il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2023
Il Monet degli Agnelli
Ci sono due persone che, a rischio di finire nei guai se cambiassero versione, possono dire una prima verità sui quadri della collezione miliardaria che fu di Gianni Agnelli. Una delle due, la cui dichiarazione giurata è stata consegnata alla procura di Milano dai legali di Margherita Agnelli, la figlia dell’Avvocato che rivendica contro i figli John, Lapo e Ginevra Elkann l’intera eredità della madre Marella Caracciolo, afferma che, sino al 2012, il quadro Glaçons, effect blanc di Claude Monet era esposto nella sala da pranzo di Villa Frescot, la dimora torinese del “signor Fiat”. E dopo quella data? Il quadro non è più stato trovato quando Margherita è entrata nel pieno possesso dell’immobile, nel 2019.
La seconda dichiarazione giurata, invece, riguarda molti altri quadri importantissimi (di una collezione con almeno 636 opere) che si trovavano nell’attico dell’Avvocato che, a Roma, fronteggia il Quirinale, anch’esso passato a Margherita nel 2019. In particolare, opere di Balthus, come La Chambre e Nu de profile, Gérôme, Balla, De Chirico, Indiana, Mathieu. Il testimone dice di “aver udito nel 2018 una persona ordinare la consegna della Scala degli addii di Balla a un corriere. La stessa cosa è poi avvenuta per per tutti gli altri dipinti. Credo che la destinazione fosse Torino”. Tutto ora è in mano al gip che deve decidere sull’archiviazione (oppure no) dell’inchiesta per appropriazione indebita, ricettazione e riciclaggio.
La Collezione, raccolta nei decenni dall’Avvocato e da sua moglie è valutata almeno un miliardo di euro. Una vicenda ricostruita dal Fatto e dai giornalisti di Report Manuele Bonaccorsi e Federico Marconi i quali, nella nuova puntata in onda questa sera su Rai Tre, manderanno in onda un’intervista allo storico dell’arte Tomaso Montanari per confutare le tesi del sottosegretario ai Beni Culturali, Vittorio Sgarbi, secondo cui le opere degne di tutela sarebbero solo quattro.
Tra le tante storie che via via emergono dal tormentato destino del patrimonio artistico degli Agnelli, ce ne sono però alcune che assumono quasi i contorni del mistero (e soprattutto della inesistente vigilanza dello Stato italiano). La prima riguarda proprio il Glaçons, effect blanc di Monet. Un dipinto con quel titolo era stato battuto all’asta nel 2013 da Sotheby’s a New York per 16 milioni di dollari: inviato, per la vendita, dalla galleria Duhamel Fine Arts di Parigi. I legali di Margherita hanno affidato ai magistrati anche il compito di accertare la credibilità di una rocambolesca ricostruzione diffusa negli ambienti delle aste internazionali. Secondo la quale, un esponente di “una importante famiglia italiana” avrebbe interpellato Sotheby’s sostenendo di essere in possesso dell’originale del quadro di Monet. Successivamente, l’opera dall’Italia sarebbe stata inviata alla casa d’aste per una perizia e restituita poco dopo con l’ammissione che il Monet della “importante famiglia” era l’unico autentico.
Una trama segnata dalla riservatezza che riguarda anche i tre Balthus della collezione: Nu de profile, La Chambre e Le Chat de la Mediterranée. Tutti è tre esposti, il 23 ottobre 2015, all’apertura nelle Scuderie del Quirinale per la grande mostra dedicata al pittore francese: la famiglia Agnelli non è però indicata nei cataloghi. Report ha ricostruito alcune anomalie sorte attorno a quel prestito: “Abbiamo avuto problemi – ha raccontato uno degli organizzatori – per i dipinti: è stato necessario modificare casa Agnelli per far uscire le tele”. Subito dopo, ecco il problema dell’assicurazione: “Per via della disputa sull’eredità Agnelli, gli eredi non sapevano indicarci a chi intestare la polizza. Così hanno deciso di rivolgersi a un loro broker, a Londra. Il beneficiario della polizza fu poi Marella”. Infine la compilazione degli elenchi per la Soprintendenza: “Nemmeno lì appare che le opere sono degli Agnelli”. Non esisterebbero attestati di libera circolazione o permessi di temporanea importazione: neppure per Le Chat de la Mediterranée che doveva arrivare da Zurigo.
Infine, per quanto riguarda La Chambre, Report ha scoperto che nel 2020 è stato dichiarato di proprietà di FCA. Ma come sia finito tra i beni della ex Fiat, al momento è l’ennesimo segreto.