Corriere della Sera, 28 ottobre 2023
Come si combatte nei tunnel
«Come difenderci con tunnel o senza tunnel e dove averli è una nostra scelta», rispondeva così nel 2021 Bassem Naim, dirigente di Hamas protagonista della recente missione a Mosca. Era la replica ai sospetti di gallerie tra i palazzi di Gaza. Ora Gerusalemme ha rilanciato: hanno nascosto il comando sotto l’ospedale al Shifa. Uno snodo con spazi protetti, comunicazioni, ambienti sicuri dove accogliere alcuni degli ufficiali, compresi quelli che coordinano il lancio di razzi. Sopra di loro civili a fare da scudi umani. Il bunker sarebbe collegato alla capillare rete di cunicoli nella Striscia. Accusa respinta dal movimento: è un pretesto per continuare il massacro.
La battaglia di versioni riporta al nemico numero uno di qualsiasi invasione della Striscia, le gallerie delle Brigate al Qassam lunghe dozzine di chilometri. «Una ragnatela all’interno del quale cammini senza sosta», ha raccontato la donna liberata qualche giorno fa dopo aver vissuto da prigioniera nelle mani dei mujaheddin. I rapporti diffusi dallo Stato Maggiore parlano di una «città sotterranea», un’evoluzione di un progetto iniziato negli anni ’90 per introdurre viveri e altro dall’Egitto, sempre poco incisivo nei controlli. A favorire il grande balzo la composizione del terreno, operai abili a scavarne uno in 3-6 mesi e famiglie che hanno inventato una loro industria. Dopo il ritiro di Israele, i palestinesi hanno abbinato l’impiego militare ai traffici e progressivamente sono nati cunicoli attraverso i quali importare materiale bellico e far passare uomini. Lo stesso Mohammed Deif, il capo delle Brigate sarebbe rientrato a Gaza nel 2007 così. Quindi il terzo passo: i tunnel per infiltrarsi in Israele e prendere ostaggi, operazione riuscita. Infine, il quarto passo: la nascita di un vero sistema. Tunnel in cemento, postazioni connesse a depositi, «nidi» di armi anti-tank.
Come in Vietnam
Per scoprire i cuniculi d’aiuto sensori e droni Ma per la bonifica servono i soldati «topi»
La profondità è variabile. Secondo il geologo Joel Roskin nelle aree di confine oscilla tra i 4 e i 12 metri, al di sotto potrebbero prodursi crolli. Maggiore lo scavo in prossimità di edifici che proteggono l’accesso, permettono di allacciarsi a luce ed acqua, celano eventuali lavori. I generatori assicurano una fonte alternativa, specie in fasi critiche. Nel tempo i tunnel sono diventati opere complesse con ingressi in verticale oppure a scalare, percorsi elaborati, apparati di comunicazione, dormitori. Un termitaio della guerriglia dove resistere. Arduo scoprirli. I sensori sono d’aiuto, però captano entro un raggio limitato e sono impiegabili solo in alcune condizioni. Preziosa la ricognizione dal cielo, con passaggi continui per scorgere mutamenti sul terreno al fine di disegnare una mappa. Ma se sono sotto delle case è inutile. I guerriglieri ne hanno persi molti, però se sono partiti da una trentina e adesso ne possiedono un numero indefinito vuol dire che sono riusciti nella missione.
Israele si è ritrovato a inseguire. Ha addestrato due reparti – Samor e Yahalon -, ha ottenuto qualche risultato, ha bombardato i cunicoli quando ha avuto l’indicazione dell’intelligence, ha immesso una «lama» nel sottosuolo lungo il reticolato, ha investito milioni, ha consultato gli Usa alle prese con in tunnel dei narcos, ma non ha trovato la risposta definitiva ad una tecnica antica. La bonifica completa può costringere a infilarsi nelle gallerie. Cani con telecamere, droni e qualche tipo d’esplosivo speciale aiutano, però alla fine tocca ai soldati fare i «topi» imitando gli americani al tempo del Vietnam nei tunnel di Cu-Chi.