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 2023  ottobre 25 Mercoledì calendario

Infrastrutture a bassa velocità

Ieri diversi treni ad alta alta velocità fra Roma e Firenze hanno subìto pesanti ritardi per un guasto alla linea, oppure (secondo quanto è stato comunicato ai viaggiatori) per la presenza sui binari di pecore, o di altri animali: il primo a riferirne a La Stampa è stato il presidente dell’Assoutenti, Furio Truzzi, che si trovava su uno dei treni in questione e si è detto sconcertato, in particolare, dall’ipotesi di un gregge sulla ferrovia ad alta velocità.Ma lunedì era successo di peggio: un blocco dei treni da Roma si è riverberato su mezza Italia e ha imposto ritardi fino a 350 minuti ai convogli della (presunta) alta velocità ferroviaria; migliaia di persone sono rimaste coinvolte in tutta la Penisola. La rottura di un cavo nella stazione Prenestina – dove stava passando un treno Av – ha gettato la rete nazionale nel caos. È fresco il ricordo della tragedia di Borgaro Torinese, con 5 operai morti sui binari, e sentir parlare di un cavo tranciato da un treno solleva nuove ansie riguardo alla manutenzione ferroviaria e ai problemi della sicurezza. L’impressione è che l’alta velocità sia partita bene, anni fa, come servizio d’élite e di affidabilità assoluta (con ritardi rarissimi e per circostanze eccezionali) ma che poi sia entrata troppa sabbia nei suoi ingranaggi, e che ormai quei treni teoricamente superveloci ritardino con la stessa facilità degli altri. È un’impressione corretta?
Dai rapporti di qualità pubblicati da Trenitalia (che però non scorpora l’alta velocità) e da Italo risulta che almeno il 98% dei treni dell’ex monopolista e il 58% di quelli del concorrente arrivano con ritardi compresi fra uno e 60 minuti. Il ritardo medio tende a convergere verso la parte bassa della forbice, ma i ritardi oltre i 60 minuti, i 120 minuti e le soppressioni di convogli, pur presentando percentuali minime, infliggono un danno enorme a migliaia di persone. Secondo l’analista del settore ferroviario Franco Tanel «il sistema dell’alta velocità è sotto stress, vittima del suo successo. Nei primi anni ci siamo sorpresi di quanto i nuovi Frecciarossa e Italo fossero puntuali e affidabili rispetto agli altri, e ci siamo abituati all’idea che così debba essere sempre. Ma poi il numero dei convogli Av e la loro frequenza sono molto aumentati, forse troppo». Ogni giorno in Italia ci sono più di 8 mila collegamenti ferroviari di ogni tipo, fra cui circa 190 offerti dai Frecciarossa e più di 50 dai treni di Italo. E tutto questo grava su una rete che, osserva Tanel, «non è ancora completa. Per fare un esempio fra Verona e Padova i treni veloci viaggiano su binari normali».
È un problema di risorse che mancano? La società Rete ferroviaria italiana (Rfi), che fa parte del gruppo Fs (sui suoi binari viaggiano sia i convogli di Trenitalia sia quelli del concorrente Italo), nel 2022 ha investito 5,9 miliardi, e il Pnrr ne destina altri 28,8 a potenziare la rete. Ma Cesare Pozzi, docente di Economia industriale all’università Luiss di Roma, e ex consulente del Cipe per i trasporti, mette sull’avviso: «Non bisogna pensare che spendendo più soldi si risolvano i problemi. In Italia ne vengono destinati già abbastanza allo sviluppo delle ferrovie, alla manutenzione e alla sicurezza. Anzi, a volte addirittura si sovra-spende. Ma non sempre lo si fa bene. Spesso manca un approccio di sistema». Pozzi ritiene che le tratte mancanti vadano realizzate, ma non è convinto che per disintasare la rete ad alta velocità sia opportuno ampliarla: «Manca lo spazio fisico per creare altre linee ferroviarie. L’Italia è piena di montagne, la parte penisulare è tagliata in due dagli Appennini, bisogna scavare troppe gallerie. Per fare un confronto, la Francia è avvantaggiata da un territorio molto più pianeggiante, mentre la Spagna (altro Paese con una grande rete ad alta velocità) ha una densità di popolazione molto più bassa della nostra, e numeri minori di traffico passeggeri».
Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’università Milano Bicocca e economista dell’Istituto Bruno Leoni, sottolinea però la necessità di potenziare, se non le linee, almeno i nodi ferroviari delle grandi città: «Lì si concentra un forte traffico dell’alta velocità, dei pendolari e del servizio merci. A Firenze qualche mese fa un treno merci è deragliato e ha diviso in due l’Italia per ore. Bisogna potenziare i nodi per evitare guai futuri».Per affrontare l’emergenza il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha convocato per oggi le compagnie ferroviarie.