Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  novembre 05 Domenica calendario

“Soffocò i due neonati a distanza di un anno” Arrestata 27enne per la morte dei figli

PEDRENGO – Prima Alice, quattro mesi. Due anni fa nessuno aveva avanzato dubbi che fosse rimasta soffocata da un rigurgito. Poi però morì anche Mattia, che di mesi ne aveva solo due. E due morti in culla, a distanza di un anno, nella stessa famiglia, e sempre quando la madre era da sola in casa, sono diventate più che sospette.
Così, il 25 ottobre dell’anno scorso, quando alle 9 di mattina la madre chiamò i soccorsi per quel neonato che stringeva al petto e non respirava più, i carabinieri sono voluti andare a fondo. L’autopsia sui duecorpi, le indagini di mesi, alcune incongruenze della donna, hanno fatto emergere l’altra verità. Ed è con l’accusa di duplice omicidio volontario che ieri mattina i carabinieri su ordine del gip di Bergamo hanno arrestato a Pedrengo Monia Bortolotti, 27 anni. Ritenuta colpevole di un doppio infanticidio. Il movente sarebbe legato alla sua insofferenza per il pianto dei due neonati.
La morte di Alice, il 15 novembre 2021, era stata definita una “morte in culla”: il medico intervenuto su richiesta della donna aveva trovato tracce di latte nella trachea e allora non c’era motivo di pensare che non si trattasse di una tragedia. Ma la stessa sorte capitata anche al fratellino, un anno dopo, nella casa dove Monia viveva da quattro anni col compagno Cristian ha fatto scattare le indagini dei carabinieri di Bergamo guidati dal maggiore Carmelo Beringheli. E l’autopsia sul corpo di Mattia, a fine febbraio, ha confermato i sospetti.
La donna aveva ancora il figlio in braccio quando sono arrivati i soccorsi quella mattina. «Non l’ho mai lasciato, è sempre stato qui con me» aveva detto ai militari. Il medico legale però ha stabilito dopo alcune settimane che la morte sarebbe stata «causata inequivocabilmente da un’asfissia meccanica acuta da compressione del torace». Il piccolo insomma, secondo gli investigatori, sarebbe morto schiacciato in un «abbraccio mortale» della madre.
A quel punto la procura ha disposto l’autopsia anche sul corpo della sorellina, riesumato dal cimitero. Ma il corpo non era più in condizioni tali da fornire elementi risolutivi per le indagini. Sono le dichiarazioni discordanti della donna su quel tardo pomeriggio a casa da sola che non hanno convinto i militari. La bambina, sebbene nata prematura e sottopeso, quando fu dimessa era risultata sana, come il fratello. Alla fine, dopo aver raccolto numerosi riscontri, gli inquirenti hanno ipotizzato che anche Alice era morta non per cause naturali, ma per asfissia. Come avvenuto un anno dopo con Mattia, la madre lo avrebbe soffocato in «un abbraccio che l’ha portato alla morte».
I carabinieri della sezione operativa della compagnia di Bergamo hanno iniziato a sentire anche parenti, medici, amici, il marito. E la donna stessa. Un’indagine di mesi che ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a suo carico. Monia Bortolotti, indiana di origini, adottata quando aveva un anno da una famiglia bergamasca, secondo i primi riscontri non soffrirebbe di una patologia psichica. Per gli inquirenti avrebbe agito «nella piena capacità di intendere e di volere, apparendo lucida, ben orientata, con grande capacità di linguaggio, razionalizzazione e freddezza, caratteristiche palesate, tra l’altro, nell’organizzazione della propria difesa, dopo aver scoperto di essere sospettata dei due infanticidi».