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 2023  settembre 06 Mercoledì calendario

Biografia di Dario Argento

Dario Argento, nato a Roma il 7 settembre 1940 (83 anni). Regista. Sceneggiatore. Produttore. Ex critico cinematografico • «Sua madre, Elda Luxardo, […] bellissima modella brasiliana, arrivata in Italia con il fratello Elio, diventò la prima fotografa di moda e di cinema nel dopoguerra. I più celebri ritratti di Gina Lollobrigida, Sofia Loren e Claudia Cardinale sono opera sua. Il padre Salvatore, produttore cinematografico, ex partigiano di Giustizia e libertà, nato a Perugia ma vissuto sempre a Roma, aveva combattuto in Jugoslavia, “e ci raccontava di aver salvato la vita al suo ufficiale, che era il direttore d’orchestra Carlo Maria Giulini”» (Barbara Palombelli). «La mia infanzia è stata un periodo tranquillo. Non ho avuto nessun trauma. […] Sono sempre stato un solitario. Mi nascondevo in soffitta a leggere. Avevo paura che mi giudicassero presuntuoso». «Dario Argento nasce quando vede, in un vecchio cinema sulle Dolomiti in cui andava sempre, Il fantasma dell’Opera. Mi aprì un mondo di sconvolgimenti e pazzia, di sentieri della mente imprevedibili. Poi arrivarono le letture» (a Boris Sollazzo). «A undici anni una febbre reumatica mi recluse in casa per parecchi mesi. Saccheggiai la libreria di papà. Shakespeare e il Cyrano de Bergerac solleticarono la mia vena romantica. Il piacere di D’Annunzio e l’edizione completa edita da Einaudi delle Mille e una notte mi turbarono. Poi trovai i Racconti del grottesco e dell’arabesco di Edgar Allan Poe: cadaveri riesumati, denti e cuori strappati… Passai dalla masturbazione al culto dell’orrore e del mistero. Così si è iniziato tutto». «Infine devo ringraziare la tessera del Metropolitan e una rassegna estiva di vecchi film dell’orrore: mio padre lavorava e non li amava molto, così la presi io. Ci andai tutti i pomeriggi, ero piccolo e scoprii L’uomo lupo, Frankenstein e tanti altri che mi portarono nel loro mondo di follia ed emozioni. Ma non avevo paura: mi coinvolgevano i loro dolori e le loro avventure». Studente al Collegio Nazareno dei padri scolopi, al secondo anno di ginnasio l’abbandonò per fuggire a Parigi, dove trascorse alcuni mesi vivendo d’espedienti, per fare poi ritorno a Roma e iniziare quindi a muovere i primi passi nel giornalismo. «Quando esplode il Sessantotto, lui è già da qualche anno vice-critico cinematografico a Paese Sera, il quotidiano comunista romano che allora usciva il pomeriggio ed era autorevole nel settore culturale: “Nel 1966 avevo intervistato i Beatles: curavo la pagina degli spettacoli, la mia passione. Teorizzavo, con la nouvelle vague, l’avanguardia cinefila francese, che non esistono film brutti, che – magari per cinque minuti – c’è qualcosa da vedere in ogni pellicola. Uno scandalo. Quando recensivo con entusiasmo i film western di quel fascistone di John Ford e i gialli di Hitchcock mi arrivava la letterina di richiamo del direttore, Fausto Coen: ‘Quello americano è fatuo divertimento’, scriveva. Non era l’unico problema: non sopportavo l’invadenza dei dirigenti del Pci”» (Palombelli). «Il passo successivo fu quello di firmare alcune sceneggiature, tra cui quella di Cimitero senza croci, La stagione dei sensi, Oggi a me… domani a te! e Comandamenti per un gangster. L’occasione giusta arrivò però quando Sergio Leone affidò a lui e al giovane Bernardo Bertolucci la stesura del soggetto per il suo nuovo film: C’era una volta il west» (Alice Zampa). «Credevo che il mio destino fosse scrivere: prima come giornalista e critico, poi come sceneggiatore. […] Ma, quando scrissi L’uccello dalle piume di cristallo, dopo un po’ di rifiuti da varie produzioni, decisi di farmelo da solo. Ci mettemmo io e mio padre, ma i soldi non bastavano e chiedemmo aiuto a Goffredo Lombardo, che credette nel progetto» È vero che l’idea per il film le venne per colpa di un cous cous molesto? «Ero in spiaggia in Tunisia, il sole mi batteva forte sulla testa. Tra un po’ crepavo... E invece ebbi questa visione di un uomo in trappola tra due pareti di vetro che assiste a un omicidio. Tornai subito a Roma per fare il film». «Girato in poche settimane sul finire del 1969, L’uccello dalle piume di cristallo (1970) costituisce ancora