Corriere della Sera, 28 ottobre 2023
Cosa dicono i soldati
KIBBUTZ KFAR AZA Ieri pomeriggio i tank israeliani stavano già operando nelle zone centrali della Striscia di Gaza. Dal perimetro esterno di Kibbutz Kfar Aza li abbiamo visti alzare polvere tra i campi coltivati e le serre dei contadini palestinesi. L’attacco di terra era in netta preparazione con i soldati di sentinella attenti ai loro posti. In cielo il continuo ronzio dei droni e a intermittenza gli scoppi delle bombe verso le zone abitate.
Anche in un frangente tanto drammatico però, gli israeliani non perdono affatto la loro proverbiale litigiosità interna. Persino adesso, dopo uno degli eventi più traumatici nella storia del Paese, il lutto nazionale, il calvario struggente degli ostaggi e la necessità di fare la guerra totale contro Hamas per ripristinare quella che qui chiamano la «hatrà», la deterrenza, le polemiche sono all’ordine del giorno. Ed è sorprendente scoprire che anche tra i soldati al fronte, superato il primo momento in cui al reporter straniero recitano le frasi di prammatica – tipo: «Hamas è come Isis, non abbiamo alternativa, va cancellata una volta per tutte, entreremo a Gaza e vinceremo, siamo pronti e ben addestrati per i compiti che ci aspettano» – poi molti di loro non nascondano affatto l’intimo disprezzo per il premier Benjamin Netanyahu e il suo esecutivo.
«La verità è che Israele possiede un esercito infinitamente più forte di Hamas. Non siamo certo come ai tempi dei pogrom antisemiti nell’Est Europa dei secoli scorsi. A differenza del periodo dell’Olocausto, oggi siamo perfettamente in grado di difenderci e attaccare. Israele è nato appunto nel 1948 sulla base di un principio fondamentale: mai più, mai più genocidi di ebrei indifesi. Il problema vero è che il governo e la nostra macchina militare e dell’intelligence il 7 ottobre non hanno funzionato, non hanno capito il problema, non lo hanno prevenuto e non hanno saputo evitare la catastrofe. Ora combatteremo, batteremo Hamas. Vinceremo. Su questo non c’è dubbio. Ma dopo Netanyahu dovrà andarsene e con lui i suoi inetti collaboratori. Dovranno pagare per i loro errori», ci dicono alcuni ufficiali di fronte alle abitazioni crivellate di proiettili e devastate dalle fiamme del kibbutz, che è stato uno dei più gravemente colpiti dalla furia omicida dei militanti di Hamas.
La verità è che Israele possiede un esercito infinita-mente più forte di Hamas Non siamo certo come ai tempi dei pogrom antisemiti nell’Est Europa dei secoli scorsi
Una soldatessa annuisce con gli occhi umidi. Non solo lacrime di dolore nel vedere i lettini dei bambini rovesciati, le tracce di sangue sul pavimento, le biciclette riverse nel prato, le testimonianze sconvolgenti delle vite di intere famiglie spazzate via, ma soprattutto di rabbia. Di impotenza, con l’amaro in bocca per essere stati traditi, abbandonati da quelle stesse autorità che dovrebbero essere il simbolo e la garanzia della sicurezza nazionale.
«Il grave di tutto questo è che, nei luoghi dove anche solo pochi membri del kibbutz assieme a qualche soldato sono riusciti di loro iniziativa a organizzare un minimo di resistenza armata coordinata, i terroristi non sono riusciti ad entrare, non c’è stato massacro di civili, hanno preferito concentrarsi dove la reazione israeliana è stata più debole o assente», ci dice Shraga, un ufficiale nel vicino kibbutz Nir Am, dove appunto Hamas non ha colpito.
Attorno a noi i battaglioni israeliani hanno preso posizione. Tutti gli insediamenti vicini a Gaza adesso sono vuoti di civili. È come se fosse un gigantesco campo militare che dalla zona di Ashkelon nel Nord corre lungo il perimetro esterno della Striscia per una cinquantina di chilometri sino al confine con l’Egitto. I soldati dormono nelle case abbandonate, bivaccano nelle mense, piazzano le basi comando nei bunker antiaerei. Alcuni punti di Kfar Aza sono soltanto a 800 metri dal perimetro di Gaza. Due cancelli sono stati sfondati. «Da vent’anni abito nella cittadina di Sderot, da dove si vede Gaza. Con la mia famiglia sapevamo bene che potevamo venire attaccati da commando di terroristi armati. Ma non avrei mai pensato su questa scala. Ecco il motivo per cui Hamas va distrutta. Altrimenti gli israeliani non vivranno più nel Sud del Paese», dice Yuval, un riservista 36enne che non nasconde l’urgenza di attaccare. «Questa è una guerra senza alternative, o noi o loro, ovvio che non hanno scampo».
Oggi siamo in grado di difenderci e attaccare Lo Stato di Israele è nato nel 1948 sulla base di un principio fondamen-tale: mai più, mai più genocidi di ebrei indifesi