Anteprima, 25 settembre 2023
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Biografia di Matteo Messina Denaro
Matteo Messina Denaro (1962-2023). Mafioso, capomandamento di Castelvetrano, controllava tutta la provincia di Trapani. Detto ’U siccu, ma anche “Diabolik”, come il suo fumetto preferito (come lui avrebbe voluto farsi montare due mitra nel frontale della sua “164”) • Tra i mandanti delle stragi di Capaci e di via d’Amelio, delle bombe di Firenze, Roma e Milano. Responsabile del sequestro e dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del collaboratore che per primo svelò i segreti della strage di Capaci. Responsabile del delitto dell’agente della polizia penitenziaria Giuseppe Montalto. Condannato a diversi ergastoli • Latitante a partire dal 1993 per trent’anni, fino al 16 gennaio 2023, quando lo arrestarono in una clinica privata di Palermo • Figlio di Francesco detto “Don Ciccio”, capomandamento di Castelvetrano, campiere del feudo dei D’Alì, i proprietari della Banca Sicula, poi acquisita dalla Comit (muore nel 1998 durante la latitanza). Lui e il fratello Salvatore si possono dire amici d’infanzia dei figli dei D’Alì, tra cui Antonio (sottosegretario al ministero dell’Interno, nel secondo e terzo governo Berlusconi, dal 2001 al 2006). Salvatore diventò dipendente dei D’Alì quando fu assunto dalla Banca Sicula (è stato arrestato il 20 febbraio 2004 in esecuzione di un ordine di carcerazione per una condanna a 9 anni per associazione mafiosa ed estorsione). Quando fu arrestato, nel 1998, al padre (latitante da dieci anni), venne un infarto e morì (relazione Dna 2013) • Prima che diventasse latitante tutti lo ricordano scorrazzare per Castelvetrano, quando su una Mercedes, quando su una Bmw, sempre in abiti di ottimo taglio e con Rolex al polso • Primi delitti al servizio di Leoluca Bagarella, impegnato, nei primi anni Novanta, a combattere appartenenti alle famiglie dei perdenti (gli sconfitti dai corleonesi nella seconda guerra di mafia). Il più efferato il duplice omicidio dei fidanzati Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo (incinta di tre mesi, ritenuta testimone scomoda degli affari di Cosa nostra), il primo morto sparato, la seconda strangolata (secondo le accuse, personalmente da Diabolik). Grazie alle dichiarazioni del pentito Gioacchino La Barbera i loro cadaveri furono trovati, in avanzato stato di decomposizione, avvolti in buste di plastica, il 14 dicembre 1993 in località Balata di Baida, in agro di Castellammare di Stabia, all’interno di una cava di materiale pietroso in disuso • Ha 21 anni quando si presta all’esecuzione delle stragi riuscite e tentate del 93 dirette da Leoluca Bagarella (nel 2002 viene condannato in via definitiva all’ergastolo) • Aver fatto parte della fazione stragista di Cosa nostra non gli impedisce di diventare uomo di fiducia di Bernardo Provenzano, col quale comunica a mezzo pizzini, non perdendo occasione per mostrare massima adesione alla strategia della sommersione • «Io mi rivolgo a lei come garante di tutti e di tutto, quindi i suoi contatti sono gli unici che a me stanno bene, cioè di altri non riconosco a nessuno, chi è amico suo è e sarà amico mio, chi non è amico suo non solo non è amico mio ma sarà nemico mio, su questo non c’è alcun dubbio... La ringrazio per adoperarsi per l’armonia e la pace per tutti noi» • «Ora mi affido completamente nelle sue mani e nelle sue decisioni, tutto ciò che lei deciderà io l’accetterò senza problemi e senza creare problemi, questa per me è l’onestà. 1) Perché io ho fiducia in lei e solo in lei; (...) 3) perché io riconosco soltanto a lei l’autorità che le spetta; 4) perché noi due ci capiamo anche se non ci vediamo» • Non appena Provenzano è arrestato quasi lo maledice perché si è fatto trovare nel suo rifugio tutti i pizzini che si sono scritti. «Se lo avessi davanti gli direi cosa penso e, dopo di ciò, la mia amicizia con lui finirebbe. Oggi posso dire che se la vede con la sua coscienza, se ne ha, per tutto il danno che ha provocato in modo gratuito e cinico ad amici che non lo meritavano. Chiudo qua che è meglio. Come lei sa a quello hanno trovato delle lettere; in particolare di quelle mie pare ne facesse collezione. Non so perché ha agito così e non trovo alcuna motivazione a ciò e, qualora motivazione ci fosse, non sarebbe giustificabile (...) D’altronde non avevo a che fare con una persona inesperta ed ero tranquillo, anche perché io non ho lettere conservate di alcuno. Quando mi arriva una lettera, anche di familiari, rispondo nel minor tempo possibile e subito brucio quella che mi è arrivata (...) Tutto mi potevo immaginare, ma non questo menefreghismo da parte di una persona esperta. E forse ci sono le copie di quello che lui diceva a me, ma questa è solo un’ipotesi. Ormai c’è tutto da aspettarsi; siccome usava la carta carbone, può anche darsi che si faceva le copie di quello che scriveva a me e se le conservava, ma ripeto, questa è solo una mia ipotesi poiché ormai mi aspetto di tutto» (da una lettera scritta a “Svetonio”, pseudonimo di Antonino Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, condannato