La Stampa, 29 ottobre 2023
Caccia nei tunnel
Con buona pace di buoni consigli e raccomandazioni, Israele ha iniziato il suo percorso di guerra in Gaza. A tutti gli analisti – specie americani e inglesi – che discettavano delle sabbie mobili nelle quali sarebbe fatalmente finita l’invasione di una zona altamente popolata come Gaza, e a tutti gli storici che mettevano in guardia sul fatto che «non conviene ad Israele questo attacco perché non è più lo stesso esercito di prima», e ancora a dispetto di tutte le piccole speranze aggrappate agli ostaggi e alle richieste internazionali, che suggerivano a Israele di prendersi una (magari lunga) pausa di riflessione prima di «scatenare l’inferno», alla fine un massiccio movimento di aerei, carri armati e ruspe, da tre notti ha superato le barriere del territorio di Gaza, con un’operazione da prendere sul serio dal momento che non è stata fermata nemmeno per lo Shabbat.Venerdì dopo il tramonto, l’ora d’inizio del riposo ebraico, le attività militari in corso non si sono fermate, e anzi hanno accompagnato l’inizio del sabato e l’intera giornata. Ieri sera – il momento in cui scriviamo – i mezzi non erano ancora usciti dalla Striscia, segnando una permanenza di dodici ore.Ci siamo dunque? È l’invasione? Domande semplici senza risposte semplici. Sembra più una preparazione che un’invasione. E a che scopo? O meglio: a quali scopi? E se invece quella di queste ore fosse già l’inizio della guerra che si aspettiamo, ma sotto una forma diversa? In realtà le risposte si intrecciano, perché le cose militari del Medio Oriente vivono avvolte sempre in un gioco di propaganda, guerra psicologica e inganni. E in particolare in questa guerra a Gaza, nella quale si confrontano un’organizzazione terrorista e uno Stato, per altro di due diverse fedi e cultura.Quello che in queste ore vediamo è il dispiegamento di un ampio numero di carri armati e ruspe, con presenza anche di genieri e truppe speciali (notizie ufficiali di Gerusalemme) accompagnati da un parallelo, massiccio, impiego dell’aviazione, che secondo le informazioni ha colpito ieri 150 obiettivi con 100 aerei. Le preparazioni dell’intervento di terra sembrano essere quelle standard che anticipano l’avanzata di un esercito: mettere in sicurezza il territorio, sminare il terreno, individuare trappole e abbattere postazioni da cui potrebbero operare cecchini, e nel frattempo pulire letteralmente il territorio dall’enorme quantità di macerie che l’aviazione israeliana ha lasciato su un terreno stravolto. I primi risultati visibili di queste ore sono l’allargarsi di un’ampia fascia ripulita dalle macerie, con le ruspe, a ridosso del confine fra Israele e Gaza. Le truppe impiegate partono da tre posizioni (notizia data da tutte le tv presenti nella striscia) e sembrano determinate a ottenere alla fine tre strade di scorrimento. Degli aerei abbiamo detto. Israele, che ha dato un nome a tutto questo, ha spiegato che è cominciata «una nuova fase» della guerra. Cioè la guerra è iniziata.Non si tratta di una semplice preparazione, ma dell’operazione che tutti aspettiamo (col cuore in gola)? Il Generale Vincenzo Camporini, cui mi rivolgo per avere spiegazione credibili su questi movimenti, è fermamente convinto che non ci sarà l’invasione e «sarei molto sorpreso se l’Idf entrasse a Gaza in pieno dispiego». Il generale, ricordo qui (e forse è inutile, considerata la sua reputazione), è stato capo di Stato Maggiore dell’Aviazione tra il 2006 e il 2008, e poi capo di Stato Maggiore dell’Esercito dal 2008 a 2011. Sa di cosa parla, tenendo conto del ruolo preminente dell’aviazione oggi in questo e in molti conflitti.La sua ipotesi è che la «preparazione» in corso è fatta «per costruire una agibilità che certamente servirà, anche dopo»; aggiunge che «è probabile che questi lavori anticipino anche la formazione di una fascia cuscinetto» come quella che opera da molti anni fra Israele e il Sud del Libano (affidata per altro a noi italiani). Ma il vero fine di questa operazione è quello di «individuare gli uomini di Hamas, i punti strategici, ed eliminarli». Una operazione search and kill? «Esatto». Dunque le operazioni militari sono iniziate? «Certamente».Come facciano gli israeliani ad andare sugli obiettivi e trovare i membri di Hamas è, secondo il Generale, il risultato di un lavoro di intelligence sul quale l’esercito è ampiamente preparato. «Gli strumenti di sorveglianza di Israele sono molto sofisticati. I carri armati sono per sicurezza, ma le operazioni di eliminazione sono portate avanti dalle squadre speciali». Dunque non siamo lontani da quello che è stato da molte nazioni consigliato al governo di Netanyahu: evitare una guerra tradizionale e impiegare metodi chirurgici. La cronaca di queste ore parla proprio di almeno tre capi di Hamas uccisi. Tra questi il responsabile dell’operazione dei deltaplani con cui Hamas il 7 ottobre ha varcato via aria il confine.L’ampiezza dell’operazione in corso è dimostrata dal fatto che all’intervento chirurgico via terra, si accompagnano feroci bombardamenti che durano da tre giorni, l’ultimo dei quali vien descritto come il più duro fin qui. «L’aviazione viene impiegata perché non tutti gli obiettivi sono raggiungibili con operazioni mirate, e perché in questo momento solo l’aviazione può portare a termine il principale scopo dell’Idf: colpire l’ampio reticolo di cunicoli sottoterra».«Io ne ho visto almeno uno, l’ho visitato», aggiunge Camporini, a sorpresa. La visita è avvenuta due volte, nel 2019 e nel 2021, su invito di Israele: «Era un cunicolo scavato sotto un kibbutz in maniera da poter emergere al centro di questa comunità». Lo scavo era stato fermato prima. «Ma era una cosa molto grezza, molto improvvisata, non questi tunnel di due metri per due, che Hamas mostra nelle foto oggi». Di questo reticolo di un mondo sotterraneo e nemico Israele ha una mappa dettagliata, ottenuta con una tecnica semplice ma efficace: «L’esercito impiega sensibilissime tecnologie per il controllo dei terremoti – le macchine, per esempio, captano le vibrazioni degli scavi».Ma per distruggere questi rifugi, cosa che è in corso in queste ore, servono munizioni molto sofisticate. «Il bombardamento di superficie non è efficace per questo tipo di missione. Le bombe devono entrare in profondità ed esplodere quando sono sottoterra. Ce ne sono di due tipi: Il primo è un ordigno tutto sommato semplice, a esplosione ritardata, che entra a una certa profondità ed esplode sottoterra». Il secondo – ve lo anticipo, fa più paura – «è una bomba guidata dall’aereo, tramite un meccanismo che le dà più movimento rispetto alla semplice gravità, e le permette di arrivare con precisione sull’obiettivo». Quanta precisione? «Un metro di errore massimo». Peccato che la bomba non possa tuttavia (per ora) distinguere militanti politici o combattenti dai civili. E questa vuole essere una battuta amara.