il Fatto Quotidiano, 3 novembre 2023
Polizze catastrofi, mercato da 9 mld per le compagnie
Un mercato potenziale sino a 9 miliardi all’anno di raccolta premi. È una stima della dimensione del business della copertura obbligatoria dai rischi catastrofali per le imprese che il governo, con l’articolo 24 della manovra, apre alle compagnie assicurative – dopo anni di pressing del settore – se entro la fine dell’anno prossimo, come prevede la norma, tutte le aziende italiane si assicureranno contro sismi, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni. Un affare ingente ma assai rischioso, vista la frequenza crescente di fenomeni come inondazioni ed esondazioni che il cambiamento climatico scatena in Italia: secondo la società assicuratrice Munich Re, solo negli ultimi 10 anni in Italia i danni stimati (compresi quelli dei terremoti) ammontano a 35 miliardi di dollari. Fenomeni la cui frequenza è difficile da calcolare anche per gli attuari delle assicurazioni. Ecco perché il governo ha messo in campo bastone e carota. Il bastone è una sanzione tra 200mila e 1 milione di euro per le compagnie (non per le aziende) che rifiuteranno di offrire polizze catastrofali, magari proprio a imprese presenti nelle aree a maggior rischio sismico o idrogeologico. La carota sta nella compartecipazione pubblica ai rischi: la Sace, società partecipata dal ministero dell’Economia specializzata nel settore assicurativo-finanziario, avrà a disposizione sino a 5 miliardi l’anno per il triennio 2024-26 per condividere gli oneri in caso di disastri. La soluzione però lascia perplessi alcuni tra i principali operatori del settore, che considerano il provvedimento un pasticcio.La copertura assicurativa per le imprese sui rischi catastrofali sarà obbligatoria entro il 31 dicembre 2024. Dalle prime bozze sono state eliminate le polizze contro eruzioni e bradisismo, il fenomeno che sta preoccupando Pozzuoli e i Campi Flegrei. L’obbligo riguarda tutte le imprese con sede legale in Italia e quelle estere con stabile organizzazione e le polizze dovranno coprire i “danni alle immobilizzazioni materiali direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale”. Con questa mossa, il governo vuole cercare di sgravare i conti dello Stato dagli oneri crescenti delle catastrofi come la recente alluvione in Emilia-Romagna: secondo il gigante assicurativo mondiale Swiss Re ha provocato (oltre a 15 morti e 36 mila sfollati) 10 miliardi di danni, dei quali solo il 6% era assicurato, diventando l’evento meteo più costoso di sempre in Italia. Se a luglio il governo si diceva pronto a spendere 2,75 miliardi per la ricostruzione, solo il 30 agosto, a più di tre mesi dal disastro e a fronte di enormi proteste, ha stanziato i primi 289 milioni per gli interventi di ricostruzione già realizzati dai Comuni. Il fatto è che nella cultura nazionale si pensa sempre che tocchi allo Stato ripianare il conto: un’idea assente in altri Paesi europei. Secondo la Banca centrale europea, tra il 1980 e il 2020 in Italia sono stati assicurati solo il 5% dei danni derivanti da catastrofi legate al clima, contro una media europea del 27%.
In realtà, i tecnici spiegano che occorre fare una distinzione tra le polizze per i rischi catastrofali (terremoti, inondazioni, esondazioni, alluvioni e frane) e quelli da eventi naturali (danni per grandine, forte vento, fulmini). Mentre si stima che in Italia tra il 35% e il 40% delle abitazioni sia coperto contro i rischi legati agli eventi naturali, tra le imprese la percentuale di copertura supera l’80%. Ma questa copertura per i rischi naturali e climatici, secondo i dati più recenti dell’Ania, vede ora quasi completamente scoperte le microaziende fino a 9 dipendenti: oltre 4,3 milioni di soggetti sui 4,54 milioni di imprese attive, dei quali solo il 5%, 215 mila imprese circa, sarebbe garantito da polizze, ma per altri danni, quelli naturali e climatici. Queste garanzie sono più diffuse con il crescere delle dimensioni delle imprese: dal 55% delle aziende tra 10 e 49 addetti sino al 78% di quelle sopra i 250 dipendenti.
Discorso diverso, sul quale non esistono però statistiche relative alla tipologia dei contraenti, è quello dei rischi catastrofali. Nei giorni scorsi l’Ivass, l’autorità che vigila sul settore assicurativo, ha pubblicato uno studio sulla diffusione delle coperture assicurative per questi fenomeni. Secondo gli ultimi dati, aggiornati al 2021, il rischio inondazione ha visto una raccolta premi di competenza al netto delle riassicurazioni per appena 196 milioni, a fronte di sinistri netti pagati per 87 milioni e di spese per 71. Quanto alle polizze sui danni da terremoto, nello stesso anno sono stati raccolti 228 milioni di premi netti, con 101 milioni di costi e 2 di danni liquidati. Briciole. Ma due anni fa grazie al cielo non si sono verificati sismi come quello dell’Aquila nel 2009 o del Centro Italia del 2016-17, altrimenti il conto sarebbe stato ben più elevato.
Come sempre accade in Italia, però, l’obbligo potrebbe restare sulla carta perché nessuna sanzione è prevista per le imprese che non si adeguano. La manovra scrive solo che “dell’inadempimento dell’obbligo di assicurazione si tiene conto nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere sul bilancio dello Stato, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali”. Il pasticcio è servito.