la Repubblica, 29 ottobre 2023
Reintegrati il vigile che timbrava in mutande
GENOVA – Da nome (e immagine, soprattutto) simbolo dell’inchiesta sui “furbetti del cartellino” al reintegro sul posto di lavoro, passando per le accuse di truffa aggravata ai danni dello Stato, oltre 80 giorni di arresti domiciliari, le assoluzioni in campo penale, una nuova professione e varie conciliazioni fallite con l’amministrazione che lo aveva licenziato in tronco per falsa attestazione di servizio. È la parabola imprevista «e insieme la rivincita più grande, dopo tanta sofferenza» di Alberto Muraglia, il vigile sorpreso più volte dalle telecamere di sorveglianza della struttura comunale di Sanremo di cui era custode nel 2015 a timbrare in mutande e canottiera, che ieri la sezione lavoro della Corte d’Appello di Genova ha reintegrato, annullando il licenziamento disposto dall’ufficio disciplinare del comune ligure e disponendo anche il pagamento di stipendi e contributi arretrati di otto anni. «Giustizia è stata fatta – la definisceMuraglia, che entro 40 giorni dovrà decidere se tornare in divisa o se accettare una buonuscita e proseguire con il suo nuovo lavoro, manutentore di condomini – dopo troppe cattiverie: non ero il mostro che pensavano, ma un lavoratore».A motivare il reintegro, tecnicamente, è stato il vincolo che lega il giudice del lavoro all’ultimo giudicato penale. Muraglia era stato assolto con formula piena per l’ultima volta nel 2020, dopo aver dimostrato che nella struttura dove timbrava in mutande era anche assegnato «l’alloggio dove vivevo insieme alla famiglia», e soprattutto il regolare svolgimento del suo lavoro nei giorni in cui gli venivano mosse accuse di assenteismo. «Timbrare in abiti succinti è irrilevante quando non accompagnato dalla prova dell’assenza effettiva dal servizio», si motivava l’assoluzione in ambito penale, giudicando di fatto non sufficienti ed effettive le prove dell’accusa. Ora, preso atto del giudizio di assoluzione, la disposizione di reintegra della sezione lavoro della Corte d’Appello è diventata automatica, in pratica. A decidere del suo futuro, così, in attesa di capire se l’amministrazione di Sanremo ricorrerà in Cassazione («Ma sarebbe un altro spreco di soldi pubblici, mi auguro non lo faccia», commenta a riguardo Muraglia), sarà lo stesso vigile. «Senza spirito di vendetta, ma la voglia di rivalsa sì».Rimasto l’immagine di copertina di un’indagine che portò agli arresti domiciliari 43 persone e sotto inchiesta un’altra ottantina, la sentenza di reintegro a Muraglia arriva dopo «anni di massacro mediatico dove ho temuto anche per la mia famiglia, sbattuto come un criminale sulle tv di tutto il mondo, persino con un premier – è il riferimento all’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi – che chiedeva per me il licenziamento in 48 ore». Ecco perché, se nel frattempo il vigile ha aperto «per sopravvivere» una bottega da “aggiustatutto” che «oggi va alla grande, gestiamo le piccole manutenzioni di quasi 500 condomini in città» – racconta Muraglia – «la grande tentazione di concretizzare il reintegro e rimettermi la divisa per le strade di Sanremo, anche se m i mancherebbe poco alla pensione, è forte. Rinizierei domani mattina, la rimetterei anche solo il tempo di una foto, per far vedere a tutti quelli che mi hanno fatto soffrire come un cane per otto anni chi aveva ragione».