il Fatto Quotidiano, 30 ottobre 2023
Il grand tour dei campisanti
Giulia Depentor, definita “l’influencer dei cimiteri” e reduce dal fortunato podcast Camposanto, firma per Feltrinelli Immemòriam. Il volume, corredato da immagini e da un glossario, è un atlante prezioso per tutti i camposanter, ovverossia chiunque sia sedotto dai luoghi di sepoltura. Passione nient’affatto sinistra perché visitare le tombe è “un modo per imparare più cose possibili sulla storia e sulle abitudini di altri popoli e culture”.
A instillarle la febbre per i defunti un racconto di Dino Buzzati su un cimitero stregato. Singolare che nel 2002 la vedova, a trent’anni dalla morte dello scrittore, abbia trasferito le ceneri da Belluno a Milano per poi disperderle sulle Dolomiti. “Questa delle ceneri viaggianti”, scrive Depentor, “sembra uscire proprio da uno dei racconti di Buzzati”.
L’autrice, in capitoli che valgono come ideali tappe, censisce i cimiteri lungo un pellegrinaggio da nord a sud. Non prima di ricordare che sono svariate le celebrità che hanno amato le lapidi. Come i Joy Division. Sulla copertina dell’album Closer della band inglese è stampata una foto in bianco e nero che ritrae una statua del cimitero Staglieno di Genova. Scatto tristemente profetico perché scelto prima che il leader Ian Curtis si togliesse la vita. Depentor rammenta che tante vittime di disastri e di sciagure, comprese quelle non identificate o disperse, sono celebrate da memoriali. Due esempi tra i tanti illustrati. Nel labirintico cimitero monumentale di Torino spicca quello dedicato alla tragedia di Superga nella quale perirono i calciatori del Grande Torino.
Nel cimitero di Fortogna, a Belluno, fanno mostra di sé 1910 cippi bianchi che eternano i morti del Vajont. “Essere ricordati per sempre” ammette tuttavia l’autrice, “anche dopo vite strabilianti, è probabilmente solo un’utopia”. Una constatazione maturata al cimitero monumentale di Milano dove segue le tracce di quattro artiste vissute a inizio Novecento e oggi dimenticate. Tra le quali Dina Galli, la prima attrice comica italiana, e la milanese Marta Abba, musa di Pirandello. Certo, i nomi noti non mancano nelle pagine di Immemòriam: dalla tomba di Eleonora Duse a quella di Pasolini, passando per quella di Dante nel centro storico medievale di Ravenna, raccontata nella sua odissea secolare di spoglie contese e trafugate.
Emblematica la sepoltura del boss della Magliana De Pedis nella basilica Sant’Apollinare di Roma, propiziata da prelati compiacenti. Dopo lo scandalo la salma viene traslata a Prima Porta e cremata.
Depentor è fedele a una consegna: “Varcare il cancello di un camposanto con l’animo pronto a farsi sorprendere e a seguire l’istinto”. Ecco allora la scoperta del cimitero di Crespi d’Adda, nel Bergamasco, tanto inquietante che le famigerate bestie di Satana vi compivano i loro rituali. Oppure il cimitero di San Finocchi, a Volterra, annesso all’ex manicomio. Tombe quasi tutte anonime di matti senza nome o di matti ricusati dai parenti. Il cimitero della rossa Cavriago, in provincia di Reggio Emilia, è noto per la sezione acattolica dove vennero tumulati ottanta tra comunisti e socialisti. Qui la tomba più visitata è di un caduto della Grande Guerra. La madre fece piantare un roseto in modo tale che il sepolcro del figlio restasse sempre rivestito di fiori. Nel rione Sanità a Napoli sono migliaia i morti anonimi seppelliti al Cimitero delle Fontanelle vittime di rivolte, carestie, terremoti. Sempre a Napoli singolare il cimitero delle 366 fosse, fondato nel 1763. L’architetto Fuga si inventa 366 fosse, corrispondenti ai giorni dell’anno dove calare i cadaveri.
L’Italia è il paese nel quale sono conservate più mummie, circa tremila esemplari. Famoso il cimitero delle Mummie a Urbania nelle Marche. Dopo l’editto napoleonico i frati scoprirono in una fossa comune diciotto corpi intatti a distanza di due secoli. Nessuna formula magica: i corpi erano stati sepolti in un terreno di natura calcarea ricco di muschio e questo aveva contribuito a disidratarli mantenendoli intatti.
Altrettanto famose le catacombe dei Cappuccini a Palermo. Anche qui i frati, traslando dei corpi, si accorsero che erano integri e scavarono delle nicchie in nuove catacombe sistemando le mummie in piedi. Alcuni grandi scrittori del passato come Mann e Goethe visitarono questo luogo. “Spettacolo davvero terrificante: lunghi corridoi stipati di cadaveri mummificati… leggermente chinati verso i visitatori”. A Palermo la memoria della letteratura sopravvive, proprio adiacente alle catacombe, nella tomba di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’autore del Gattopardo. La missione dell’autrice è sempre in divenire: “Se è vero che i cimiteri sono luoghi fatti dai vivi per i vivi e dove i morti in realtà c’entrano poco, è anche vero che tutte le storie meritano di essere raccontate. E le storie, nei cimiteri, non finiscono mai”.