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 2023  ottobre 26 Giovedì calendario

L’Iran può usare l’atomica?

La scorsa settimana avevamo scritto che probabilmente Benjamin Netanyahu si stava fregando le mani perché l’attacco di Hamas del 7 ottobre gli dava la possibilità di eliminarlo, passando come l’aggredito che doveva difendersi. Ma col passare dei giorni la situazione si è quasi ribaltata e oggi è Israele che sta passando per aggressore. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è spinto ad affermare che: «Gli attacchi di Hamas non nascono dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione», frase che ha suscitato l’ira dell’ambasciatore israeliano a New Jork, che ne ha chiesto le dimissioni e del ministro degli esteri di Tel Aviv che si è rifiutato di incontrarlo.
Riassumiamo: in questi pochi giorni si sono precipitati in Israele il presidente francese Emmanuel Macron, il segretario di Stato Antony Blinken e il presidente Joe Biden. Gli Usa hanno anche inviato in fretta e furia in Medio Oriente due portaerei con una flotta di navi appoggio e nessuno dubita che a bordo ci siano anche forze speciali addestrate a far fronte a qualunque eventualità. Gli Stati Uniti, mentre hanno dimostrato coi fatti che sono pronti a difendere Israele in caso di nuovi attacchi da qualunque parte provengano, anche dalle milizie Hezbollah stanziate in Libano o direttamente dall’Iran, continuano a «consigliare» il governo di Tel Aviv di attendere prima di iniziare la più volte annunciata «operazione di terra». Tali consigli sono talmente cogenti che ancora oggi, a quasi venti giorni dall’attacco di Hamas, l’ «operazione di terra» non è partita.

Non solo: dalle minacce di Teheran agli incontri al Cairo e in Giordania, dagli inviti alla calma della Cina, tutta la diplomazia mondiale si sta muovendo per evitare un allargamento del conflitto che, bisogna ammetterlo, è davvero dietro l’angolo. Israele sta cercando di contrastare Hamas con continui bombardamenti mirati anche se, data la struttura della Striscia di Gaza, completamente solcata da gallerie sotterranee, colpire Hamas fino a distruggerla sembra quasi impossibile. Militano contro Israele due potenti deterrenti: da una parte la sorte dei circa duecento ostaggi, appartenenti a quasi tutti gli stati del mondo e dall’altra l’inevitabile strage di civili palestinesi (siamo quasi a cinquemila) che le bombe israeliane stanno provocando.
Come uscire da questa situazione? È forse la domanda più difficile che si sia mai posta: Hamas ha come credo l’eliminazione di Israele e, di conseguenza, non è disponibile a nessuna trattativa. Israele convive dal 1947, anno della sua fondazione, con una popolazione araba a lui ostile e pronta a qualunque cosa pur di eliminarlo. La soluzione di Oslo, due stati per due popolazioni, non è stata accettata da Hamas ed è stata aggirata da Israele che ha continuato ad occupare con insediamenti ebraici i territori della Palestina.
Oggi, solo guardando una cartina della Cisgiordania, si comprende che una soluzione pacifica è quasi impossibile: i territori palestinesi sono isole in mezzo ad Israele, molto spesso non comunicanti tra loro e divisi dal famoso muro che Israele ha eretto per evitare infiltrazioni terroristiche. Può Israele non reagire alla strage del 7 ottobre? Lo ammettono tutti: impossibile. Riuscirà mai a sradicare Hamas? Anche a questa domanda la risposta è quasi automatica: altrettanto impossibile. E allora ci chiediamo: riuscirà Israele a dare una risposta che sia accettabile per la sua onorabilità e contemporaneamente non scateni una guerra dagli esiti imprevedibili? E ancora: l’Iran ha l’arma nucleare che, essendo uno stato assolutista e teocratico, ritenuto da anni paria nella comunità internazionale se non un vero e proprio Stato-canaglia, potrebbe usare senza preavviso? Non lo sanno neppure i servizi segreti di Usa e Israele, il che la dice lunga sui possibili sviluppi della situazione.