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 2023  settembre 02 Sabato calendario

Biografia di Amarena

Amarena (-2023). Femmina adulta di orso marsicano. Nome in codice F17 • «Credo di non esagerare sostenendo che le immagini dell’orsa Amarena assassinata a terra, con gli occhi sbarrati e la lingua adagiata nel suo stesso sangue siano tra le più terribili dell’anno per ciò che concerne il conflitto fra uomo e natura che sta inevitabilmente arrivando al suo culmine. E sono in un contrasto stridente con quelle, che hanno circolato in rete qualche giorno fa, in cui si vedeva la stessa orsa attraversare il paese di San Benedetto dei Marsi (AQ). Amarena discende una scalinata e si trova su una strada dove ci sono alcune persone che l’aspettano, per un attimo si gira attorno sperduta, poi si comprende che aspetta qualcuno presidiando la discesa. Donne, uomini e soprattutto bambini di San Benedetto non si spaventano, anzi, sono contenti di quell’arrivo e filmano l’evento con i propri cellulari. I genitori fanno qualche raccomandazione, ma nessuno scappa. Poi si capisce il motivo di quel presidio temporaneo: dalla stessa scalinata scendono i due figli dell’orsa, la madre li spinge verso le scale nella direzione opposta e poi tutti e tre si dileguano nel bosco. Gli orsi nel loro ambiente e i sapiens contenti di aver assistito a uno di quegli incontri per cui vale la pena vivere. Un esempio di convivenza pacifica e quasi armonica fatto drammaticamente cessare per la mano armata di un cacciatore irresponsabile. Chi era Amarena? Era una delle orse più prolifiche del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM), cosa che la rendeva ancora più preziosa, visto che stiamo parlando di una sessantina di esemplari di una (sotto)specie (Ursus arctos marsicanus) in grave crisi demografica che ha bisogno di sostenere una massa critica per scampare all’estinzione. Estinzione che finora è stata evitata grazie alla buona volontà dei sapiens e alla istituzione del Parco, voluta fortemente per difendere proprio gli orsi e i camosci, due specie che, fino a quel momento, erano state cacciate fino all’inverosimile. Gli allevatori di bestiame, in particolare, si armavano o raccomandavano ai cacciatori di uccidere gli orsi: se non ci fosse stata la Prima Guerra Mondiale gli orsi d’Abruzzo sarebbero spariti del tutto. Eppure, un tempo, erano diffusi in tutto il territorio montuoso d’Italia, come testimoniano le decine di toponimi che contengono la parola orso, dalle Alpi alla Calabria. Oggi ne restano solo tre gruppi, di cui due nelle Alpi, però di orsi bruni comuni, diversi da questi abruzzesi. Nonostante il gravissimo pericolo di estinzione, i governi e i parlamentari restarono sordi dal primo allarme di Erminio Sipari, deputato del Regio Parlamento, nel 1912, fino alla costituzione del Parco nel 1923, quando comincia una storia di tutela e conservazione che non ha mai portato a un solo incidente ai danni dei sapiens (ma diversi ai danni degli orsi). A quel tempo erano pochissime le persone che si preoccupavano per la natura in Italia: "Associazione Nazionale per i paesaggi e pei Monumenti pittoreschi d’Italia" e "Lega Nazionale per la protezione dei monumenti naturali" hanno contribuito in maniera significativa alla tutela di queste aree ed è doveroso ricordare quegli uomini e quelle donne che preferivano un orso vivo a cento pecore morte. Nelle argomentazioni che convinsero il regime fascista a fondare il parco, Sipari sostiene che la presenza di uomini e armenti non disturba la selvaggina (la chiama ancora così…) che si vuole proteggere, visto che gli orsi sono abituati da secoli a sentire altre voci nella foresta. Inoltre discetta di una congenita "docilità" dell’orso marsicano (definito "tapino"), che non aggredisce mai l’uomo e che è «una brava bestia che non pensa normalmente che ai fatti suoi». È lo stesso atteggiamento dei pastori di queste parti che portavano sempre in tasca un pezzo di pane per gli orsi (poi diventato il dolce di Scanno, il "Pan dell’orso"), anche se sparavano ai lupi» [Tozzi, Sta] • Ammazzata a colpi di fucile intorno alle 23 di giovedì 31 agosto alla periferia di San Benedetto dei Marsi, fuori dal Parco nazionale d’Abruzzo. «Ho sparato per paura ma non volevo uccidere, l’ho trovata dentro la mia proprietà è stato un atto impulsivo, istintivo», ha dichiarato Andrea Leombruni, di anni 56, l’uomo che ha sparato. La Procura di Avezzano (pm Maurizio Maria Cerrato) ha aperto un fascicolo per il reato 544-bis del codice penale, che punisce chi procuri per crudeltà o senza necessità la morte di animali. L’uomo ora rischia dai 4 mesi ai 2 anni di carcere.