Corriere della Sera, 4 novembre 2023
Figli che non vogliono pagare le olgettine del padre
«In uno dei tradizionali pranzi di inizio settimana dissi a Berlusconi che c’era il Monza in vendita. Il presidente mi rispose “vai e fai”. Abbandonai gli spaghetti e chiusi l’accordo al primo incontro», raccontò anni fa Adriano Galliani, scavando nella memoria fino ai giorni del 2018 che poi portarono, in una mattinata di fine settembre, all’acquisto del Monza. Adesso Silvio Berlusconi non c’è più, Adriano Galliani è rientrato al Senato, il Monza gioca stabilmente nella massima serie; ma i suoi tifosi trattengono il fiato, al pari degli elettori di Forza Italia o degli inquilini più o meno celebri di alcune residenze berlusconiane, per l’aria da «grandi dismissioni» che si respira all’interno dell’impero del Cavaliere, in cui i cespiti non ritenuti produttivi dagli eredi vengono messi prima in discussione, poi direttamente sul mercato.
È il grande calderone delle «varie ed eventuali», annaffiato da Berlusconi accanto agli asset principali della mastodontica proprietà, e quindi alle tv, all’editoria, alle partecipazioni bancarie: ci sono decine di immobili, migliaia di quadri, il partito esposto finanziariamente con la famiglia (il disavanzo patrimoniale fotografato al 2022 è stato di quasi 100 milioni), la squadra di calcio, la conduzione di programmi tv affidata a Barbara D’Urso o Belén Rodríguez, con un indotto che interessa centinaia, se non migliaia, di terzi. Tra questi, anche le venti ragazze che sfilarono tra le pagine dell’inchiesta e poi ai processi Ruby, che ricevevano regolarmente un assegno di 2.500 euro mensili da Berlusconi; oltre, in certi casi, a un alloggio. Assegni e alloggi azzerati dagli eredi, che hanno comunicato «l’estinzione in conseguenza del decesso» di contratti in comodato d’uso gratuito degli appartamenti. Come quello di Barbara Guerra, che al pari di Alessandra Sorcinelli andò a vivere nelle due ville di Bernareggio realizzate dall’architetto Mario Botta, acquistate dal Cavaliere per un totale di 1,6 milioni di euro.
«Silvio Berlusconi la casa me l’ha donata, e ci vivo ancora. Me l’ha regalata, perché dovrei lasciarla?», ha dichiarato all’agenzia LaPresse Guerra, spiegando di non ricevere più l’assegno da 2.500 euro dal 2013. I suoi legali, in un comunicato stampa, hanno allegato il passaggio di un dialogo tra il Cavaliere e la ragazza, da cui evincono che «il titolo abitativo deriva dalla precisa volontà del dottor Berlusconi di donare alla signorina Guerra la proprietà dell’immobile in virtù della loro lunga e affettuosa frequentazione». Le parole di Berlusconi? «Primo impegno mio, domani informo i proprietari della casa e ti facciamo subito avere un contratto di comodato. Sai cos’è? È la dazione gratuita di una casa», aveva scandito segnalando che l’intestazione dell’immobile non era possibile «perché è corruzione». Marysthell Polanco, imputata poi assolta nel Ruby-ter, in attesa dell’esito del ricorso in Cassazione dei pm di Milano, ammette di aver ricevuto «l’assegno di 2.500 euro al mese» ma ha precisato che «dalla famiglia Berlusconi non mi è arrivata nessuna comunicazione, nessuna lettera».
L’epoca delle grandi dismissioni è solo all’inizio. Tutto quello che costa e non rende potrebbe essere sacrificato. Dalle case, quelle amministrate sotto l’ombrello dell’immobiliare Idra, che hanno costi di gestione di circa 24 milioni di euro; ai quadri, col mitologico hangar di Arcore, quello che contiene le decine di migliaia di opere rilevate alle televendite, che brucia ottocentomila euro l’anno, mille volte il valore di acquisto medio di ogni singola tela. Certo, alcuni sogni particolarmente dispendiosi erano già sfumati quando il Cavaliere era ancora vivo, come dimostrò la messa in vendita di Villa Gernetto, che doveva ospitare l’Università della Libertà. Ora tocca al resto, senza nessuna certezza su quello che rimarrà o sarà ceduto. I quadri sono per ora integri, le case chissà, il Monza si vedrà. «Obbedirò alle richieste che arriveranno dai figli di Silvio», ha detto Galliani. E più non dimandare.