oggi un importante paradigma per il cinema del regista romano. Per tutta la durata del film Argento non fa altro che giocare con lo spirito d’osservazione dello spettatore. E lo fa attraverso un raffinato gioco di sguardi: particolarmente significativo in tal senso è l’uso della soggettiva. […] Nel 1971 giungono in successione più o meno rapida Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio. […] Le coordinate sono ancora quelle del giallo dove tutto torna ed è spiegabile, ma la messinscena offre spunti che vengono estremizzati e meglio amalgamati in seguito, soprattutto la componente onirica. […] Questi primi tre film costituiscono la cosiddetta "trilogia degli animali", per via dei titoli delle pellicole, accomunati dalla presenza di un riferimento zoologico. […] Poco più che trentenne, Dario Argento è già diventato un marchio di fabbrica e l’esperienza televisiva de La porta sul buio (1973) rende ben noto al grande pubblico anche il suo volto. […] È la volta de Le cinque giornate (1973), bizzarra commedia per il grande schermo, ambientata durante i moti rivoluzionari italiani del 1848, che ha come protagonista Adriano Celentano. Dario Argento avrebbe dovuto, in realtà, soltanto produrre il film assieme al padre, pur essendosi occupato di soggetto e sceneggiatura, ma si ritrova praticamente costretto a dirigerlo. La pellicola in questione non riscuote successo. […] Con Profondo rosso (1975), finalmente, l’amalgama tra elementi onirici, fantastici, horror e quelli più "classicamente" thriller trova la giusta combinazione. […] Il cineasta condensa l’esperienza maturata coi primi tre thriller in un prodotto che viene considerato ancora oggi il suo capolavoro e sicuramente quello più popolare, almeno in Italia. Dopo Profondo rosso Dario Argento è pronto ad affrontare un nuovo percorso, grazie anche al connubio artistico con Daria Nicolodi, instauratosi proprio nel precedente film, intraprendendo un viaggio claustrofobico all’interno di una dimensione di orrore puro, libera, finalmente, da qualsiasi vincolo raziocinante. Suspiria (1977) è un incubo pregno di intense sensazioni di terrore e minaccia dalla prima sino all’ultima sequenza. La magica e inquietante atmosfera creata dai tre colori (rosso, blu e verde) che dominano la pellicola si accorda al tema esoterico sviluppato dalla trama ed estremizza/esaspera ogni situazione secondo classici canoni espressionisti. […] Inferno (1980) continua il discorso e, anche se non offre lo stesso tema stregonesco, spingendo il piede dell’acceleratore sui misteri della dottrina alchemica, si pone come una sorta di fratello gemello. Meno riuscito, rispetto al precedente, per ciò che concerne la struttura della trama […] e la resa della tensione nervosa, ma altrettanto affascinante sotto l’aspetto onirico e simbolico. […] Questo dittico (che si completa in trilogia soltanto nel 2007), inoltre, proietta lo stesso Dario Argento in una dimensione altra: Suspiria spopola negli Usa e in Giappone, contendendo il ruolo di capolavoro a Profondo rosso, mentre Inferno, pur risultando un gradino inferiore al suo gemello, resta uno dei successi più importanti e apprezzati all’interno della filmografia dell’autore. […] Con Tenebre (1982) Dario Argento "volta pagina" col recente passato, […] trasformando il gioco in qualcosa di eccessivo e complesso, abbandonando la costruzione classica del giallo e dedicandosi a delitti efferati quasi privi delle attese e della suspense alle quali ha abituato lo spettatore, con la voglia di stupire che regna sovrana. […] Phenomena (1985) costituisce un vero e proprio spartiacque: Dario Argento riprende diversi spunti narrativi di Suspiria per elaborare – questa volta – una favola in piena regola. […] Il successivo Opera (1987) segue il percorso intrapreso coi due film precedenti. […] Film dispendioso e difficile, ambientato quasi tutto all’interno del Teatro Regio di Parma, Opera trova il suo apice nella complessa sequenza della soggettiva dei corvi liberati all’improvviso per scovare il serial killer. […] Dopo lo stress e la fatica accumulati con un progetto tanto impegnativo, il cineasta romano si rifugia in America per rigenerarsi e trovare nuovi stimoli. Nasce così un riuscito omaggio a un autore letterario tra i suoi preferiti, ossia Edgar