la Repubblica, 30 ottobre 2023
Ragazzini che scommettono sul web
“Pure con gli amici scommettevo: dieci euro che mi faccio tutta la strada su un ruota sola. Col poker online ci sono andato sotto, poi è venuto il resto: schedine, slot, Gratta& vinci, bingo. Ho usato le paghette, ho preso i soldi dalla borsa di mamma, ho rubato, ho venduto i gioielli di nonna al Compro oro, ho spacciato, ho chiesto prestiti e sò scappato. Ho fatto quasi tutto». Mattia non è ricco, non è famoso, non fa il calciatore, fuori dalla stanza dello psicologo ha un berretto nero che gli incornicia gli occhi da ventenne. Ma la ludopatia si mangia tutto già da prima, a 14 anni o giù di lì, anche se fino ai 18 sarebbe illegale. «È la dipendenza più pericolosa che incontro», dice sicuro Federico Tonioni che ne ha viste molte. Psichiatra, psicoterapeuta, è il primo ad aver creato in Italia, al policlinico Gemelli di Roma, un centro per le dipendenze dal web: gaming, social e internet addiction, azzardo, perché anche la puntata ora, tra i più giovani, si fa soprattutto online.I ragazzini dell’“all-in”Pochi lo direbbero, ma tra i ragazzini le scommesse sono diffusissime, un fenomeno del tutto sottovalutato. «Da me vengono i casi più gravi, adolescenti che hanno perso anche 10mila euro – racconta Tonioni – ma scommettere lo fanno tutti». Tutti significa che più della metà dei ragazzi tra 15 e 19 anni ha giocato almeno una volta nell’ultimo anno, maschi soprattutto. Percentuali così alte non si erano mai viste. «L’incremento – spiega Sabrina Molinaro, ricercatrice del Cnr e coordinatrice nazionale di Espad, la più grande rete di ricerca indipendente sui comportamenti a rischio in età studentesca – è legato alla maggiore diffusione del gioco online. E la pandemia, tutti in casa, ha fatto da volano».Tra i giocatori abituali c’è un 5%, significa 130mila ragazzini, con un profilo di gioco a rischio. E un 3% che ha già caratteristiche problematiche: sono quasi 70mila. Per Molinaro «se confrontiamo questi dati con quelli della popolazione generale fanno paura: i giovani a rischio sono il doppio degli adulti».L’eccitazione della puntataMa perché a 15 anni si gioca così? Perché pure un ragazzino clicca,scommette, riclicca e riscommette? «È un modo per vincere la noia», raccontava il centrocampista Nicolò Fagioli raggelando i procuratori della Figc. C’è altro. In una magistrale difesa davanti al giudice in Febbre da cavallo,Gigi Proietti, “Madrake”, recitava così: «Il giocatore è uno che impiccia, traffica, imbroglia, mòre, azzarda, spera e rimòre. E tutto per poter dire ho vinto, adesso v’ho fregato a tutti».Perché l’azzardo, a qualunque età, è suspense, è sfida, è adrenalina. «Quando passi col giallo non sei mai depresso», dice Tonioni. È eccitazione, pensiero magico, scaramanzia. È onnipotenza, menzogna, bugia. Un mondo dei balocchi da cui è difficile venire via. «Non è la vittoria che ti tiene incollato, sono le dopamine, il piacere incontrollato, l’attesa del risultato, l’eccitazione nel gioco stesso», spiega Claudia Mortali, ricercatrice del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss. «Un’eccitazione simile a quella data dalla cocaina», aggiunge Tonioni.Non c’è nulla di finalistico nel gioco. «Se vinci non sei appagato e infatti investi in una nuova giocata. Se perdi pensi che solo rigiocando tornerai in pari – riprende Mortali –. Se hai debiti credi che solo scommettendo potrai saldarli con un’unica botta di fortuna a risolvere tutto». È una distorsione cognitiva, spiega la ricercatrice: «Il giocatore d’azzardo racconta bugie anche a sé stesso. Crede nell’irreale, si dice certo che prima o poi vincerà, mette in moto il pensiero magico: com’ero vestito? Dov’ero seduto? Che avevo mangiato? Chi avevo sentito?».Non c’è nulla di diverso dal mondo degli adulti in questo. Né nel come né nel quando. «Ci sono ragazzi che giocano solo la domenica, ma l’intera settimana ruota attorno a quel momento: la ricerca dei soldi, l’arrovellamento su sistemi e probabilità, l’attenzione a scritte, targhe, sogni, solo per trarne un numero vincente con l’idea onnipotente di fregare la piattaforma. La puntata dura pochi istanti ma con la mente si gioca tutto il giorno e la notte – sottolinea Tonioni –. Si procrastina ogni attività alla puntata e così si spazza via ogni altro contenuto