il Fatto Quotidiano, 1 novembre 2023
Intervista all’autista che accusa Sgarbi
«Lo dicono tutti, a fregare Vittorio è la sua grande passione per l’arte, ma non è una patente per fare tutto quello che vuole». Parla Kevin R. il penultimo autista di Vittorio Sgarbi, quello che cinque mesi fa, un sottosegretario di Stato ai Beni culturali ha pensato bene di poter abbandonare in autostrada come un cane, a 650 km da casa, perché supplicava di riposare, dopo una trasferta di 20 ore che – a suo dire – era finalizzata a portare un dipinto a Montecarlo. Un video postato alle 2:15 dalle parti di Fossano lo racconta: «Allora. Ciao, sono Kevin, l’autista rumeno di Vittorio Sgarbi. Sono qua all’autogrill di Rio Guidone Ovest. Sono le 2:15, come si può vedere dallo scontrino. Ho appena preso un caffè dopo 20 ore di guida. Sali, scendi sopra, vai di qua e di là. Chiedo anch’io di riposare. E che cos’è che fanno? Mi abbandonano qua, all’autogrill? Questo è il trattamento che si riceve quando dai troppo a delle persone di m***a». Quel video in realtà non lo vedrà nessuno. Kevin viene subito richiamato all’ordine: «Togli tutto». E dal conto di Sgarbi l’indomani parte un bonifico: 1.500 euro per Kevin. È il prezzo del suo silenzio. Per tenerlo buono piovono poi promesse di assunzione, di lasciare Vittorio e lavorare con la sorella Elisabetta. Sarà l’ultimo pagamento. Non li sentirà più.
Quando ha iniziato a fare l’autista per Sgarbi?
Ho lavorato per lui da agosto 2022. L’ho portato su e giù per l’Italia non so quante volte, tra le amministrative ad Arpino e le regionali in Lombardia. Venti ore al giorno con lui. Fino alla notte del 14 maggio 2023, quando mi ha lasciato all’autogrill perché chiedevo di fermarmi e riposare. Ora monto le porte, ti rispondo da Aosta.
Scusi, ma cosa facevate di notte in una landa sperduta delle Alpi marittime?
Dovevamo consegnare un quadro a Montecarlo. Siamo andati a Elva, un comune molto piccolo di 50 abitanti, quasi al confine con la Francia. Un posto sperduto, e poi da lì dovevamo andare al Principato di Monaco. Ma noi tante volte abbiamo portato dei quadri, si tratta sempre di affari.
Dovevamo chi, lei e il sottosegretario Sgarbi?
In auto c’era anche Giuseppe D’Angelo, un commerciante d’arte che si sposta spesso con lui, lo aiuta a fare valutazioni, a trovare quadri, valutarli e venderli. Consiglia come fare per non farsi sgamare dalla legge italiana, per non farli… come si dice… notificare!
Sta dicendo che il sottosegretario di Stato ai Beni culturali si adoperava per sottrarre opere d’arte alla tutela dello Stato?
Parlavano spesso di come evadere queste notificazioni che rompono le balle a lui, a tutti quelli, ok?
Di che quadro si trattava?
Di preciso non lo so, non mettevo il naso in queste cose, so che era importante. Non ricordo se ne ho caricato uno solo o due, ma uno sicuramente. Del resto ne abbiamo portati tanti.
E chi doveva riceverlo?
Neanche questo mi veniva detto e non lo posso sapere perché il viaggio per me è finito all’area di servizio. Un privato però, immagino. In quel periodo Sgarbi ha conosciuto famiglie facoltose, anche reali e uomini d’affari che vendevano e compravano opere d’arte.
Perché quel video non c’è più?
Mi hanno subito chiamato perché lo togliessi. E mi hanno dato 1.500 euro per farmi stare zitto e calmare la situazione.
È vero che quella volta ha guidato per 20 ore?
Tranne pause fisiologiche, erano più giorni con ore e ore accumulate, non le dico la stanchezza. Quando ho chiesto di riposare sono stato mollato per strada.
Quanto veniva pagato?
Prendevo 130 euro al giorno, ma poi lavorato 15-20 ore, faccia lei il conto. Sono meno di sette-otto euro l’ora. Contratti poi non esistono, sempre a prestazione occasionale.
Ha mai pensato di denunciare?
Sono un ex autista rumeno. Lui è Sgarbi, io non sono nessuno, capito?
Ha più sentito Sgarbi?
Dopo quella notte la sorella mi aveva detto di stare tranquillo, “vieni a lavorare con me”. Finalmente, ho pensato io, non vengo insultato tutti i giorni da Vittorio “coglione, incapace”.
E poi?
Come vede, monto le porte.