La Stampa, 4 novembre 2023
La disfida del gianduiotto
Se scarti un gianduiotto ti accorgi subito che emana profumo di nocciola e quella nocciola così intensa è solo la Igp Piemonte. Poi in bocca diventa velluto, è cremoso, si scioglie lentamente. Lentamente sulla lingua ti fa sentire tutti gli aromi della nocciola, il cacao è delicato e mai aggressivo. Così Guido Gobino, uno degli artisti del cioccolato torinese, spiega che cosa succede quando si assaggia un gianduiotto: «Il gusto che domina è quello della nocciola Igp Piemonte. Lo rende unico».Questa unicità a Torino vogliono farla diventare un’Igp (indicazione geografica protetta), ovvero una certificazione che identifica un prodotto originario di un luogo, di una regione o di un territorio: un prodotto, il gianduiotto appunto, che in quell’area geografica viene prodotto con precise caratteristiche, in questo caso tre soli ingredienti, e cioè la Nocciola Igp Piemonte, il cacao e lo zucchero.Il viaggio verso la conquista della certificazione è cominciato nel 2017, e lungo la strada hanno aderito almeno una trentina di aziende tra grandi realtà e piccoli artigiani. Quasi tutti i produttori di questo cioccolatino capace di generare un indotto di circa 200 milioni, più o meno direttamente, sostengono la proposta del «gianduiotto di Torino».A mettersi di traverso è la multinazionale svizzera Lindt, contraria a una percentuale di Nocciola Piemonte Igp almeno del 30% e ancora più contraria al fatto che il disciplinare non prevede l’utilizzo del latte. La Lindt può opporsi in quanto produttrice di gianduiotti e quindi con un interesse diretto per la procedura. Ma l’opposizione di Lindt ha un significato molto particolare. Infatti la multinazionale dice no al disciplinare con uno dei suoi marchi più famosi: Caffarel. Un’azienda torinese, ma soprattutto il marchio fondato nel 1826 da Pier Paul Caffarel, un pasticciere di Luserna San Giovanni nel Pinerolese. Il signor Caffarel è quello che il gianduiotto lo ha inventato, il papà di quella ricetta che oggi il comitato promotore dell’Igp difende. Un corto circuito frutto della globalizzazione e delle lungimiranti operazioni delle multinazionali, perché Lindt ha salvato Caffarel da una morte molto probabile e ora sa di poter dire la sua, e con forza, sul tema. Tutto è pronto per diventare una dolcissima e lunghissima battaglia legale da combattere in sede di Unione Europea. L’avvocato torinese Antonio Borra, paladino del comitato, cerca di smorzare i toni: «Noi non abbiamo nulla contro Caffarel e non vogliamo danneggiare nessuno. Questo disciplinare è quello del gianduiotto nella sua ricetta originaria, vogliamo valorizzare il gianduiotto piemontese ma se ne avvantaggeranno tutti. E soprattutto Caffarel continuerà a produrre il suo, non potrà solo chiamarlo Gianduiotto Igp Torino».Però è chiaro a chiunque che la certificazione creerà una serie A e una serie B della qualità, una scelta destinata ad avere ricadute sul prezzo e sui consumi. Se arriverà il sì all’Igp, si certificherà che c’è un gianduiotto tradizionale regolato da un disciplinare in opposizione a un prodotto sicuramente buono, ma non certificato. E il pubblico gourmet ama le certificazioni e infatti tanti marchi importanti come Domori o Baratti hanno detto sì a questa sfida che ha tra i più caldi promotori il pasticciere Guido Castagna. «Il gianduiotto sarebbe l’unica Igp che contiene un’altra Igp – aggiunge Guido Gobino-, quella della Nocciola Piemonte controllata e garantita, materia prima regina del gianduiotto. È un prodotto unico al mondo, anche i francesi riconoscono il suo valore, e l’elemento chiave dell’Ipg sarà l’assenza di latte in polvere. Ma io li faccio con latte e senza latte e quelli con il latte possono essere sempre chiamati gianduiotti ma non saranno Igp. Quindi Caffarel ci lasci fare la nostra strada».Anche un altro marchio storico del cioccolato torinese, Peyrano, non ha dubbi. «L’adozione di una certificazione Igp per il gianduiotto rappresenta un atto di fedeltà alla cucina e alla tradizione torinese – dice Alessandro Pradelli -. Perseguire una certificazione Igp è un impegno verso l’autenticità e la qualità e anche un modo per valorizzare l’eredità storica di un prodotto che è simbolo della nostra cultura enogastronomica. Questa scelta non limita gli altri produttori, al contrario eleva l’intero settore offrendo ai consumatori un prodotto di alta qualità». Il coro di sì coinvolge anche Domori con il fondatore Gianluca Franzoni, uno dei massimi esperti di cioccolato al mondo: «Sono un purista, il gianduiotto va fatto senza latte come da tradizione, non ha nessun valore aggiungere latte in polvere».Ora la battaglia sta coinvolgendo anche le istituzioni e Torino, che ha sempre una gran voglia di essere capitale di qualcosa, è pronta a scendere in campo. L’assessore al Commercio Paolo Chiavarino è scatenato: «Torino è la vera capitale del cioccolato, in questi giorni ospita migliaia di turisti per Cioccolatò e quindi l’Igp è ancora più legittima. Presto avremo anche un museo del cioccolato». Nella città dove fare brutta figura si dice «fare la figura da cioccolataio», ne vedremo delle belle. Dolcissime ovviamente. —