Anteprima, 20 settembre 2023
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Biografia di Gianni Vattimo
Gianni Vattimo (1936-2023) «Si considerava al tempo stesso comunista e cristiano (anzi: proprio cattolico), ma era il pensatore antidogmatico per eccellenza, l’avversario convinto della pretesa di descrivere per via filosofica, o anche scientifica, l’ordine autentico della realtà. A Gianni Vattimo va riconosciuta la coerenza nel criticare ogni costruzione metafisica, che si esprimeva nella posizione comunemente conosciuta come “pensiero debole”, dal titolo di una famosa raccolta di saggi da lui curata con Pier Aldo Rovatti nel 1983. Al filosofo torinese va reso inoltre il merito di aver cercato sempre di rendere la sua raffinata elaborazione teorica accessibile al pubblico mediamente colto. Aveva una scrittura limpida, per quanto suggestiva, di cui è un esempio formidabile l’autobiografia a quattro mani Non Essere Dio, scritta con Piergiorgio Paterlini (Aliberti, 2006). E si mostrava sempre disponibile a dialogare e a partecipare nelle più diverse iniziative. Anche nell’arena politica non aveva esitato a farsi avanti: era stato a lungo parlamentare europeo, sempre nell’ambito della sinistra, ma in collocazioni via via mutevoli. Vattimo era figlio di un carabiniere calabrese di stanza a Torino, che era morto di polmonite quando il piccolo Gianni aveva appena sedici mesi. Cresciuto in condizioni disagiate, aveva sempre rivendicato le sue origini proletarie: oltre alla scuola, frequentata sempre con ottimo profitto, alla sua formazione aveva contribuito l’ambiente dell’oratorio, dove si era presto messo in luce. Appena diciottenne era divenuto delegato diocesano degli studenti dell’Azione cattolica, dalla quale però era stato presto espulso per le sue posizioni critiche verso l’autorità ecclesiastica. Ricordava però sempre con caloroso affetto il suo maestro, monsignor Pietro Caramello, un pensatore cattolico dalle idee assai conservatrici, legato all’eredità di Tommaso d’Aquino. Nel 1955 il futuro filosofo era entrato alla Rai insieme agli amici Furio Colombo e Umberto Eco, ma l’aveva lasciata dopo un paio d’anni. La sua vera strada era quella universitaria, sotto la guida di un altro importante maestro e amico, Luigi Pareyson. Vattimo si era laureato nel 1959 con una tesi su Aristotele e nel 1964, a soli ventotto anni, aveva intrapreso l’insegnamento come incaricato di Estetica. L’anno prima era uscito il suo libro Essere, storia e linguaggio in Heidegger (Marietti, 1963), che già indicava una linea di ricerca dai tratti originali […]. Preside della facoltà di Filosofia di Torino negli anni Settanta, firma della Stampa, personaggio pubblico di rilievo, Vattimo non nascondeva la sua omosessualità. La vita privata gli aveva riservato esperienze assai dolorose, delle quali parlava e scriveva apertamente. L’Aids gli aveva portato via nel 1992 il suo compagno Gianpiero Cavaglià, assistito amorevolmente fino all’ultimo. E poi un altro, Sergio Mamino, era stato colpito da un tumore ed era morto su un volo transoceanico dall’America all’Europa nel 2003, quando aveva già optato per l’eutanasia all’estero. Da ultimo era nato un caso giudiziario circa il suo rapporto con il compagno e assistente Simone Caminada, accusato dai magistrati di circonvenzione d’incapace nei riguardi del filosofo […]» [Carioti, CdS].