La Stampa, 29 ottobre 2023
Erdogan, e le illusioni perdute
Quella frase su Hamas, «liberatori, non terroristi», aveva suscitato l’indignazione di tutto l’Occidente. Ieri Recep Tayyip Erdogan ha raddoppiato. Nella sua Istanbul, in un discorso davanti a una manifestazione oceanica contro i raid israeliani a Gaza, ha articolato il suo ragionamento in una visione complessiva, che spaziava dal centenario della Repubblica turca, fondata il 29 ottobre del 1923, all’eredità ottomana, al ruolo dei turchi nel mondo. Ed è una presa di posizione senza precedenti. Il primo punto è che Israele è «un criminale di guerra». Il secondo è che l’Occidente è responsabile dei massacri perché non frena la rappresaglia di Netanyahu.Ma la parte più interessante riguarda Hamas e Gaza. Erdogan ha attaccato i suoi concittadini che accomunano il movimento jihadista e Netanyahu e li definiscono entrambi “terroristi”. Non va bene: «Non sanno che cos’è Hamas, perché vedono Gaza come un posto lontano». E invece no. «Gaza era una città ottomana fino a un secolo fa, era una delle nostre città affacciate sul Mediterraneo, come Adana oggi: purtroppo, la storia ci ha divisi, separati da confini, e oggi gli israeliani cercano di dividerci con trucchi e giochetti». No, «Hamas non è un gruppo terrorista, e non ci accontenteremo della condanna di quello che sta succedendo nella Striscia di Gaza: gli stessi che gridavano contro i crimini in Ucraina oggi appoggiano Israele con le mani grondanti di sangue». L’Occidente è colpevole, «perché Israele non durerebbe neanche tre giorni senza il suo sostegno». E quindi la Turchia è pronta a «dichiarare Israele criminale di guerra davanti a tutto il mondo».La reazione immediata è stata il ritiro di tutto il personale diplomatico israeliano dalla Turchia ma questo discorso, nella solennità delle celebrazioni del centenario della Repubblica, spazza via molte illusioni. La Turchia di Erdogan è schierata con Hamas senza se e senza ma. Allude a rivendicazioni territoriali, come già con le città libiche di Tripoli e Misurata. Contesta l’ordine internazionale guidato da Stati Uniti ed Europa. Rilancia la teoria del “doppio standard” e così alimenta il risentimento del Global South. È come un richiamo della foresta, una nostalgia imperiale ottomana intrisa di messianesimo pan-islamico. È la realtà che dovremo affrontare.