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 2023  ottobre 24 Martedì calendario

LA PROSSIMA GUERRA SI COMBATTERÀ IN FONDO AL MARE – VIAGGIO NEL BUNKER ALLE PORTE DI ROMA, DA DOVE LA MARINA VIGILA SUI FONDALI, A DIFESA DI GASDOTTI E CAVI SOTTOMARINI ATTRAVERSO I QUALI PASSANO ENERGIA ELETTRICA E TELECOMUNICAZIONI DIGITALI – QUI MILITARI E TECNICI ESAMINANO INFORMAZIONI PROVENIENTI DA INTELLIGENCE E FORZE ARMATE NAZIONALI E ALLEATE – IL CAPO DI STATO MAGGIORE, ENRICO CREDENDINO: “LA FRONTIERA SUBACQUEA È CRUCIALE IN TERMINI DI CRESCITA ECONOMICA E COMPETIZIONE STRATEGICA. PERCIÒ BISOGNA INVESTIRE SUBITO SULLA SUA DIFESA” -

Se sabotatori aprissero falle nei gasdotti che passando in fondo al mare raggiungono l’Italia, quale effetto ne deriverebbe sul prezzo del gas? Nel mondo esistono 550 cavi subacquei che permettono di parlare e trasmettere dati in varie parti del pianeta. Vengono paragonati a un sistema nervoso. Anche forniture di energia elettrica viaggiano lungo fondali.

Attualmente una guerra tra Russia e Ucraina e una tra Hamas e Israele rendono mercati dell’energia e canali di comunicazione più esposti di prima a fattori di disturbo. Se uno Stato o un’organizzazione terroristica o una rete criminale danneggiasse tubi e cavi sottomarini collegati all’Italia, quali ripercussioni subirebbero servizi per noi essenziali?

Come i panettieri producono pane la notte senza essere visti, in un cono d’ombra alcuni militari e tecnici in divisa agiscono affinché queste domande restino il più possibile teoriche, astratte. Il 98% delle telecomunicazioni digitali passa attraverso dorsali in mare. I cavi subacquei sono lunghi in totale circa un milione e quattrocentomila chilometri. Oltre ai vantaggi consentiti dalla circolazione di energia e messaggi digitali, anche la loro vulnerabilità ci riguarda. La vigilanza è attiva 24 ore su 24. La struttura che per il nostro Paese se ne occupa avvalendosi di navi, sottomarini e aerei da ricognizione si trova in un posto decisamente fuori dal comune.

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Il Comando in capo della Squadra navale, nella località «Santa Rosa», è in una palazzina con ampie vetrate accanto all’imbocco di una galleria. Dal centro di Roma dista tre quarti d’ora in auto. Perfino gli animali liberi hanno un compito.

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La galleria conduce a un bunker in funzione durante la Seconda guerra mondiale per sottrarre ai bombardamenti il comando della Marina. Nel 1943 guastatori nazisti lo minarono per farlo saltare al momento della ritirata. Militari antifascisti, a insaputa dei tedeschi, disinnescarono le mine. E dalla palazzina, in sostanza, attualmente si continua a sminare: sia vecchi ordigni, residui bellici tuttora presenti nel nostro mare, sia nuove insidie.

Un’aula senza finestre nella quale non entra mai la luce del sole. Distribuite su quattro file dal basso verso l’alto, un centinaio di postazioni da lavoro con computer. Per parete principale, uno schermo esteso che ricorda uno studio televisivo ed è divisibile per settori. Ai lati, orologi con fusi orari diversi. E’ così a Santa Rosa la sala operativa del livello superiore, la Centrale Operativa Multidominio Marina.

Su quanto accade in mare si esaminano qui informazioni classificate, provenienti da intelligence e forze armate nazionali ed alleate, insieme con una selezione di elementi raccolti nelle altre cinque centrali operative del Comando in capo della Squadra navale.

Una è per le cosiddette «fonti aperte» sul traffico marittimo commerciale e si coordina anche aziende del settore tra le quali Eni, Saipem, Terna, Sparkle, Consorzio Tap. Una è sull’attività dei sottomarini, una sugli aerei da pattugliamento, una collegata con la rete radar costiera della Marina, una comprende al suo interno personale della Guardia di Finanza e Guardia Costiera.

