la Repubblica, 28 ottobre 2023
Intervista a Elisabetta Ciuffini
Il successo con Mike in televisione il boom di Rischiatutto poi la vita vera lontano dal video “Quella scatola magica può essere malefica”
Sabina, sono cinquant’anni che le chiediamo della sua minigonna: non si è stancata?
«Ma no! Anche perché, se non è stata una rivoluzione del costume, poco ci è mancato. A Rischiatuttoarrivavano lettere di ragazze della provincia italiana, con dentro fotografie insieme ai padri, e loro che spiegavano: se la minigonna la mette Sabina, che è educata e seria, papà dice che posso metterla anch’io».
Togliamoci il dente, allora: minigonna. A lei chi la fece indossare?
«Ma la Rai, naturalmente.
Decidevano tutto loro, purché poi io rimanessi ferma, composta e sorridente. Non dovevo dimenarmi. Sul pavimento mi avevano pure disegnato i segni per i piedi: dovevo stare lì sopra, immobile».
A occhio, da quei segni lei è uscita presto.
«Può scommetterci».
Ma si diceva della minigonna.
«A un certo punto accadde che campione diRischiatutto diventò un certo Rolfi, che faceva il sacrestano. Venimmo a sapere che Paolo VI aveva cominciato a seguire il programma perché lo interessava questo tizio, e allora mi misero i pantaloni finché Rolfi non perse il titolo. Però arrivarono altre lettere, di ragazzi, militari, insomma i giovani maschi rivolevano le gambe. Io mi limitavo a eseguire gli ordini».
Cosa c’era dietro quei suoi sorrisi?
«Ero ingenua, mica stupida. Avevo fatto il classico al “Giulio Cesare” di Roma, poi mi ero iscritta a Filosofia alla Sapienza. Il posto di valletta non lo voleva nessuno, rifiutò pure la sorella di Ornella Muti che era bellissima e si chiamava Claudia.
Quando presero me, pensai allo stipendio. Era anche il mito di papà: quando guadagnerai uno stipendio, allora sì…»
E cos’era Mike, in tutto questo?
«Un maestro amabile, un soldato.
Anche un ingenuo. Come quando s’illuse che la tivù commerciale sarebbe stata un moltiplicatore economico, invece si abbassò paurosamente il livello. Mike Bongiorno era modesto, aveva conosciuto tante delusioni e non pensava soltanto ai quiz. Noi si andava in onda nell’Italia delle Brigate Rosse, tutti ci giudicavanouna cosa leggera ma c’era di più».
Intanto, i concorrenti dovevano essere preparati davvero. Bisognava studiare per meritare le cose. O no?
«Eccome. Quando qualcuno ebbe l’idea di rifare Rischiatutto, e io ero contrarissima, il famoso “Signor no” non riusciva a trovare nessuno che sapesse davvero qualcosa».
Perché vi amiamo ancora tanto?
«Forse perché eravamo ottimismo, ma non solo leggerezza. Anche garbo, educazione. Rischiatutto fu una rivoluzione che produsse stupore e rispetto. E poi c’eraqualità. Il massimo dirigente Rai di allora, il mitico Ettore Bernabei, mi chiamava e mi insegnava come pronunciare “duecento”, oppure che si dice “cintura” e non “cinta”: “Sabina, si ricordi che noi della televisione parliamo a tutta l’Italia, non solo ai romani”, ripeteva».
Ora useremo un termine orribile: lei è un’icona.
«Lo so, lo capisco dall’affetto di chi ancora mi riconosce per strada e mi accosta rispettosamente. Mi sono sempre sentita protetta».
Lei però è uscita abbastanza presto dal video: come mai?
«La scatola magica, come lachiamava Mike, è anche una scatola malefica. Forse non ho curato le relazioni, oppure avevo poca ambizione».
La tivù la guarda?
«Mi sembra piena di violenza e volgarità. E poi, fanno parlare chiunque. Che dice, sto facendo la saputella?»
Un poco, ma si sa che lei avrà per sempre vent’anni.
«Grazie, gentilissimo, ma non è così. Comunque, non è stato male rimanere fuori dalla scatola: dentro ci ho visto invecchiare male tanta gente che conoscevo. E quasi tutti quelli davvero bravi, prima o poi li hanno fatti fuori. Forse perché, nella selezione naturale della vita, i peggiori sono anche i più scaltri, i più svegli».
Nostalgia?
«Un po’, ma i ricordi sono di più.
Vorrei aver capito allora quello che ho compreso dopo, magari è il pensiero di ognuno. Ero giovane, ero distratta. Era l’epoca in cui una ragazza teneva nell’armadio un cappotto, due golfini, due camicette e due paia di scarpe, e per uscire la sera si doveva chiedere il permesso a papà. Poi vennero il matrimonio, i figli, la separazione, qualche disgrazia familiare di salute, insomma non è stata una passeggiata. Non lo è per nessuno».
La fate la pizza dei reduci di Rischiatutto?
«No, ma l’altro giorno ho rivisto la signora Longari in uno studio televisivo. Beh, è una donna che sta ancora bella dritta e sorride. C’era pure Fabbricatore. Ve lo ricordate, Andrea Fabbricatore? Uno che di viso non è cambiato tanto, un po’ come me».
Sabina Ciuffini era una ragazza del Sessantotto dentro la tivù democristiana. Come la visse?
«A noi giovani, la televisione non interessava: volevamo andare in piazza. Poi mi accadde all’improvviso una cosa che non avevo cercato, e che è rimasta per sempre. La gioventù me la sono ripresa dopo, almeno un poco. Da minorenne ero diventata la ragazza più famosa d’Italia e quando la cosa finì, dopo cinque stagioni diRischiatutto, provai un senso di liberazione. Però oggi sono contenta di non essermi liberata poi così tanto di quel tempo, che è stato profondamente mio».