Corriere della Sera, 6 novembre 2023
Ma in Cisgiordania Abbas è debole e ha le mani legate
RAMALLAH Ben pochi in Cisgiordania credono che Mahmoud Abbas debba accettare di governare la Gaza del dopo-Hamas. Anche i più ottimisti non possono dimenticare la guerra civile interna, i militanti del Fatah gettati dai tetti dei palazzi alti della Striscia nel 2007, il fatto che Hamas approfittò dell’invasione di terra israeliana due anni dopo per arrestare e assassinare gli oppositori. «Se Abbas accettasse le proposte di Israele e Stati Uniti, sarebbe un uomo morto. Già lo considerano corrotto, così diventerebbe un traditore», è il parere più diffuso. Tra i vecchi compagni di Arafat regna la paura. L’università di Bir Zeit, tradizionale roccaforte di Fatah, non vuole giornalisti stranieri. Le elezioni studentesche da tempo sono vinte dalle liste di Hamas. «Abbas non indice più elezioni dal 2006, quando a Gaza vinse Hamas, perché sa che adesso trionferebbe anche qui», ci dice un giornalista locale che chiede l’anonimato. Il Media Center guidato da Ghassan Khatib, ex ministro dell’Autonomia palestinese, ha condotto un sondaggio: il 53% dei quasi 3 milioni di abitanti della Cisgiordania oggi non esprime preferenze, anche se lui teme che molti non vogliano palesare simpatie per Hamas. Sul restante 47%: 18,7 per Hamas, 7 per Fatah, 2 per la Jihad e 3 per le vecchie organizzazioni della guerriglia laica come il Fronte della Liberazione della Palestina. Commenta Khatib: «Più Israele bombarderà Gaza e più la Cisgiordania sosterrà Hamas. Per ora non vedo alcuna soluzione politica. Occorre che gli americani blocchino subito le violenze dei coloni ebrei».