la Repubblica, 29 ottobre 2023
Il Tolkien adulterato
Le allegorie non sono di nessuno. Un mondo nato dall’immaginazione non offre certificati di residenza.
L’Inferno o il Paradiso danteschi restano lì, imperituri, inafferrabili, come la Terra di Mezzo di Tolkien. L’autore ne disegnò le mappe, ma nessun lettore – nemmeno il più appassionato, o il più presuntuoso – può rivendicare una patente speciale per percorrere le strade di una regione che non c’è. I personaggi creati da Tolkien non sono iscritti a partiti né movimenti: hippy e neofascisti, nel corso dei decenni, hanno provato a strattonarli per trascinarli nell’agone del presente e fare di loro e dell’autore i guru, gli ispiratori etico-politici che non sono.
D’altra parte, i meccanismi di appropriazione indebita si polverizzano a vicenda e rivelano la loro fallacia proprio quando contrabbandati da una parte contro un’altra: i «valori eterni» che evoca il ministro Sangiuliano in vista dell’inaugurazione della mostra romana su Tolkien (“Uomo, Professore, Autore”, alla Gnam), se tali sono, non andrebbero piegati ai comodi dell’Attuale. Tantomeno tradotti nel “Dio patria e famiglia” che ancora misteriosamente fa proseliti fra i giovani militanti della destra del secolo in corso.
Il Tolkien “cristiano e conservatore” amato da Meloni, il Tolkienesoterico, il grande reazionario difensore delle radici identitarie è un Tolkien adulterato. Tanto quanto il Tolkien che diventa bibbia della controcultura hippy. «Credo che Tolkien esprima anche meglio di noi ciò in cui credono i conservatori», sostenne a suo tempo la premier, antica fan dello Hobbit. Ma chi volesse leggere nel mondo allegorico di Tolkien l’idealità in cui è respinto, mettiamo, il materialismo egoista di ogni epoca (o di quella in cui Tolkien scriveva e pubblicava) potrebbe rispondere a Meloni che il conservatorismo ce lo vede lei.
Così, la mostra romana – utile in teoria a restituire alla grandezza di Tolkien la sua dimensione integralmente letteraria – rischia di diventare il cortile provinciale in cui si continuano a esibire i complessi di appropriazione. La destra si ostina a ripartire da Gandalf il Bianco? La sinistra potrebbe ripartire da Frodo l’antieroe! Scherzava così, ma non troppo, Alessandro Portelli in un saggio di quattro decenni fa.
A furia di piantare bandiere incongrue nella Terra di Mezzo – bandiere nere, rosse, leghiste, cinquestelliane della prima ora, meloniane – si compie il paradosso grottesco di estirpare l’unica bandiera lecita: quella dell’invenzione letteraria. O, come l’avrebbe definita Tolkien, della Fantasia – che non ha partito.