Allan Poe. Argento si ritrova al fianco dell’amico George Romero per Due occhi diabolici (1990), film diviso in due episodi, e traspone il racconto Il gatto nero. […] Opera conclude la fase più prolifica e fortunata della carriera di Dario Argento. […] Per Trauma (1993) Argento resta in America per offrire un compendio dei tratti stilistici del suo lavoro a un pubblico che lo apprezza tanto, ma che non conosce bene la sua filmografia. […] Il successivo La sindrome di Stendhal (1996), che pure – originariamente – doveva essere prodotto negli Usa, segna il ritorno in Italia di Dario Argento e rappresenta quello che a oggi si può ritenere il suo ultimo film tra i più interessanti e riusciti. […] Ambientato quasi esclusivamente all’interno di un teatro e tra i cunicoli dei sotterranei di un castello e di grotte naturali, in una Parigi di fine Ottocento, Il fantasma dell’Opera (1998) proposto da Argento pone le sue basi sul netto contrasto tra sottosuolo e superficie, creando una netta divisione tra due mondi, quello delle tenebre e quello della luce, che rappresenta una sorta di filo conduttore col precedente La sindrome di Stendhal. […] Complessivamente, ci si ritrova di fronte a un prodotto ben confezionato, […] ma incapace di cogliere realmente nel segno. […] Nonhosonno (2001) rappresenta […] un vero e proprio gioco nel gioco, che mette in scena la crescita e l’evoluzione dei personaggi e del mondo argentiano di un tempo. […] Il successivo Il cartaio (2004) volta pagina. Un thriller teso e serrato, praticamente privo di sangue e omicidi, dove l’interesse nello scoprire chi è l’assassino è irrilevante, e che risulta, per quanto possa sembrare facilmente "brutto", decisamente più interessante del suo precedente. […] La terza madre (2007) segna il ritorno al grande schermo. […] Attraverso una storia che si pone l’intento di chiudere la trilogia delle “tre madri” [i cui primi due capitoli sono costituiti da Suspiria e Inferno – ndr], il regista dispiega tutti i mezzi a sua disposizione per realizzare un gioco di rimandi autoreferenziali a esclusivo uso del suo pubblico. […] Giallo (2009) è assimilabile a un "buon" prodotto televisivo, a un episodio di una qualsiasi fiction poliziesca di richiamo: è questa l’inevitabile e sgradevole sensazione che se ne ricava quasi immediatamente, e alla quale è impossibile sfuggire. […] Può tranquillamente essere considerato il peggior film di Dario Argento (paradossalmente, è un bene che sia finito direttamente in dvd), e non vanta alcun guizzo creativo, nessuna intuizione visiva degna di nota, tanto da lasciare perplesso anche l’appassionato argentiano sfegatato» (Giuseppe Vuolo). l 2012 risale Dracula 3D, presentato al Festival di Cannes ma stroncato dalla critica e scarsamente apprezzato anche dal pubblico. Ultimo lungometraggio: Occhiali neri (2022), avventura di una escort e di un bambino cinese nella Roma notturna, colonna sonora dei Daft Punk, costato dieci volte di più di quello che ha incassato • Negli ultimi anni, visti frustrati per problemi di produzione i suoi nuovi progetti cinematografici, Argento si è volto altrove, cimentandosi nella regia d’opera (nel 2013 il Macbeth di Verdi a Novara, nel 2015 la Lucia di Lammermoor di Donizetti a Genova), nella scrittura (l’autobiografia Paura edita da Einaudi nel 2014, la raccolta di racconti Horror edita da Mondadori nel 2018) e persino nel fumetto, con il soggetto dell’albo Profondo nero di Dylan Dog, pubblicato da Bonelli nel luglio 2018. Nel 2021, all’età di 81 anni, ha debuttato come attore protagonista mel film Vortex di Gaspar Noé • «Da Leone ha mutuato l’uso del primissimo piano, l’insistenza sui dettagli (occhi, oggetti), la scarsità di dialoghi. Di Hitchcock gli è certamente piaciuta l’ironia nei confronti della polizia incapace, e con lui ha condiviso l’interesse per le psicopatologie che portano al delitto. Mario Bava è stato il suo apripista nel percorso verso l’invenzione del giallo all’italiana» (Francesco Norci) • Due figlie, entrambe apparse come attrici in alcune delle sue pellicole: Fiore (1970), nata dal primo matrimonio con la restauratrice Marisa Casale, e Asia (1975), nata dalla relazione con l’attrice Daria Nicolodi; brevissimo il secondo matrimonio, con l’attrice Marilù Tolo («bella e