La Stampa, 5 novembre 2023
Perché Tolkien non è di destra
John Ronald Reuel Tolkien, ovvero una sorta di passepartout per una destra che ancora non ha trovato la sua strada tra conservatorismo, populismo, autoritarismo, tradizionalismo e quant’altro. La giovanissima Giorgia Meloni, innamorata de Il signore degli anelli, opera-culto dell’autore di cui quest’anno ricorrono i 50 anni dalla morte, frequentava i campi hobbit certa di aver incontrato nei testi dello scrittore di saghe una mitologia postfascista, una nuova visione del mondo fatta di lotte, di valori autentici e di lealtà. Adesso però, arrivata al potere, in questo narratore la premier scopre molto di più: un grimaldello per scardinare la cosiddetta egemonia culturale della sinistra e al contempo per fornire una bussola a una destra in cui convivono tante anime, spesso litigiose. A rilanciare il romanziere come venerato maestro della nuova destra darà un contributo fondamentale la mostra che verrà inaugurata dalla presidente del Consiglio e dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, il 15 novembre.La Galleria nazionale d’arte moderna di Roma ospiterà circa centocinquanta opere, tra foto, documenti, filmati, serie tv e libri. Meloni e Sangiuliano hanno un preciso obiettivo: quello di far uscire Tolkien dal “recinto” degli scrittori fantasy o dei bestselleristi (il suo Signore degli anelli ha venduto oltre 150 milioni di copie) e presentarlo come il conservatore per eccellenza, lo scrittore-modello per la nuova destra di lotta e di governo impegnata a offrire inediti esempi all’immaginario degli italiani attraverso scuola, cinema, arte ed editoria.Il creatore della Contea è però approdato nel Pantheon degli autori di destra dopo un lungo viaggio e tante interpretazioni. Uno, dieci, cento Tolkien, potremmo dire, perché dall’intellighentia conservatrice vengono affibbiati al romanziere ruoli sempre differenti per via della molteplice e fumosa iconografia del Signore degli anelli. Ad esempio Jamie Mackay sul Guardian ha rilevato come Tolkien e le sue saghe «si inseriscano molto bene nella logica del populismo di destra contemporaneo». Alla fine degli anni ’70 invece Tolkien indossava i panni, per così dire, del capellone: era stato adottato dagli hippy e dalla cultura freak anglosassone che vedeva in lui il nume tutelare del mondo rurale, dei contadini, della semplicità e della quiete di una terra abitata dagli hobbit, definiti dall’autore stesso «dolci come il miele e resistenti come le radici di alberi secolari».Gli hippies inglesi e americani si appuntavano sulle camicie fiorate distintivi con scritto «Frodo vive» e arredavano gli appartamenti con le mappe della Terra di mezzo. Non a caso Rusconi, editore italiano di stampo conservatore, su una ristampa del 1977 del Signore degli anelli appose una fascetta con la dicitura «la Bibbia degli hippies».Una sorte ben diversa aspettava invece Tolkien in Italia: divenne l’eroe dei Calimero missini che il politologo Marco Tarchi voleva far uscire dalla marginalità e che stimolava a compulsare il Signore degli anelli come «il breviario dei ribelli, dei disperati, degli emarginati». Tarchi, con Umberto Croppi, diede vita ai primi campi hobbit e portò i giovani del Msi a liberarsi dal complesso del pulcino nero.Ancora differente la lettura di Meloni che nel suo autore prediletto vide il mago-creatore di un messaggio anticapitalista per combattere contro «quel nemico subdolo che Tolkien chiamerebbe l’anello del potere». Eccolo, dunque, Tolkien-Vate della gente semplice, dei mercati rionali e delle borgate che la politica, secondo Meloni, non avrebbe mai dovuto tradire alleandosi con le banche, con la finanza e con il potere.Sangiuliano da ultimo ha ridisegnato un ruolo ancora nuovo per Tolkien attingendo le sue idee da Alain de Benoist, guru della Nouvelle Droite. Il pensatore d’Oltralpe, in dialogo con il capo del dicastero della Cultura, ha visto in Tolkien un punto di riferimento per la destra italiana che, secondo lui, «è multiforme e su molti temi divisa in modo netto al suo interno».«Le radici profonde non gelano» teorizza Tolkien e questa frase celebrata da tutti i militanti di Fratelli d’Italia è il viatico per una nuova cultura la cui unica cosa certa è che non è di sinistra. Ma per il resto è molto eclettica. L’ideologia-simbologia di Tolkien è così ricca e sfaccettata che va bene come collante della nuova destra in cui confluiscono anti-illuminismo, populismo, anticapitalismo e, ça va sans dire, un pizzico di nostalgia per il fascismo.Insomma una gran confusione e tanta ambiguità, come quelle che traspaiono dalle migliaia di pagine dell’autore britannico. Ironia della sorte, la mostra a lui dedicata si terrà in un museo d’arte moderna, non di arte popolare. Prendiamolo come un segnale, lasciamo Tolkien nel “recinto” di bestsellerista, apprezzato da bambini e adulti, non plasmiamolo come un novello Antonio Gramsci di stampo reazionario. La cultura di destra per il momento è ancora in cerca di autore. —