Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  novembre 04 Sabato calendario

Domande e risposte sul maltempo che ha colpito la Toscana


1 Come si è formato il ciclone Ciaran?
«È una tempesta atlantica extratropicale, frequente alle nostre latitudini tra la tarda estate e l’autunno. L’origine è sempre sull’oceano, ma rispetto ai cicloni tropicali la zona di formazione e la dinamica sono differenti, anche le traiettorie sono diverse. Semplificando un po’, Ciaran si può associare a un’oscillazione della corrente a getto nordatlantica».
2 Perché ha investito anche l’Italia? Le Alpi in questo caso non ci hanno protetto come spesso avviene con le tempeste in arrivo dall’Atlantico?
«Ciaran è esteso come mezzo continente. Con cicloni così ampi anche la barriera orografica viene scavalcata e aggirata. Anzi, in casi come questo può essere un’aggravante perché può far aumentare i flussi di aria calda da Sud, come è avvenuto con i venti di libeccio e scirocco che determinano un aumento delle precipitazioni. Aggirando le Alpi da Sud-Ovest, le prime regioni che incontra sono quelle tirreniche settentrionali: Toscana e Liguria».
3 Non solo c’è stata tanta pioggia, anche i venti sono stati impetuosi.
«Più è bassa la pressione nel cuore del sistema ciclonico, maggiore è l’intensità dei venti: sono collegati».
4 Intorno alle isole britanniche c’è stata una pressione minima di 953,3 millibar. È record per un ciclone extratropicale?
«Di certo è un minimo di pressione tra i più bassi. Questi primati hanno importanza relativa perché ogni ciclone fa storia a sé e i danni prodotti sulla terraferma dipendono da molti fattori. Per esempio rispetto alla tempesta Vaia del 2018, pur se ci sono stati aspetti simili, la quantità di pioggia caduta, l’intensità del vento e la traiettoria sono state abbastanza diverse».
5 C’è una similitudine con il 4 novembre 1966 con l’alluvione di Firenze e l’acqua alta da record a Venezia?
Le previsioni
Probabili altri impulsi
di maltempo, forse ancora per 2-3 settimane, difficile dire
di quale intensità
«Quello del 1966 e Ciaran sono perturbazioni molto estese di tipo analogo. La differenza è che ora le temperature, e quindi le energie in gioco, sono molto più alte».
6 Ciaran era prevedibile?
«I modelli meteorologici l’hanno inquadrata molto bene e sono state emesse le allerte. I fenomeni su grande scala sono meglio prevedibili. Ciaran è stato ampiamente previsto nei giorni precedenti sia come traiettoria che come intensità. Invece è molto più difficile prevedere fenomeni limitati, ma molto distruttivi, come i forti temporali estivi».
7 L’attuale tempesta è collegabile ai cambiamenti climatici?
«Il Nord Atlantico nel 2023 ha registrato un riscaldamento significativo, che ha di gran lunga superato sia le medie trentennali che il primato precedente che risaliva solo all’anno scorso. Tempeste simili a Ciaran ci sono sempre state, ma abbiamo visto che i cambiamenti climatici le stanno rendendo più intense. Molti fenomeni meteorologici negli ultimi tempi sono stati amplificati. Occorrerà capire se le infrastrutture sono ancora adeguate per resistere a impatti di questo tipo».
8 Per quanti giorni proseguirà questa fase di maltempo? Si parla di 2-3 settimane.
«Le previsioni accurate non vanno oltre i 3-5 giorni. La climatologia, però, suggerisce che sono probabili altri impulsi di maltempo, difficile ora dire di quale intensità».
9 In poco più di un anno in Italia ci sono state tre alluvioni. Fenomeni che un tempo avevano un periodo di ritorno decennale, sono sempre più frequenti. Cosa fare?
«Nel breve attrezzarsi per far fronte a eventi sempre più intensi, sul lungo termine cercare di mitigare i cambiamenti climatici».
(ha risposto Dino Zardi, professore ordinario di Fisica dell’atmosfera dell’Università di Trento)