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 2023  ottobre 21 Sabato calendario

Leader usciti a pezzi dagli scandali in famiglia


Da Noemi a Giambruno. Dall’acerba papi girl al ridente bullo boy. Ma in mezzo ne galleggiano di ricordi, solitari e finali ancorché superati: di Gianfranco Fini, o di Gianni Alemanno, o di Italo Bocchino. Dannazione della destra italiana. E se le inimmaginabili ricadute di quel party per i 18 anni della ragazza vesuviana, scoperto da Repubblica nella primavera del 2009, costarono a Berlusconi il divorzio da Veronica e il successivo sfratto da Palazzo Chigi, sono stati per ora immediatamente arginati – meglio: silenziati – i fatali effetti dell’ottobre blu Estoril di Giorgia. Che magari, da presidente del Consiglio, si preparava, al peggio, solo a un banale autunno nero.
La premier è invece costretta a licenziare in dieci righe di post il padre di sua figlia: precipitato dal ruolo di imbarazzante “primo fidanzato” a simbolo di greve machismo, inflitto proprio alla primadonna del governo. Lancia però messaggi sibillini: io resto pietra, gli altri scivolano come acqua. Ma gli altri: chi? Domande che non saranno certo risolte dagli stacchetti o dagli audio choc diStriscia la Notizia, che ripropongono con le sortite del piacione Andrea una sorta di “ciarpame”, senza troppo pudore; al contrario e al maschile delle parole un tempo vergate dalla signora Lario sulle compagnie che avvolgevano, in cambio di cariche e poltrone, il fu utilizzatore finale. Ed è come se, passato Berlusconi, aleggiassero ancora un po’ quelle sinistre anomalie del suo sistema.
Quasi quindici anni dopo il Casoriagate, il trash, qui e ancora, non è privato. Pesa sul Palazzo, alimenta veleni in maggioranza. E mina la coerenza della leader di FdI che, pur nell’umana sofferenza che merita rispetto, ha nascosto le falle della sua narrazione sulla famiglia, che è parte cruciale della propria identità politica; e coperto le contraddizioni tra il fittizio rigore declamato nei comizi e il clamoroso slabbramento non visto (o non esposto) del privato. Tenendo al “riparo” nel posto meno sicuro, in casa, una vicenda che riguarda non i letti, ma vita e immagine di chi guida l’esecutivo, un grande gruppo come Mediaset, e i loro non del tutto esplicitati scambi di informazioni. Tra un livello e l’altro del potere, tra pubblico e privato.
Il post fulmineo della premier ne conferma la rilevanza politica. Ne segnala il rischio di eventuale ricattabilità: esattamente nel punto in cui le parole di Giorgia, donna ferita eppur capace di strategica (e ammirata) reazione, lanciano un messaggio che lei non si preoccupa di sciogliere. «Per tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi, colpendomi in casa – scrive – sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua». A chi parla? A FI, a Mediaset? Alla banda Ricci?
C’eravamo non più amati. Quanti rovesci e “peccati”, per quell’emiciclo: scoperti dal grande fratello Mediaset. I big fatti a pezzi. Prima Gianfranco Fini, allora leader di Futuro e Libertà, con la compagna Elisabetta Tulliani, anno 2010. Proprio mentre Silvio è indebolito e lui prova ad assestargli la sfiducia, scoppia – sugli house organ di casa Berlusconi – lo scandalo della truffa sull’immobile di lusso a Montecarlo. La contessa Colleoni lo regala alla comunità politica, finirà ai Tulliani. «Fui ingannato da loro», si è sempre difeso l’ex presidente della Camera. Per non parlare di Italo Bocchino, oggi felicemente risposato che, due vite fa, nel 2011, in tv da Fazio, chiede scusa alla sua ex moglie (senza però confermare quanto aveva detto lei aVanity Fair:«So che mio marito stava con il ministro Carfagna»), e punta il dito contro l’impero mediatico berlusconiano: «Dopo uno scontro così coraggioso contro una macchina da guerra come il berlusconismo, non ce la potevamo passare bene». E poi è la volta di Gianni Alemanno, ex sindaco di An di Roma, oggi avversario di Meloni: anche allora, anno 2018, fu una foto diChi, stesso colosso, a denunciare il tradimento di Gianni (con la sua portavoce), fulminato dalla fatwa della ex Isabella Rauti: «Non sei degno di mio padre».
Quasi tre lustri dopo, una destra che continua a lottare e a cadere, tra sesso e bugie. Stavolta, in più, ci sarebbe la suggestione, obiettivamente irresistibile, di un patto in extremis tra due femmine alpha, Meloni e Marina Berlusconi. Non amiche, ma in dialogo, per vendicarsi di lui.
La premier (che sapeva) liquida, con onore, il presunto fedigrafo, e gli eredi si liberano del dipendente troppo borderline. Chissà. Ma se i dubbi restano irrisolti, una conseguenza è vicina e verosimilmente non piacerà: né agli alleati, né a quelli tanto vicini. «Giorgia farà altre pulizie». Se ha “decapitato” Andrea in una notte, il Rubicone è passato. Non esiterà a tagliare altri. Magari senza l’aiutino di casa Mediaset.