Corriere della Sera, 28 ottobre 2023
C’era una volta Greta
C’era una volta un’ambientalista svedese, giovane e determinata, che se la prendeva con chiunque inquinasse l’aria e arrostisse la Terra. I cinici la consideravano un’ingenua e i sovranisti la accusavano di essere al soldo delle multinazionali «green», ma persino i suoi detrattori erano costretti a riconoscere che la forza di Greta Thunberg consisteva nella capacità di unire le persone verso un obiettivo comune, senza distinzioni politiche. Finché un giorno Hamas entrò in Israele e compì una mattanza, uccidendo millequattrocento persone casa per casa. Fedele al suo personaggio super partes, Greta rimase in silenzio. Ma appena gli israeliani reagirono, pubblicò un post in cui schierò platealmente «Fridays for future» con la resistenza palestinese. Non che ci si aspettasse un suo attacco agli emiri del Qatar, i quali finanziano Hamas con i proventi di quel petrolio che lei ha sempre avversato. Ma da una idealista del suo stampo ci si poteva ragionevolmente attendere un appello ecumenico alla pace in nome della sopravvivenza del pianeta. E invece per Greta il male che dilania il Medio Oriente è soltanto colpa dei sionisti e degli occidentali. Soltanto loro.
I dirigenti tedeschi di «Fridays for future», a cui la Storia ha consegnato una sensibilità speciale su certe questioni, si sono immediatamente dissociati. Così Greta ha smesso di essere di tutti. Adesso è di parte anche lei. Forse è diventata grande. Di sicuro, più piccola.