Corriere della Sera, 4 novembre 2023
Come fu scoperto Primo Levi
Natalia Ginzburg dopo avere letto il testo di Primo Levi intitolato I sommersi e i salvati, lo trasmette, poco convinta, allo scrittore e direttore editoriale dell’Einaudi Cesare Pavese, che confonde l’opera di Levi con i numerosi dattiloscritti che in quegli anni inondano i tavoli degli editori, disorientati e poco propensi all’ascolto e alla comprensione della debordante produzione di memoria dei vari reduci di guerra, dalla quale è difficile pescare dei capolavori o dei lavori letterariamente dignitosi. Fortunatamente per Levi, un giorno sua sorella Anna Maria, che aveva militato nella Resistenza nelle formazioni di «Giustizia e Libertà», si presenta a casa di Alessandro Galante Garrone, magistrato, poi professore di storia del Risorgimento, antifascista durante il Ventennio e tra i fondatori del Partito d’Azione a Torino, con il dattiloscritto rifiutato dalla casa editrice Einaudi. A Galante Garrone basta la lettura delle prime pagine del racconto di Levi per cogliere il valore del testo, e così lo propone al raffinato intellettuale e critico letterario Franco Antonicelli che ha da poco costituito la piccola casa editrice De Silva. Antonicelli convince l’autore a mutare il titolo originario del dattiloscritto I sommersi e i salvati in Se questo è un uomo, e lo pubblica in 2.500 copie nell’ottobre del 1947, presentandolo con parole eloquenti e lungimiranti: «Un’opera eccezionale, forse la più importante del dopoguerra, a fianco del ben diverso celeberrimo Cristo si è fermato a Eboli.(…)Memoria, documentario, opera d’arte. La storia dei letterati non di professione diventa meno occasionale in Italia, Primo Levi si mette forse in testa».
Lorenzo Catania