La Stampa, 5 novembre 2023
Ritratto di Marina Cicogna
Se la vecchiaia è solo uno stato d’animo, come disse una volta, allora Marina Cicogna in quella dimensione è come se non ci fosse mai entrata. Nemmeno nell’ultimo tempo della sua vita afflitto dalla malattia. Nel suo appartamento romano oggetti che parlavano di lei, di quello che è sempre stata, una ragazza dell’élite internazionale. Ma niente nostalgia.Il nonno materno era Giuseppe Volpi, poi conte di Misurata, imprenditore, senatore e membro del Gran Consiglio del Fascismo, inventore della Biennale di Venezia, governatore della Tripolitania. Per tutta la vita lei ha cercato di apparire il meno possibile, non le piaceva che la si raccontasse. E così alla fine è stata lei a farlo con il libro Ancora spero (Marsilio), uscito a maggio e il documentario Marina Cicogna. La vita e tutto il resto scritto da Alejandro de La Fuente e Elena Stancanelli. Il Cinema è stata la sua passione – «da ragazzina mi sedevo in sala a Venezia e vedevo tre film di seguito» – e anche la consacrazione quando come produttrice portò a casa un Oscar per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, nel 1971.È stata «una delle donne più potenti del cinema europeo», secondo il New York Times con la Euro International Films, Marina Cicogna sceglieva i film da distribuire in Italia. Tanti capolavori tra cui L’uomo del banco dei pegni (1964) di Sydney Lumet e Bella di giorno (1967) di Luis Buñuel. Con Metti, una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi inizia a produrre. Da Teorema a Medea di Pier Paolo Pasolini, La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, Uomini contro di Francesco Rosi, Mimì metallurgico ferito nell’onore e Film d’amore e d’anarchia di Lina Wertmuller a Fratello sole, sorella luna di Franco Zeffirelli a C’era una volta il West di Sergio Leone. Ma l’Italia non è stata generosa con lei, almeno con i riconoscimenti. In zona Cesarini è arrivato a maggio scorso il David di Donatello alla carriera.Alla fotografia, altra sua grande passione –«è anch’essa una forma di cinema», diceva – ha dedicato due libri, uno dei quali sulla Libia dove suo nonno Giuseppe Volpi, nel 1921 fu mandato come governatore. Quando 4 anni dopo, fu richiamato in patria come ministro degli Esteri acquistò una casa settecentesca in stile arabo. Sfogliando il libro si trovano Luchino Visconti, Henry Fonda ma anche Giorgio Bassani, Jeanne Moreau e Pierre Cardin a bordo piscina, e Helmut Berger, Ljuba Rizzoli e Florinda Bolkan, l’attrice che sarebbe diventata la sua compagna. Cecil Beaton con sua madre Annamaria Cicogna, è ritratto a Leptis Magna, il sito archeologico che il governatore Volpi aveva fatto scavare. «In quella casa andavo in due periodi dell’anno, primavera e autunno. Erano gli ultimi anni prima che cambiassero tante cose in modo violento. Era una Libia addirittura magica», raccontò in una intervista.Un mondo che non c’è più, quello evocato da Marina Cicogna, donna solida e nello stesso tempo imprendibile, di cui conserviamo fascino, glamour, magia. Una vita fatta di scelte, di ribellione, di arroganza, anche. Lo chic era interiorizzato, un profumo che rimaneva addosso a chi come lei, dalla nascita, era predestinata al privilegio. Ma senza essere immune dal dolore, il più grande la perdita di suo fratello Ascanio, detto Bino, produttore anche lui, morto suicida.Due le città che ha amato: Venezia e Roma. «A Venezia si andava al mare, al cinema e ai balli». E poi c’è stata Roma perché «all’epoca si nasceva nella casa dove era nata stata allevata tua madre». Ossia Palazzo Volpi, a via del Quirinale. «Ogni volta che volevo venire via da Roma, c’era qualcuno che mi offriva un incarico che mi interessava e sono sempre tornata finché l’ultima volta ho deciso che sono una persona del Nord e ho provato a vivere vicino a Modena, dove viveva Benedetta, mami sono resa conto che la luce di Roma per me è insostituibile». Benedetta, ossia la compagna di 20 anni più giovane, adottata negli ultimi anni. Un grande amore come lo era stata l’attrice brasiliana Florinda Bolkan. Marina Cicogna non aveva problemi a raccontare le sue scelte: «Non avevo convinzioni precise sulle scelte sessuali, ho sempre creduto nell’incontro tra le persone. Ho vissuto semplicemente come volevo vivere. Non mi piacciono le ghettizzazioni, ma neanche gli esibizionismi. Allo stesso modo non bisogna avere paure. E forse io e Florinda siamo state tra le prime a non avere paura». —