per traffico di stupefacenti, e dopo aver scontato la pena ingaggiato dal servizio segreto civile per fare da esca nel tentativo di catturare Messina Denaro) (Francesco La Licata) • «Ho avuto un rapporto particolare con la morte, mi è sempre aleggiata intorno e so riconoscerla, da ragazzo la sfidavo con leggerezza, oggi da uomo maturo non la sfido, più semplicemente la prendo a calci in testa perché non la temo, non tanto per un fattore di coraggio, ma più che altro perché non amo la vita» • Dopo l’arresto di Bernardo Provenzano gli inquirenti ritenevano che avrebbe assunto il ruolo di capo di Cosa nostra insieme a Salvatore Lo Piccolo, allora latitante e arrestato il 5 novembre 2007 • Nell’aprile 2008 sono comparsi tre murales in stile Pop Art di Andy Warhol che, ricalcando una delle fotografie in possesso degli inquirenti, ritraggono Matteo Messina Denaro con gli occhiali da sole (a Palermo, alle spalle della cattedrale e davanti alla facoltà di Giurisprudenza, e a Castelvetrano, sulla facciata dei nuovi uffici comunali, in un terreno confiscato alla mafia). Due di queste foto risultano scattate proprio il giorno del suo compleanno. Accanto ai murales la scritta: «Matteo Messina Denaro, l’ultimo» (a dire che rimane l’ultimo boss da catturare, i due autori si fecero avanti due settimane dopo, erano due studenti di Architettura) • Affetto da strabismo di Venere, secondo alcune fonti nel gennaio 1994 si recò in Spagna presso la clinica oftalmica Barraquer di Barcellona • Fama di femminaro, una delle sue amanti, Maria Mesi (del 65) è stata condannata per favoreggiamento per avergli dato ospitalità durante la latitanza, quando a Bagheria, quando a Palermo. In uno degli appartamenti messi a disposizione fu trovato il giochino elettronico preferito da Diabolik, un Nintendo • Nel 2020 un tumore al colon lo costringe a cambiare vita, deve curarsi, per la sua latitanza è l’inizio della fine. Durante il primo interrogatorio, il 13 febbraio scorso, Messina Denaro aveva detto: «Allora, ascoltate, non voglio essere, non voglio fare né il superuomo e nemmeno l’arrogante: voi mi avete preso per la malattia, senza la malattia non mi prendevate» • «Quando scoprii questo tumore e quindi mi restava poco da… però volevo andarmi a curare, dissi: ‘Vediamo’. E mi sono messo a pensare, ho seguito un vecchio adagio, un proverbio ebraico che dice: “Se vuoi nascondere un albero, piantalo nella foresta”. E l’ho seguito per davvero. Anche perché dicevo: “Ora che ho la malattia, non posso stare più fuori e debbo ritornare”. Qua mi gestivo meglio, nel mio ambiente» • «Non potevo fare alla Provenzano, dentro una casupola in campagna, con la ricotta e la cicoria, con tutto il rispetto per la ricotta e la cicoria, ma io devo uscire, dovevo mettermi in mezzo» • La svolta nell’indagine è avvenuta il 6 dicembre, quando i carabinieri del Ros sono entrati nell’abitazione di Rosalia Messina Denaro, a Castelvetrano, e nel piede cavo di una sedia, dove volevano installare una microspia, hanno trovato un biglietto con il diario clinico di un malato di tumore. Le ricerche nella banca dati del ministero della Salute hanno portato a una persona in particolare, Andrea Bonafede, geometra di Campobello, nipote dello storico boss del paese, fedelissimo dei Messina Denaro. Il 16 gennaio, il geometra Bonafede aveva una seduta di chemioterapia alla clinica La Maddalena di Palermo. Ma non si presentò lui, piuttosto il padrino latitante, che venne arrestato. Nella borsa aveva due telefonini, in un appartamento di Campobello sono stati trovati più di mille pizzini, con tanti nomi in codice, che adesso magistrati e investigatori stanno cercando di decifrare [Rep] • Dall’8 di agosto era ricoverato all’ospedale dell’Aquila. Negli ultimi giorni lo avevano trasferito in una stanzetta al primo piano dell’edificio L4, reparto detenuti. Venerdì era entrato in coma irreversibile. Morto durante la notte. Aveva 61 anni • Al suo capezzale sono accorse tre donne: la madre, Lorenza Santangelo, ultraottantenne e gravemente malata, accompagnata dalla figlia Giovanna; Lorenza Guttadauro, sua nipote; Lorenza Messina Denaro, la figlia di 27 anni, riconosciuta in extremis• Per ’u Siccu non ci sarà un funerale religioso: l’episcopato siciliano lo nega da sempre ai mafiosi. In un pizzino, lui stesso diceva di fregarsene della scomunica della Chiesa: «Se Dio esiste allora è certo che non mi ha scomunicato, proprio perché è Dio. Mi hanno scomunicato gli uomini che dicono di rappresentarlo. Dio perdona, i suoi rappresentanti terreni scomunicano». «Sono io in piena coscienza e scienza che rifiuto tutto ciò perché ritengo che il mio rapporto con la fede è puro, spirituale e autentico, non contaminato e politicizzato. Dio sarà la mia giustizia, il mio perdono, la mia spiritualità» • Per motivi di ordine pubblico, la questura di Trapani disporrà una cerimonia di tumulazione veloce e discreta (probabilmente all’alba) nel cimitero di Castelvetrano, dove la cappella di famiglia è già pronta per ricevere la salma del boss, che riposerà accanto al padre Francesco.