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 2023  ottobre 31 Martedì calendario

Sui manga

A lungo considerati adatti a un pubblico infantile, e spesso erroneamente interpretati, oggi i manga giapponesi affollano sezioni intere delle librerie e vivono un’importante riscoperta tra i lettori italiani. I «fumetti al contrario» (si leggono da destra a sinistra) hanno una storia che risale al XVIII secolo e annovera, tra i primi autori, anche il pittore Katsushika Hokusai, che tra il 1814 e il 1878 pubblicò i suoi Hokusai manga, raccolta di schizzi e disegni realizzati per diletto.
Il manga moderno ha inizio nel dopoguerra con una nuova generazione di disegnatori e un giovane pubblico cresciuto senza tradizione fumettistica, a causa della guerra. È il 1947 quando l’industria del fumetto viene travolta dal successo del «dio del manga», Osamu Tezuka, e della sua Nuova isola del tesoro: 200 pagine che diedero vita allo story manga, il fumetto caratterizzato da storie più lunghe rispetto al passato. Da qui non si tornerà più indietro.
La storia del manga giapponese è raccolta, insieme a curiosità e a una proposta di 101 titoli per chi vuole avvicinarsi per la prima volta al genere (ogni titolo è corredato da una scheda che specifica diversi dettagli, come anno ed edizione italiana e giapponese, i titoli nelle due lingue, la trama, la storia dell’autore...), in La super guida manga. Tutto sul fumetto giapponese dal sito italiano n. 1 sulla pop culture nipponica (Bur Rizzoli). Volume realizzato dal portale web AnimeClick e curato da Alessandro Falciatore, che sarà presentato a Lucca Comics & Games giovedì 2 novembre. Nato come guida, il libro aiuta a orientarsi in mezzo all’enorme proposta di titoli e a conoscere l’universo manga, dal glossario specifico alle tecniche del disegno, fino all’arrivo del fenomeno in Italia.

«Prima della pandemia era difficile trovare molti manga in libreria – dice Falciatore a “la Lettura” —. Sono esplosi dal 2020. L’età media di interesse si è abbassata tra i 15 e i 20 anni, prima i lettori erano trentenni. In molti hanno scoperto gli anime, che sono la versione animata dei manga, sui canali streaming». Diversamente da oggi, negli anni Ottanta e Novanta gli anime venivano trasmessi sulle tv private; poi Mediaset ne coronò il successo. «I cartoni crearono anche problemi politici – prosegue il curatore —. Venivano visti male: per esempio, intorno a Goldrake ci fu un’interpellanza parlamentare (per eliminarlo dal palinsesto Rai; era il 1981, ndr) perché accusato di esaltare il fascismo; e si disse che Ken il guerriero istigasse a lanciare i sassi dai cavalcavia». Quella generazione si “abbuffò” di anime in modo indiscriminato, perché molti non erano censurati (non tutti sono per bambini). Dai cartoni si arrivò poi ai manga, come avvenne con Dragon Ball, che ha venduto milioni di copie e, insieme con One Piece (entrambi pubblicati in Italia da Star Comics), è tra i più diffusi».
L’idea della guida – spiega il curatore – nasce per consigliare i più giovani e i genitori che li accompagnano in libreria. «E per far conoscere anche titoli “più alti”, come I tre Adolf di Osamu Tezuka (Hazard Edizioni), che consiglio nelle scuole per spiegare cos’è il nazismo. Si va dal prodotto con valenza culturale a quello di puro intrattenimento».

Ma perché il manga è un fenomeno di dimensioni globali, cosa lo rende universale? «Penso che il primo aspetto riguardi la narrazione – commenta Falciatore —: rispetto ai comics americani, per esempio, basati su saghe e reboot e senza un inizio e una fine netti, il manga ha una storia verticale, in più volumi. Ci sono solo un disegnatore e uno sceneggiatore a lavorarci; e c’è una certa continuità, come nelle serie tv, e oggi la serialità piace. Il secondo motivo riguarda l’eroe che non è mai “il migliore”, quindi è più facile rispecchiarsi. In Giappone si parla molto della gente comune, ora va di moda il manga slice of life, la storia di tutti i giorni. C’è anche il supereroe che in realtà è uno “sfigato”, all’inizio non ha i poteri e con la forza di volontà riesce a diventare il migliore, ma lo fa attraverso il cammino dell’eroe, del bushido (“la via del guerriero”); oggi non ci sono più eroi fulgidi, il confine fra il bene e il male non è più netto. E mentre negli anni Ottanta c’era grande aspettativa nel futuro, oggi i ragazzi hanno una visione più negativa».
I manga spaziano tra generi e temi infiniti, e ce n’è per ogni tipo di pubblico. Si parla di bullismo, di difficoltà scolastiche e di temi Lgbtqia+ (nella guida, per esempio, si propone Il marito di mio fratello di Gengoroh Tagame, edito da Panini, la storia di due papà e della loro figlia, che è rivolto a tutte le età). C’è tanto folklore, come le storie degli spiriti yokai, che si ritrovano nei Pokémon (altro fenomeno di dimensioni globali). E si parla anche di un disagio che riguarda i mangaka, gli autori di manga, come quello raccontato nel pluripremiato Il diario della mia scomparsa (J-Pop Manga) di Hideo Azuma (1950-2019): la storia dell’autore che per troppo lavoro e per la pressione sociale, decide di scomparire dal mondo. «Succede a molti giapponesi, non solo ai mangaka, che vanno a vivere ai margini delle città come clochard – prosegue il curatore —. Non sono malati, sono persone che si sono licenziate, o hanno avuto un forte disonore sociale e si trovano da un giorno all’altro in mezzo a una strada. E Azuma aveva anche problemi di alcolismo perché la vita dei mangaka è terribile, lavorano 24 ore di fila, è richiesto loro un capitolo a settimana e di avere sempre successo, altrimenti vengono tagliati fuori. E in Giappone si fanno i sondaggi sulle riviste per decidere se un mangaka è valido oppure no».
Importanti per capire la cultura nipponica sono anche i manga storici, come quelli scritti da chi ha vissuto il trauma della bomba atomica. Lo racconta bene Gen di Hiroshima (Panini Comics) di Keiji Nakazawa (1939-2012) con le sue immagini crude e strazianti: «Negli anni Cinquanta e Sessanta è stato letto nelle scuole, ora è sparito perché sta tornando in Giappone un atteggiamento politico che riporta a un pensiero conservatore, a una certa chiusura verso l’esterno».

Oggi l’Italia sta conoscendo anche una crescita editoriale dei romanzi giapponesi. Per Alessandro Falciatore, una delle risposte al fenomeno potrebbe nascondersi ancora dietro ai fumetti: «C’è stato un boom degli studi universitari negli ultimi 15 anni, anche grazie alla passione di molti per manga e anime. Forse anche per questo sono aumentati i traduttori».
Si parla, insomma, di un fenomeno per molto tempo non del tutto compreso da altre culture, che nonostante questo ha messo radici profonde, tanto da influenzare lettori di più generazioni. I manga hanno inoltre raccontato un Paese votato al sacrificio e costruito su una cultura in cui il singolo conta meno del gruppo, ma è questo a dare la forza per combattere e superare ogni difficoltà.