doloroso». «Di vizio non si può parlare —avvisa lo psichiatra – perché la vita del ludopatico è fatta di scelte obbligate». Come in una relazione tossica prima c’è la luna di miele, poi arriva la crisi, i tentativi di recupero, le false promesse, e alla fine subentra la disperazione, le fantasie di fuga o di suicidio. Chi tocca il fondo e svuota il sacco viene preso in carico dalle neuropsichiatrie infantili, più raramente dai Serd. Nella mappa virtuale sul sitoUsciredalgioco dell’Iss sono censiti per ora 199 centri di cura, con le solite disparità geografiche: 162 al Nord, 37 al Sud. Nessuno però è dedicato in esclusiva ai minori. «C’è anche un counseling telefonico, difficile arrivino richieste di ragazzini, sono più i genitori che telefonano quando si allertano per altri comportamenti a rischio – spiega Mortali –. E poi si scopre che i figli scommettono pure».Gli sparatuttoIl pianeta dei disturbi comportamentali da videogiochi è un altro mondo. «L’azzardo è un comportamento a rischio, che quando diventa auto-terapia per un’angoscia più profonda si fa dipendenza, ma fa parte dell’adolescenza. Il gaming patologico non prevede l’accesso all’adolescenza. Diventa l’unico luogo possibile, la zona di comfort dove rifugiarsi dalla pressione ambientale. Chi manifesta questo disturbo lascia la scuola, lo sport, non esce, non riesce a conquistare e difendere il proprio spazio nel mondo, non ha un profilo social, compete solo con i propri simili del gioco online, usa tutta l’energia per trattenersi in casa. Magari si potesse immaginarli adolescenti questi ragazzi, nella loro sessualità, nel trasgredire, senza farsi ovviamente del male», afferma sempre Tonioni. E invece sono ritirati sociali.Gli hikikomori«Il 15% di chi fa gaming – avvisa Molinaro – racconta di giocare più di 4 ore di seguito senza mai fermarsi». Nei casi più gravi diventano hikikomori, reclusi volontariamente in cameretta per più di 6 mesi consecutivi. Ragazzi che arrivano a chiedere il ricovero pur di non andare a scuola, con minacce autolesive. I dati del-l’Iss dicono che sono l’1,8% tra gli studenti delle medie (più di 30mila), l’1,6% tra quelli delle superiori (quasi 36mila). Una piccola parte dei 500mila che hanno un disturbo da uso dei videogiochi, in prevalenza maschi. Ma sono Tanti. E piccolissimi. L’età più critica 13 anni.Cos’è che fa di uno svago diffusissimo un abuso? «I videogiochi monotoni, ripetitivi, con musiche ipnotiche e stimolazioni luminose, alienano e scatenano nei ragazzini frustrazioni o offrono loro micro-ricompense che possono instaurare in alcuni casi meccanismi di dipendenza. Il gaming disorder – sottolinea Tonioni – è in qualche modo l’omologo maschile all’anoressia femminile».Social addictedLe ragazze giocano invece con i social. Gli addicted sono centomila intutto, già a 11 anni. «Definirla dipendenza è complicato – sottolinea Tonioni —. Ma sono aumentate le possibilità per esprimere il dolore. E anche i social sono diventati strumento». Ma se, a guardarci attorno, siamo tutti iperconnessi con Facebook, Instagram, TikTok, cosa significa essere addicted? «Scrollavo in continuazione, vivevo nelle vite degli altri e intanto litigavo sempre con i miei, stavo in casa con le cuffie per non sentirli, andavo male a scuola perché non dormivo più, stavo fino alle 2 a fissare lo schermo senza rendermi conto del tempo che passava, ci mettevo un’ora poi ad addormentarmi. Ero nervosa, aggressiva, mi confrontavo con le mie coetanee online e mi vedevo brutta, triste, stanca», racconta Sofia, che oggi ha 17 anni. Aquell’età, dicono gli studi, guardano lo smartphone anche 75 volte al giorno. La veglia è uno stato di allerta, il sonno smette d’essere la culla della crescita mentale. E i rischi sono anche dentro alla stessa rete: ilmorphing che modifica la propria immagine per apparire più magre, più perfette, più belle; ilsexting per scambiarsi foto o video porno; le challenge per mettersi alla prova; ildoxing,praticato o subito, per diffondere informazioni private; il cyberbullismo per ferire; ilbanning per escludere dalle chat. Jack Frusciante ora è stato rimosso dal gruppo. E ora nella sua stanza che fa? In una survey condotta dall’Iss un anno fa i ragazzi rispondono così: «Soffro d’ansia, di impulsività, bevo, fumo, dormo poco, parlo e studio ancora meno».