aggressiva, anche se faceva la gattina») • La figlia Fiore lo ha definito «un papà dolcissimo» • Non idilliaco il rapporto con la figlia Asia, che pure ha pubblicamente sostenuto sia nelle sue accuse contro il produttore Harvey Weinstein e altri personaggi per presunti abusi sessuali sia nello scandalo che ha visto l’attrice stessa accusata di abusi sessuali nei confronti dell’attore Jimmy Bennett, all’epoca dei fatti ancora minorenne • Vive a Roma, quartiere Trieste, ma per scrivere si ritira in alberghi o case sperdute nel nulla • Non ama le cerimonie e detesta rivedere i suoi film • «Sono un uomo solo. Non riesco a dormire con qualcuno, a meno che io non conosca bene questa persona. Ho sempre paura che di notte possa svegliarsi, e…» • A lungo consumatore di stupefacenti, nel 1985 passò tre giorni a Regina Coeli: «Come andare in collegio, ma la privazione della libertà è terribile. Tutto è nato da un equivoco. Alla perquisizione mi hanno chiesto: ha droghe? Ho risposto di no: l’hashish che tenevo sul comodino per me non era droga». «Ho provato altre droghe, ma ho smesso. La mia vita è sempre stata così: vegetariano sette anni, ora rimangio carne; fumavo, e ho smesso» • «Sono sempre stato “un compagno”, voto a sinistra da sempre, ma ho mantenuto la diffidenza che avevo da ragazzo nei confronti del Palazzo» • «Ho letto tutti i libri di Freud, visitato la sua casa-museo a Vienna tante volte. Però non mi sono mai voluto stendere sul lettino. La creatività è un processo delicato e che va protetto da interferenze esterne» • «Sono un credente di ritorno. Ho studiato dagli scolopi e da bambino ero devoto, poi sono diventato ateo. Quando è morto mio padre, però, è successo qualcosa. Sono entrato in una chiesa, mi sono messo a parlare con una monaca anziana. Da allora sono cambiato. Oggi senza la fede sarei perso» • Oggi va a messa, si confessa regolarmente, la domenica fa le letture in chiesa. Il suo confessore che dice dei suoi film? «Che il mistero e l’orrore sono anche nella Bibbia» Che cos’è il male? «Volere cose di cui non hai diritto. Volere la morte, il dolore altrui, appropriarsi di oggetti che non ti appartengono. Trattare male le persone. Essere razzista. Trattare le donne come oggetti, violentarle: questo è molto male». Nel male c’è lo zampino del diavolo? «Non di uno solo, ma di tanti. Secondo i miei studi, sono migliaia, tutti col loro nome e una loro specialità» • Una volta ha girato l’Europa in macchina in cerca delle streghe. «Ho trovato qualche donna che si professava tale, parlava, parlava, ma non ho mai assistito a fenomeni inspiegabili» • Nei suoi film le mani dell’assassino sono sempre le sue. «Sto nella mente dell’assassino, so come si fa. Ci vuole un certo vigore. Mi appassiono anche. Penso di aver ucciso duecento persone. È diventata una specie di abitudine, come Alfred Hitchcock che faceva sempre un cameo nei suoi film» • Dice di essere bersaglio di tanti squilibrati: uomini e donne, ma soprattutto donne. «Già dal primo film, uno veniva a urlare sotto casa. Un altro era convinto di essere uguale a me, ma non era vero per niente. Andava nei ristoranti e diceva di mandarmi il conto, mi chiamava e minacciava: paga o ti uccido a bastonate. Un giorno, i miei aiuto registi l’hanno sbattuto al muro, gli hanno dato qualche sberla ed è sparito. Quando stavo a Los Angeles per preparare Tenebre per la Fox, cambiai vari alberghi e uno stalker mi trovava sempre» • «Suspiria è il mio capolavoro. È il film in cui mi sono sentito più libero di portare sullo schermo le mie fantasie, i miei sogni, i miei incubi. Mi sono lasciato trascinare dal mio universo interiore più oscuro senza remore, senza limiti». «Come uno scrittore ama la penna e la pagina, io amo la macchina da presa. È una relazione sentimentale, forse la più importante: ecco perché lo stile per me è fondamentale». «È meraviglioso girare il mondo senza compagni di viaggio: non devi verbalizzare quello che vedi, e allora tutto ciò che osservi, senti, vivi ti entra dentro l’anima. Dipenderà dal mio essere straniero: mia mamma è brasiliana, e non mi sento brasiliano lì né italiano qui. Forse viaggio tanto perché cerco il posto da cui traggo origine. Non l’ho mai trovato. Forse è proprio il cinema. O almeno è il conforto a questo mio errare senza sosta».