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 2023  ottobre 31 Martedì calendario

Lillo che dipinge miniature



Volto di tv e cinema, voce della radio, è anche un appassionato e pluripremiato pittore di modellini: sarà a Lucca Comics & Games, che dedica una mostra alle sue miniature dipinte. L’attore, sceneggiatore e regista Lillo Petrolo (Roma, 1962), è autore per la Rai di trasmissioni come Stracult e Cocktail d’amore insieme al collega Greg (Claudio Gregori), e da vent’anni, sempre con Greg, è autore e conduttore della trasmissione 610 («Sei Uno Zero») su Rai Radiodue. Il suo nuovo film, Elf Me, sarà su Prime Video dal 24 novembre. Ma gli inizi di carriera, negli anni Ottanta, sono da fumettista: crea personaggi come Topo Martino e NormalMan, collabora con l’editore Acme come disegnatore e sceneggiatore, scrive testi per Lupo Alberto e Cattivik.
Fin da allora si appassiona a una disciplina affine: la pittura di miniature. Una passione, anzi un hobby, come lo definisce lui, che lo ha portato fino ai mondiali di modellismo, dove ha ottenuto un oro a Girona, Spagna, e un argento a Montreux, Svizzera; quest’anno Lucca Comics & Games gli dedica la mostra Lillo Petrolo. Viaggio al centro del modellismo, affidandogli inoltre la pittura del Grog (scolpito da Silvia Corso), mascotte della rassegna. Giovedì 2 novembre, Petrolo sarà sul palco del Grog Live Show, per un incontro con l’attore Joe Manganiello. Si tratta quindi di una passione che viene da lontano, spiega lo stesso Petrolo, raccontandosi a «la Lettura».

Quando ha iniziato a dipingere le miniature?
«Da ragazzino la mia unica aspirazione era quella di diventare disegnatore di fumetti: l’ho anche fatto come mestiere, fino a 25-26 anni, quando ho cominciato a fare quel che faccio ora. Però ormai avevo con me un bagaglio legato all’illustrazione e tutta la passione per il fumetto e il colore l’ho messa nelle miniature. Un hobby. Tra i colleghi ognuno ha il suo modo per scaricare le tensioni, c’è chi va in palestra, chi legge un libro. Per me la pittura è un’attività zen».
Le sue opere saranno in mostra a Lucca accanto a quelle degli artisti che considera i suoi maestri. Chi sono?
«Facciamo una premessa: questo è un campo molto piccolo, un mondo di appassionati che, per carità, sono sparsi in tutto il mondo, ma in Italia non sono tantissimi. Quindi dirò nomi importanti per noi amanti della miniatura, ma poco noti agli altri. Sono gli artisti ai quali mi ispiro. Intanto gli italiani, come Fabrizio Russo e Francesco Farabi, che ammiro e che ho incontrato alle manifestazioni di modellismo: anche se non ho mai preso lezioni da loro, però tenevano in mano i miei lavori e mi dicevano dove avevo fatto bene e dove potevo fare meglio, sono stati importanti. E poi i miei maestri veri, Danilo Cartacci e Pietro Balloni. Andavo spesso a bottega da loro, come nel Rinascimento: facevo il ragazzo di bottega per imparare da loro le tecniche della pittura. Poi ci sono gli artisti internazionali, gli spagnoli José Davinci, Angel Giraldez, Arnau Lázaro, il tedesco Roman Lappat...».
Qual è la particolarità della pittura della miniatura?
«Nella miniatura il colore rosso non è rosso e basta. Non è che dipingi di rosso un vestito, ed è fatta. Devi “rendere” il tessuto: l’abilità nella miniatura è quella di rendere il pezzo il più verosimile possibile. È una pittura che segue la luce, hai le sfumature, hai la stessa tecnica che useresti per dipingere un quadro, devi avere le mescole giuste per rendere l’incarnato, le stoffe. Se dipingi un velluto deve sembrare velluto grazie alla pittura. Perché ci piace Caravaggio? Perché quell’incarnato sembra vero, è realistico, perché quella tovaglia sul tavolo sembra vera».

Tanto più che i modellini grezzi sono di plastica, giusto?
«Sì. Se uno viene alla mostra si rende conto che non sono solo pezzi colorati: sono dipinti. Sono figurine di plastica, ma quando dipingi Norseman con la sua armatura, devi saper rendere il metallo. La tecnica viene in parte anche dal fumetto: disegnavo, coloravo anche fumetti di altri, scrivevo i testi. Il fumetto da edicola ha una serialità, tante tavole al mese: esistono i disegnatori che fanno la matita, gli inchiostratori che passano il nero, i coloristi. Io facevo un po’ tutto, perché volevo imparare più cose possibili».
Una generazione cresciuta negli anni Settanta, giocando con il Das...
«Lo si usava per fare i lavoretti per i genitori quando eravamo piccoli. Ma essere bambino negli anni Settanta voleva dire che se eri appassionato, se eri un sognatore com’ero io, assetato di storie, di avventure, di fantasia, a quell’età non ti veniva voglia di leggere un libro (i libri li ho scoperti un po’ dopo) ma ti buttavi sui fumetti. Non c’era veramente molto altro».
Esiste una divisione in generi, nella miniatura?
«Io sono un amante della qualità della scultura, per me i veri artisti sono quelli che creano la scultura: e tempo fa era fatta a misura, con anatomie che non avevano nulla da invidiare a quelle degli scultori del Rinascimento. Quindi, prima la qualità. Poi posso passare dal genere storico al fantasy. Per il genere storico, dipingendo i soldatini racconto la storia: gli opliti greci, i romani, il Medioevo. Devi studiare, fare ricerca sui libri. E poi mi piace il fantasy, dal mondo del fumetto, con i supereroi, al mondo mitologico, con fauni, elfi, satiri, gnomi».
Frequenta i negozi, le botteghe in cui si vendono i modellini?
«Se avessi il tempo e se ce ne fossero ancora... Ma ormai si compra tutto su internet e i negozi di modellismo sono spariti o sono rarissimi. Era bello andare al negozio e passare il pomeriggio. È qualcosa che mi manca molto».
Il modellismo è un’attività che consiglia ai ragazzini che giocano con i videogame?
«Li capisco. La qualità del videogame oggi è talmente alta che se fossi un ragazzino farei lo stesso. Ma consiglio di alternare il digitale a qualcosa di manuale. Il videogame è divertente, però fai cose che ti vengono proposte e tu ti ci muovi dentro. Un po’ di manualità, non solo dipingere, ma lavorare il legno e creare con le mani fa bene allo spirito. La soddisfazione è che quando dipingi bene un pezzo, prende vita, da plastica che era: ha una luce, uno sguardo. Non dico di mollare i videogame o i social, ma di ritagliarsi un hobby. Cominci piano piano, ti fai insegnare da qualcuno, e quando inizi a essere bravino hai tante soddisfazioni. È un modo per smuovere il cervello verso qualcosa di attivo, non solo di passivo».