Tuttolibri, 30 ottobre 2023
Sugli stiliti
Il primo fu Simeone. Nel 412 salì su una colonna per essere più vicino a Dio e non scese mai più. Lassù pregava, mortificava la propria natura terrena, sopportava fame e intemperie. Il suo esempio fu seguito da qualche centinaio di altri asceti. Nell’affascinante saggio Al di sopra del mondo Laura Franco racconta il fenomeno degli stiliti che si sviluppò in Siria per un paio di secoli, prima che quella terra cerniera tra continenti e culture, passasse dalla Roma bizantina all’islam arabo. Perché lo fecero è difficile capirlo. Sicuramente tra tutte le imitazioni di Cristo fu una delle più estreme. E data la sua spettacolarità anche una delle più popolari. Le colonne in luoghi impervi, con il santo appollaiato sopra, macilento, puzzolente, talvolta in estasi, talvolta severo come un arcangelo, erano mete di un pellegrinaggio variopinto e tumultuoso. Vi si recavano imperatori per chiedere consigli sulle guerre da intraprendere e malati in cerca di guarigione. Intorno nascevano locande, edifici pubblici, conventi, strutture ricettive e botteghe per rifocillare i pellegrini. Arrivavano anche beffardi provocatori e prostitute che cercavano di sedurre i vecchi giusti. Naturalmente quei sant’uomini, abituati a sconfiggere il demonio in tutte le sue apparizioni, non facevano una piega.Con il rigore della paleografa e la verve della narratrice, Laura Franco esamina le vite di una decina degli stiliti più celebri, che ebbero l’onore di agiografi coevi, devoti e fantasiosi. Sono tutte molto simili nel coraggio dell’impresa sovrumanamente ascetica e nei miracoli che compivano nell’impero bizantino scosso da guerre, congiure, ferocissime e (inutili) dispute teologiche sul mistero divino. Le mortificazioni che si imponevano duravano decenni. Pregavano costantemente. Facevano a meno del sonno. Resistevano a ogni privazione. Per nutrirsi bastava un pugno di lenticchie alla settimana e una non ben precisata manna che arrivava direttamente per via soprannaturale. Persino l’igiene personale era aborrita, considerata una debolezza, se non un gesto potenzialmente dannoso per la salute dell’anima. Tant’è che gli odoracci costituivano l’aura olfattiva tipica degli eremiti. Salvo mutarsi in profumo celestiale al tempo della morte.Il battipista fu appunto Simeone diventato un santo importante nella tradizione ortodossa, talmente autorevole che gli spetta il primo posto nel calendario, dove è celebrato il 1° settembre, inizio dell’anno ortodosso Cominciò la carriera da monaco imponendosi pene enormi per soffrire come aveva sofferto Gesù in croce. Si legava corde intorno al corpo così strette da provocargli ferite, che imputridivano esalando un lezzo insopportabile per i confratelli.Anche il superiore trovava eccessivo quel comportamento, anzi provò a sanzionarlo come forma di indisciplina. Non ci fu verso di farlo desistere. Simeone continuava a martoriarsi, a convivere con vermi e cimici nelle ferite sanguinolente. Dopo essere stato allontanato dai monaci spazientiti continuò la sua pratica di ascesi in solitudine, cercando luoghi angusti in montagna. Si calò in una cisterna piena di serpenti velenosi e scorpioni, contro i quali combatteva, perché erano personificazioni del demonio. La prima colonna sulla quale salì non era altissima, circa un metro e ottanta. Vi trascorse sette anni. Poi i fedeli gliene costruirono una di tredici (restò 15 anni). Poi una di diciotto. L’obiettivo era salire sempre più vicino a al cielo. Lassù perseverava negli esercizi spirituali, dedicandosi a preghiere, veglie e digiuni. Il demonio, non pago, continuò a mettere alla prova la sua capacità di resistenza. Lo colpì con un tumore alla gamba che imputridì velocemente, ma il santo, anziché accasciarsi, resistette stoicamente in posizione eretta su un piede solo per due anni.Perché combattere il male perseverando su una colonna o sugli alberi (come faceva il sottogruppo dei cosiddetti dendriti)? Gli agiografi si sentono in dovere di spiegare che tanti personaggi biblici si comportarono in modo stravagante per volere divino. Nel caso degli stiliti – sostenevano -, grazie allo stupore che suscitavano nei passanti, risvegliavano gli animi dal torpore spirituale e li inducevano a pregare, pentirsi, convertirsi, vivere meno attaccati ai piaceri terreni.C’è anche un’altra spiegazione. Più stizzosa. La fama di Simeone era così vasta che fiumi di pellegrini affluivano da ogni angolo del mondo per chiedere miracoli. I barbari, essendo barbari, si menavano per avere la precedenza. Lui un po’ perché si riteneva indegno di tante attenzioni, un po’ perché non ne poteva più di gente che veniva a toccarlo, a tiragli la barba e il mantello, cercò rifugio su una colonna inaccessibile, sempre più alta, anche se non rinunciò mai ad ascoltare i fedeli e elargire consigli.Molti pellegrini erano malati di ogni genere, dai sordomuti ai lebbrosi. Speravano di essere guariti come un tempo faceva Gesù. E i prodigi avvenivano, aumentando ancora più la fama dei sant’uomini. Alcuni casi narrati erano bizzarri. Un anziano vignaiolo, per esempio, caduto in un imboscata del demonio apparso tra le viti con voce di donna si ritrovò i genitali prolassati fino alle ginocchia. Costretto ad avvolgerli in un panno davanti alle cosce per poi appenderseli alle anche, si recò alla colonna: Simeone lo liberò dalla malattia ordinandogli di rendere gloria a Dio.Altre volte le guarigioni avvenivano con l’imposizione delle mani, con il segno della croce, tramite il contatto con un lembo della sua veste, con la polvere da lui benedetta. In più d’un’occasione resuscitavano anche i morti.Il mondo intorno alla base delle colonne era soprattutto maschile. Un’eccezione è rappresentata da Alipio, uno stilita con una madre parecchio carismatica (piantò una tenda alla base della colonna per assistere il figliolo nelle pratiche amministrative), che fu «amico delle donne». Predicava che tutti in Cristo sono uno, non c’è maschio né femmina; e che anche le donne potevano raggiungere la virtù estrema. Fu così che moltissime accorsero da lui rifiutando i legami famigliari, abbandonando i mariti, le famiglie, i lussi per scegliere la vita ascetica. Nacque un monastero femminile, che Alipio però separò rigidamente da quello maschile. Anzi, istituì la regola severissima che le monache non potevano nemmeno essere viste da occhio maschio. Anche se lo spirito e l’anima erano uniti in Cristo, i corpi era meglio separarli.Così come erano comparsi, gli stiliti, nella Siria divenuta islamica, scomparvero. Sono rimasti però ben saldi nelle credenze popolari, nelle icone, nei mosaici. E anche nella cultura moderna. Da Gibbon che nella sua Storia della decadenza e caduta dell’impero romano, da gentiluomo inglese, tratta con sprezzo «quei fanatici che distruggendo se stessi distruggevano anche la sensibilità verso gli altri»; a Kavafis, a Rilke, all’ateo Buñuel che girò un film genialmente surrealista, Simon del deserto. Lo stilita è impegnato a combattere il demonio impersonato dalla strafiga Silvia Pinal. Alla fine il diavolo vince e lo trasporta in aereo a New York in un night. Simon vestito da beatnik fuma perplesso; l’attrice si scatena a ballare il rock ‘n ‘roll.