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 2023  ottobre 22 Domenica calendario

La paura delle piazze

Cosa significa parlare di diritto di guerra? Esiste un insieme di norme giuridiche che disciplinano la condotta delle parti in guerra? E chi le ha mai rispettate? Del resto, un conflitto aperto e dichiarato è sempre una forma cruenta a cui noi italiani nati dopo gli anni Cinquanta siamo poco abituati. In questi ultimi due anni si è compreso perfettamente che non esiste un regolamento per la guerra, ma questo lo sapevamo già. Dopo gli sviluppi del conflitto in Ucraina e dopo le violenze in terra di Israele e Gaza, gli italiani si interrogano su quali potrebbero essere i possibili risvolti di questa nuova drammatica circostanza e come potrebbero esserne coinvolti.L’esperienza dell’invasione armata in terra ucraina ha portato la maggioranza dell’opinione pubblica a sentirsi più debole e senza potere per riuscire a governare le principali spinte inflattive che agiscono in questi casi. Non a caso, nell’indicare l’aumento dei prezzi e il carovita come la principale priorità per il nostro Paese, gli italiani hanno attribuito in maggioranza proprio al conflitto le principali responsabilità. Di fronte agli avvenimenti del 7 ottobre in Israele i cittadini si sono guardati intorno e il sentimento è corso veloce alla possibilità che l’escalation delle ostilità possa aumentare coinvolgendo altri Paesi e altre “potenze” mondiali. E così torna vivo quel senso di smarrimento che ci fa sentire indifesi di fronte a possibili violenti attentati contro i civili a cui siamo stati abituati dopo l’11 settembre del 2001. Già a Bruxelles e a Parigi ci sono stati fatti cruenti in nome di «All?hu akbar».Il 61% degli italiani oggi teme un attentato anche nel nostro Paese. Ci eravamo chiusi nel nostro precario equilibrio; e se la battaglia in terra di Ucraina ha spaventato l’opinione pubblica per le ripercussioni economiche che ne sono conseguite, oggi questo nuovo scontro in terra di Israele e nella striscia di Gaza confonde gli animi delle persone. Un italiano su due è convinto che ci potranno essere importanti conseguenze solo per la povera gente innocente (51,3%); il 39,9% sostiene che ci saranno nuove ricadute negative per la nostra economia. Un altro 39,8% sente viva la divisione in due grandi blocchi che separano le cosiddette «grandi alleanze»: da una parte Cina, Russia e Paesi islamici, dall’altra l’Occidente. Di sicuro per il 40,3% è andata in ombra la figura di Volodymyr Zelensky e il conflitto russo-ucraino.Queste nuove evoluzioni mettono il cittadino italiano di fronte alla necessità di riconoscere un punto di riferimento nell’Europa che dovrebbe avere un ruolo di primaria importanza per trovare un – buon – compromesso di pace (71%). Tuttavia, al momento questo è un percorso ancora in sospeso e da definire e la sensazione diffusa è che siamo ancora relegati in un compito gregario di secondo piano rispetto alle decisioni di Usa e di altri organi istituzionali mondiali (60%). Infatti nelle dichiarazioni degli intervistati si disegna un’immagine dell’Unione Europea fiacca e indolente nel precario equilibrio del non saper determinare una linea definita in tempi utili.Il caso più evidente si è presentato agli occhi dei cittadini italiani proprio sulla soluzione dei migranti. Dopo gli attentati e gli allarmi bomba di Bruxelles e Parigi, per la minaccia di possibili nuovi atti violenti ad opera di invasati killer alcuni Paesi hanno autonomamente deciso di sospendere Shengen, anche l’Italia, per sicurezza, ha messo un fermo alla frontiera con la Slovenia. In un contesto così instabile l’opinione pubblica diventa più facilmente permeabile a uno stato latente di ansia generalizzata che non maschera assolutamente le simpatie pregresse. In tema di manifestazioni pro-Palestina, ad esempio, la popolazione si divide tra chi è favorevole a vietarle (41,5%) e chi invece è fortemente contrario (43,7%). Gli ultimi accadimenti hanno sicuramente sollecitato le persone a prendere una parte o a difenderne l’altra; tuttavia, non hanno spostato le convinzioni pregresse all’attacco ad Israele. Alla fine, siamo sempre il Paese della terra di mezzo dove le emozioni contrapposte risultano fondamentali per garantirci la sopravvivenza.