Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  novembre 02 Giovedì calendario

Intervista a Colapesce Dimartino

Colapesce Dimartino, ora dovete prendervi un impegno.
Quale?
Avete un tour che parte il 23. C’è quel verso in un pezzo, Ragazzo di destra
Abbiamo già capito.
“Màngiati un gelato con qualcuno”.
Ok, nei live sostituiremo “qualcuno” con “Giambruno”, promesso.
Siete pazzi. Con la discografia in crisi, vi tagliate via metà del pubblico.
DIMARTINO: Forse quella metà non ci interessa. Sapevamo di aver scritto una canzone divisiva, ma siamo in pace con la coscienza. Il cantautorato deve tornare a partecipare al dibattito politico e sociale, per troppi anni è rimasto appiattito in una zona neutra. Comunque non siamo i consiglieri della Schlein. Non abbiamo tessere. Commentiamo la realtà.
COLAPESCE: Abbiamo volutamente infarcito la canzone di stereotipi. La famiglia tradizionale, il bomberino, il muro, il tirapugni. Perché questa è una destra che si maschera dietro l’atlantismo, ma ha il busto di Mussolini in casa, e resta estrema. Le parole sono i loro manganelli. Cos’altro è un ministro che evoca la sostituzione etnica? Da anni la narrazione dei politici di quella fazione rimane becera.
Vi hanno attaccati.
D: Lo avevamo messo in conto. Ma Ragazzo di destra è in primo luogo un commento poetico sulla solitudine di certi giovani in cerca di una tribù. Hanno paura, e questa genera odio, e questo sta disintegrando il mondo. Noi guardiamo ai cantautori degli anni 70: Jannacci, Ciampi, il De André della Guerra di Piero, coi due soldati nemici che si fronteggiano ma sono accomunati dal terrore.
C: Questo è un momento storico in cui le canzoni, pur dichiaratamente pop, debbono tornare a dire qualcosa.
A proposito di maestri: nel vostro nuovo album Lux Eterna Beach compare un gioiello inedito di Ivan Graziani, I marinai.
D: È stato commovente suonare con la voce di Ivan nelle cuffie. Era un brano incompleto, c’erano solo due strofe e nel finale un coro di pescatori. Noi abbiamo scritto i ritornelli e arrangiato il tutto. È stato struggente duettare con lui, come se ci fossimo incontrati in un altro tempo e in un altro spazio, più di trent’anni dopo la sua registrazione.
C: Un verso dice: “Mi guadagno il pane come tutti fanno per ogni figlio rimasto in mezzo al mare”. Non è dannatamente attuale?
Come vi è venuta l’idea?
Filippo Graziani, figlio di Ivan, ci fece ascoltare il provino, grazie anche alla nostra casa discografica, la Numero Uno, che era la stessa del padre. Un incontro surreale, toccante, con un monumento della musica. Abbiamo lasciato la sua voce, la chitarra e un sintetizzatore che simulava gli archi. Molto Lennon.
Proprio oggi esce la “nuova” canzone dei Beatles da un demo di Lennon. La tecnologia fa miracoli, se non si sconfina verso l’intelligenza artificiale.
C: Varcare quel limite si annuncia inquietante. Qualcuno potrebbe pensare di fare dischi a basso costo usando fake, o far dire cazzate a Dimartino muovendo la sua faccia sui social.
D: Siamo a un bivio. I nuovi software ci aiutano a recuperare tesori musicali, l’intelligenza artificiale sarà meglio utilizzarla in altri ambiti. Come quello medico o scientifico.
C: Nella prima traccia del disco, La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo, raccontiamo di personaggi che riproducono quotidianamente gesti meccanici, finché quel raggio non li risveglia e riconduce alla natura.
Il titolo della canzone fa molto Wertmüller.
D: Sì, e ci piace pensare alluda anche a immagini e colori metafisici come quelli di De Chirico. Nella copertina.
C: E ai titoli del primo Dalla, con i testi di Roberto Roversi.
Confermo, siete pazzi. Anche per la durata del brano, più di 6 minuti. Una rivendicata libertà autoriale.
D: Ce la siamo presa all’inizio e alla fine dell’album, dove spunta un dream-rock alla Cure.
Siete pronti per un secondo film?
D: Restiamo concentrati sulla musica, abbiamo i concerti.
Andrete a Sanremo?
Macché.
Continuate a sentire la Vanoni?
Ci telefoniamo spesso. Ci ha ospitati alla sua festa di compleanno, che è durata dieci giorni: a 88 anni, è sempre a fuoco. Noi, a confronto, ci sentiamo peggio di Gino Paoli.