Corriere della Sera, 29 ottobre 2023
Armita è morta
Armita è morta. Come Mahsa Amini, come Nika Shakarami, Armita Garavand non si risveglierà più. Dopo 28 giorni di coma all’ospedale militare Fajr di Teheran, hanno staccato la spina. Sette giorni fa era arrivata la conferma della «morte cerebrale» della sedicenne aggredita dagli agenti della polizia morale nella metropolitana della capitale, lo aveva detto anche il padre, Bahman Garavand: «Non ci sono speranze».
Da ieri, i social traboccano di immagini con il suo volto. Succede per ogni giovane ucciso dal regime. La gioventù iraniana si fa sentire dove può, come può. Sui loro profili gli hashtag non sono slogan vuoti, ma promesse di resistenza: non ti dimentichiamo, non li perdoneremo.
Armita aveva i capelli corti, neri. Vestiva con i pantaloni larghi e, come molte coetanee, non portava il velo. Era di Kermanshah, una città a maggioranza curda, ma viveva a Teheran e frequentava il liceo. La prima domenica d’ottobre, si è data appuntamento con le compagne di classe alla fermata della metropolitana Shohada.
Conosciamo la sua storia grazie alle telecamere di sicurezza. Anche se il racconto per immagini si interrompe proprio negli istanti che si sono rivelati fatali.
Nonostante ogni carrozza del treno sia dotata di almeno due telecamere, quello che è accaduto all’interno lo sappiamo attraverso le testimonianze degli altri pendolari, perché la dittatura non ha permesso la visione di quei filmati. I testimoni raccontano che in quella corsa Armita ha incrociato la polizia morale che le avrebbe chiesto perché fosse senza velo. Armita avrebbe scelto di difendere i suoi capelli al vento: «Io vi chiedo perché voi invece lo indossate?». A quel punto, l’avrebbero spinta così forte da farle sbattere la testa, causandole un trauma cranico gravissimo.
L’hanno portata in un ospedale di massima sicurezza. Perché il regime conosce la potenza che sta nel suo nome, Armita, che è identico a quello di Mahsa, Nika, Asra.
Come giustificheranno Khamenei e i suoi pasdaran l’ennesima morte di una ragazza che non voleva assomigliare a loro? Proprio ora che il governo degli ayatollah è criticato anche per il supporto ad Hamas nella guerra con Israele, la storia di Armita rischia di esplodergli contro.