ItaliaOggi, 4 novembre 2023
Giorcare alla Shoah. La caccia all’ebreo comincia sul pc
Non mi sono mai seduto al computer per passare il tempo con un videogioco. Capisco che possa essere divertente disputare una partita di calcio e far vincere ai miei rosanero la Coppa dei Campioni, combattere di nuovo a Waterloo per dimostrare di essere più bravo di Napoleone, o dare scacco matto a Spassky, il genio degli scacchi, ma mi sembrerebbe di barare in un solitario.
Sarò antiquato, e mi chiedo: che gusto c’è?
Ora posso giocare alla Shoah, scegliere la parte della SS che dà la caccia agli ebrei per sterminarli ad Auschwitz, o quella della vittima che cerca di sfuggire allo sterminio. C’è il boom dei videogiochi nazisti, prodotti in Germania e altrove. Alcuni sono espliciti nei riferimenti storici, altri cercano di mascherare i simboli, ma il richiamo al nazismo rimane evidente.
My memory of us è stato prodotto in Polonia nel 2018, e continua a essere venduto. Un bambino e una bambina girano spensierati per una città, giocano, mangiano una mela, finché giungono i robotermonster che li chiudono nel lager. Riuscirò, stando dalla parte dei piccoli, a sfuggire alla morte?
PUBBLICITÀIl gioco allude alla dominazione tedesca in Polonia. Si gioca al III Reich, ma a Varsavia quanti ricordano che gli ebrei furono trucidati anche dai polacchi rischiano di finire in carcere. La storia va cancellata.
I crimini nazisti nei giochi digitali per decenni erano un tabù, ora non si hanno scrupoli, ha scritto Der Spiegel. «Non solo si può, si deve», ha commentato la storica Tabea Widmann, con l’alibi di rivivere la storia, di non dimenticare gli orrori del recente passato, in realtà si dimentica il messaggio «Nie wieder», mai più. Se continuo a giocare, si banalizza il nazismo. Un pericolo per gli adolescenti: al computer tutto diventa uguale, la lotta contro i mostri, o gli extraterrestri, e il nemico con la svastica. Si uccide per non venire uccisi, e i cattivi diventano più affascinanti. Tabea Widmann guida un progetto presso la Stiftung Spielekultur, la fondazione per la cultura del gioco, su come si possa stimolare, attraverso i media, lo studio della storia.
Uno dei collaboratori, Christian Ubertus guida l’iniziativa «Ricordare con i giochi». I videogames possono sostituire i libri di storia? «Certamente no», ha dichiarato, «possono dare nuovi stimoli per studiare e confrontarsi con il passato».«Rimango scettica», ha scritto la collega Katja Iken, 53 anni, sullo Spiegel. Sono convinta fermamente che non si debba giocare all’Olocausto». I bambini e gli adolescenti non dovrebbero essere lasciati liberi di confrontarsi con il nazismo e i campi di sterminio, senza una guida. «Nei giochi alla fine tutto si riduce a chi vince», ha concluso.
In un altro gioco, Trough the Darkest of Times, del 2020, attraverso i tempi più oscuri, si evoca la lotta contro il nazismo a Berlino durante il III Reich. Si può creare un avatar, un nostro doppio online, per opporsi a Hitler, si crea un gruppo di resistenti, e si cerca di sfuggire alla Gestapo. Secondo la nostra abilità, guadagniamo punti, o ci vengono tolti.
Nel 2018, la socialdemocratica Franziska Giffey, all’epoca ministra della famiglia, fu categorica, niente affatto tollerante: «Mit Hakenkreuzen spielt man nicht», con la croce uncinata non si gioca.
La portavoce Elisabeth Winkelmeier-Becker della frazione cristianodemocratica al Bundestag commentò: «I videogiochi non sono adatti per confrontarsi con gli orrori del nazismo, e rievocare le sofferenze delle vittime». Naturalmente, Jörg Friedrich, uno degli autori di «Attraverso i tempi più oscuri», è di parere contrario: «Siamo nel XXI secolo, i giochi fanno parte della nostra cultura, servono a studiare il passato».
Oggi, sei tedeschi su dieci giocano al computer, oltre 36 milioni a partire dai sei anni. Molti giochi sono ispirati alla seconda guerra mondiale, si combatte contro i tedeschi o dalla loro parte, ma non si pongono domande morali. Vince chi usa meglio panzer e divisioni. Pur se non esplicitamente antisemitici, gli ideatori evitano di evocare la Shoah, e i campi di sterminio. Ubertus ha ammonito: «Non dobbiamo lasciare l’enorme potenziale dei giochi digitali in mano ai reazionari antidemocratici».