mutai. «È il mio primo successo in tre partecipazioni, le altre volte ero arrivato quarto. È un percorso molto duro, ma sono felice». Correre per lui è un affare di famiglia, sia la moglie che il fratellino Abdisa praticano le lunghe distanze. Per l’Etiopia è la terza vittoria. È sempre la loro Africa nell’edizione 52 della maratona più internazionale del mondo e che per fortuna evita l’incidente mortale quando un bus al 5° km irrompe da una traversa su un gruppo di corridori («Sono passati con il rosso», si è giustificato il guidatore). Secondoil keniano Korir (vincitore nel 2021) e terzo l’etiope Kitata. Italians do it betterqui non funziona. Settimo posto per l’azzurro, l’ingegnere Iliass Aouani (2h10’54”), 28 anni, che ha studiato in Usa, e che ha recuperato nell’ultima parte della gara dopo una flessione. Bravo a non mollare. Viene da un infortunio, ha un nuovo coach, e per lui alla quarta maratona è il miglior risultato della carriera.
Tra le donne successo per la keniana Hellen Obiri (2h27’23”) che ha una corsa scomposta ma efficace davanti all’etiope Gidey e all’altra keniana Lokedi che vinse l’anno scorso. Che gli volete dire al popolo dell’altopiano? Il Kenya ha piazzato sei tra le prime sette classificate e nelle donne trionfa da cinque edizioni. Obiri anche lei viene dalla pista («È il segreto della mia velocità»), ha esordito qui l’anno scorso (sesta), e quest’anno ha vinto Boston e New York, unica a riuscirci nella stessastagione. Appartiene alla tribù Kisii, è cresciuta in una fattoria, ma si è trasferita con il marito Tom e la figlia Tania di otto anni a Boulder in Colorado, che è un po’ il Kenya a stelle e strisce, tranne che nel meteo.«Dobbiamo abituarci al freddo». Le migliori tra le americane sono state due altre mamme: Kellyn Taylor, 37 anni, ottava e Molly Huddle, 39, nona. Taylor ancora allatta al seno Keagan che ha 10 mesi, ha un’altra figlia, Kylyn, di 13 anni e in più con il marito ha adottato altri bimbi. Anche lei è tornata a correre presto dopo la maternità, Obiri sette mesi dopo il cesareo era già in pista. Mentre Huddle ha avuto problemi, una frattura da stress femorale a marzo, dopo aver partorito Josephine che ha un anno e mezzo. Ma se le neomamme oggi possono correre senza dover rinunciare alla loro attività è perché l’organizzazione ha installato stazioni dove poter allattare e perché la maternità non è più vista come un impedimento. «Se si vuole che le donne tornino a lavorare e a prosperare nelle loro carriere, questi spazi devono essere disponibili non solo nella maratona, ma ovunque nel mondo». Fenomenale lo svizzero paralimpico Marcel Hug che con New York ha vinto in carrozzina (wheelchair) tutte le sei Majors dell’anno, l’equivalente del Grande Slam del tennis e che si porta a casa solo 35 mila dollari avendo mancato per 3” il suo record (sarebbero stati altri 50 mila). Ha 37 anni, è nato con la spina bifida, lo chiamano il proiettile d’argento perché indossa un casco di quel colore. La sua connazionale Catherine Debrunner, tumore alla colonna vertebrale, ha vinto la gara femminile. Sono entrambi professionisti e interessati ad andare veloci, non alla pietà.
Correre a New York si riconferma il miglior rimedio per provare ad allontanare i traumi e per urlare «I will survive». Sulla strada che porta a Central Park scorrono i dolori dell’America e del resto del mondo. Alice Yu di New Hyde Park, sopravvissuta all’11 settembre precipitandosiper 71 rampe di scale nella Torre 2 del World Trade Center, ha creduto che quel giorno le sia stata data una seconda possibilità. Così è diventata una runner. L’ucraino Roman Kashpur nel 2019 ha perso una gamba su una mina, quando è scoppiata la guerra nel suo p aese è tornato in prima linea per addestrare le truppe. Ha corso per un ente di beneficenza che sostiene i militari ucraini feriti. Jamie Citron, originaria di Highland Park, Illinois, era al via per la sua famiglia scampata alla sparatoria di massa della parata del Giorno dell’Indipendenza del 2022 e per far vedere a sua nipote che si può restare positivi. Brock Polnaszek di Warren, Rhode Island, soffre dall’età di 3 anni di artrite reumatoide e un medico gli aveva detto di scordarsi la maratona. È diventato dottore e ha tagliato il traguardo con la Arthritis Foundation. Scappate sempre da chi vi dice di non correre.