La sala ampia abilitata a trattare informazioni fino a livello «segreto», che chi scrive queste righe ha potuto visitare, può concentrare la sua attenzione e la sua parete-schermo su un mercantile nel canale di Sicilia o su un peschereccio in Indonesia. Su una fregata in Oriente o su un movimento sospetto lungo i gasdotti, il Transmed che porta gas dell’Algeria dalla Tunisia a Mazara del Vallo, il Greenstream per gas libico con arrivo a Gela, la Trans Adriatic Pipeline per gas dell’Azerbaijan diretto in Puglia.

A contribuire a delineare il quadro possono essere dati provenienti da ricognizioni aeree, satelliti, radar, sensori, immagini subacquee, Nato, Unione Europea. Se il mercantile naviga non lontano da infrastrutture vulnerabili a una velocità inferiore ai cinque nodi, per esempio, occorre verificare quali intenzioni ha. Ha messo in acqua droni? Mine? Sabotatori? Dei rischi possono essere incaricati di occuparsi navi da guerra, incursori Comsubin, elicotteri, palombari e così via. Per le minacce sottomarine, l’operazione di sorveglianza si chiama da settembre «Fondali sicuri».

«Con investimenti miliardari, anni fa è cominciata la corsa allo spazio. In termini di occasioni di crescita economica e competizione strategica, la frontiera subacquea è altrettanto rilevante. Perciò è opportuno investire fin da adesso nell’ambiente subacqueo», dice il capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Enrico Credendino.

«La quantità e le capacità dei droni subacquei aumentano costantemente. Gli abissi saranno sempre più accessibili. Tra l’altro nei prossimi decenni l’economia che li riguarda vedrà, oltre a uno sviluppo del turismo subacqueo, un incremento dell’agricoltura subacquea importante per l’alimentazione», fa notare.

L’innovazione tecnologica riduce le garanzie di sicurezza delle infrastrutture sottomarine che prima era garantita di per sé dalla profondità. Soggetti privati dai più svariati interessi, legali e illegali, possono spingersi dove prima potevano soltanto forze armate di Stati. Veicoli senza pilota sono in grado di avere capacità offensive impossibili dieci o venti anni fa. Solo un dettaglio di costume, diciamo così, per avere un’idea dei cambiamenti in corso: «Gli yacht più grandi hanno tutti il sottomarino tascabile, impiegabile per turismo subacqueo come per sfuggire a attentati o sequestri e, potenzialmente, anche per condurre attività di altra natura», osserva Credendino.

La sala segreta di Santa Rosa è l’imbuto nel quale convergono competenze diverse. «Per evitare azioni offensive contro infrastrutture di interesse nazionale eseguiamo operazioni di “bottom survey”, sorveglianza sul fondo, associate a controllo dei traffici marittimi. Sonar di tipo panoramico in dotazione alla Marina forniscono un’immagine generica del fondale. Questa viene scansionata e analizzata per individuare oggetti sospetti. In base alla profondità, si ispeziona il luogo con il personale o il mezzo più idoneo: palombari, veicoli guidati da remoto o autonomi come i droni Uuv», spiega il Comandante in capo della Squadra navale e dell’intera struttura di Santa Rosa, ammiraglio Aurelio De Carolis.

Come eterna è la competizione tra guardie e ladri, l’evoluzione di mezzi e tecniche di difesa e attacco proseguirà. In questi anni è intensa. Nella classe dirigente e nel dibattito pubblico la consapevolezza di quanto sarà determinante per economia e sicurezza la dimensione subacquea, quanto accade in fondo al mare, non abbonda.

Nel frattempo vicino al bunker minato e sminato la sorveglianza prosegue e tra le antenne di Santa Rosa rientrano quelle della rete radio che impiega onde elettromagnetiche ad alta frequenza Hs. Per comunicare con le navi, qualora fossero fatte saltare le comunicazioni satellitari, come ai tempi di Guglielmo Marconi.